La verità sta spesso nei dettagli, nelle cose non dette. E a pronunciare esplicitamente il nome di Nord Stream 2, nella prima giornata del viaggio di Olaf Scholz negli Stati Uniti non è lui, il cancelliere invisibile, ma Joe Biden, nella conferenza stampa congiunta. Se la Russia invade l’Ucraina, per il gasdotto è finita: sarebbe “un progetto strano”, dice letteralmente il presidente americano.
Scholz invece usa giri di parole, ripete quanto detto nei giorni scorsi anche a Berlino, e cioè che se la Russia invadesse l’Ucraina andrebbe incontro a reazioni anche economiche, ma un esplicito riferimento a Nord Stream 2 non lo fa mai. Né in conferenza stampa, né altrove, neppure in un’intervista alla Cnn, nella quale pure ha dimostrato una buona capacità di eloquenza. Resta così ancora nell’ambiguità l’atteggiamento tedesco nei confronti del controverso gasdotto sotto il Baltico che dovrebbe raddoppiare il flusso di gas dalla Russia alla Germania, evitando una volta per tutte i tubi in transito per l’Ucraina.
Un’ambiguità di forma che annebbia la chiarezza della sostanza: nonostante le professioni di fedeltà atlantica, la Germania farà di tutto per evitare che il progetto miliardario faticosamente portato a termine non finisca nel calderone di uno scontro geopolitico che Berlino, in fondo, non capisce e forse neppure condivide.
A notarlo con maggiore evidenza è, tra i giornali tedeschi, la Süddeutsche Zeitung, il quotidiano più smaliziato e attento nei temi di politica estera, che nel commento alla prima giornata americana di Scholz evidenzia come il cancelliere “pur avendo giurato sull’unità con gli Stati Uniti, abbia lasciato spazio all’interpretazione proprio sul punto più pericoloso in politica interna per Biden”. Appunto Nord Stream 2.
Riavvolgendo il nastro della conferenza stampa congiunta, la differenza appare evidente, nel tono e nelle parole scelte. Biden, diretto: “Se carri armati e soldati russi oltrepassano il confine dell’Ucraina non ci sarà più alcun Nord Stream 2”. Scholz, più obliquo: “Con il presidente Biden ci siamo preparati intensamente per poter adottare sanzioni, tutte quelle necessarie, ma è anche comprensibile non mettere tutto sul tavolo in modo che la Russia sappia che c’è anche altro in arrivo”. Metodo Merkel, si potrebbe dire. È indubbio che, con il cambio di leader, Berlino non ha perso il suo Signor Sottile alla cancelleria.
Davanti alle quinte è stato invece un incontro pieno di cortesie e scambi di sorrisi, con assicurazioni reciproche di fedeltà e alleanza, utile a entrambi i leader per dissipare davanti alle opinioni pubbliche segni di divergenze più profonde. Se nelle ultime settimane la stampa tedesca aveva sottolineato la perdita di credibilità internazionale del paese di fronte alle titubanze del nuovo governo sulla crisi russo-ucraina, il primo impatto diretto tra Biden e Scholz ha rimesso le cose in ordine. “Totale, completa e assoluta” è l’affidabilità della Germania agli occhi del presidente americano, che anche nelle immagini ufficiali davanti al caminetto offerte in pasto alla stampa ha voluto marcare cordialità e affabilità nei confronti del suo ospite, quasi a rimarcare la distanza dalle scostumate freddezze ostentate dal suo predecessore Donald Trump ad Angela Merkel.
Anche per Scholz, giunto a Washington sull’onda di crescenti critiche interne, la prima tappa di una settimana impegnativa sul fronte estero, è stata un successo. Foto e interviste sul Washington Post, balsamo per un politico che ha bisogno di farsi conoscere, quindi un colloquio di un quarto d’ora con la Cnn, in un inglese fluente e forbito, come ci si aspetta da un politico anseatico (gli amburghesi sono considerati un po’ i britannici di Germania).
Ma il peso internazionale di Olaf Scholz è ancora tutto da costruire e la settimana che si è appena aperta sarà un momento importante. Mercoledì a Berlino riceverà Macron (appena rientrato dalla Russia, dove ha incontrato Putin) e il presidente polacco Duda. Poi sarà la volta del quadrilaterale con i leader dei Paesi Baltici. Infine la doppia tappa a Kiev e Mosca, per tranquillizzare gli ucraini inviperiti per il rifiuto tedesco di inviare armi e per discutere a quattr’occhi con Putin.
Per evitare che il nome di Nord Stream 2 torni di nuovo sulla bocca di Biden e di quanti vorrebbero bloccare il progetto, Scholz deve assicurarsi che Mosca lasci le sue truppe dove sono, al di là del confine ucraino. Berlino ne è in fondo sicura, non crede che Putin abbia interesse a forzare la mano. Ma non può più nascondersi il fatto che a Est, a un paio di centinaia di chilometri dal suo confine orientale, la geopolitica abbia ripreso a mescolare le carte.