Giovedì la Russia ha annunciato un divieto all’esportazione di gasolio (o diesel), un combustibile ottenuto dalla raffinazione del petrolio, in un momento di rialzo dei prezzi del greggio verso i 100 dollari al barile.
LE CONSEGUENZE SUI PREZZI DI GASOLIO E PETROLIO
Dopo l’annuncio di Mosca i prezzi europei del gasolio sono cresciuti di quasi il 5 per cento, sopra i 1010 dollari a tonnellata, mentre il petrolio Brent (il principale riferimento internazionale) ha guadagnato l’1 per cento, arrivando a 94 dollari al barile.
La Russia è il secondo paese esportatore di gasolio per via marittima, dopo gli Stati Uniti, e prima dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022 ne era la principale fornitrice all’Unione europea. Mosca è anche un’importante esportatrice di greggio (non di benzina, però), del quale ha recentemente prolungato i tagli alla produzione di concerto con l’Arabia Saudita.
PERCHÉ LA VERSIONE UFFICIALE DELLA RUSSIA NON CONVINCE
Il Financial Times ha scritto che la Russia sembra avere intenzione di restringere l’offerta di petrolio e derivati “in un momento in cui le banche centrali stanno lottando per tenere sotto controllo l’inflazione e con i prezzi del greggio potenzialmente pronti a superare i 100 dollari al barile per la prima volta in tredici mesi”. Come ha spiegato Henning Gloystein, analista di Eurasia Group, la Russia vuole dimostrare all’Occidente “che non ha finito di usare il [suo] potere sui mercati energetici”, dopo aver più volte sfruttato come un’arma politica (weaponization, in gergo) la sua posizione dominante sul mercato europeo del gas.
La versione ufficiale, quella del Cremlino, è che il divieto di esportazione del gasolio è “temporaneo” e finalizzato a contenere l’aumento dei prezzi dell’energia in Russia.
Il tempismo della decisione, però, è sospetto. Il mercato dei raffinati si trova in una situazione di ristrettezza, ed è dunque sensibile ad annunci di limitazioni delle forniture: la domanda di prodotti petroliferi sta crescendo ma l’offerta è scarsa, anche perché molte raffinerie hanno avviato dei lavori di manutenzione durante l’estate.
La motivazione ufficiale russa, inoltre, non convince perché – stando all’Agenzia internazionale dell’energia – le raffinerie del paese producono all’incirca il doppio del gasolio necessario a soddisfare la domanda interna e solitamente esportano la metà della loro produzione annuale.
A COSA SERVE IL GASOLIO (NON SOLO CARBURANTE PER AUTO)
Il gasolio, o diesel, non viene utilizzato solo come carburante per auto ma anche per i treni, gli aerei, le navi e le macchine agricole, oltre che come combustibile per il riscaldamento delle case (è il caso della Germania), per la generazione di elettricità e per l’alimentazione delle industrie manifatturiere. Una grossa fetta dell’economia mondiale dipende dal gasolio, insomma.
Da febbraio l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno vietato le importazioni di prodotti petroliferi raffinati dalla Russia, obbligando il paese a riorientare le vendite in Turchia, in Nordafrica e in America latina (niente India stavolta, una grossa acquirente di greggio russo ma dotata di una vasta industria di raffinazione).
QUANTO DURERÀ?
Bloomberg ha scritto che l’impatto del divieto di esportazione russa dipenderà dalla sua durata. È vero che alcune raffinerie russe sono chiuse per manutenzione, ma quelle attive non potranno fare completo affidamento sul mercato domestico per le vendite. Il surplus di gasolio potrà in parte venire stoccato, ma ad un certo punto il Cremlino dovrà ordinare la ripresa delle esportazioni o, in alternativa, dovrà tagliare la produzione delle raffinerie: quest’ultima opzione è rischiosa perché potrebbe avere un impatto negativo sulla disponibilità interna di benzina.
È possibile, dunque, che il ban sia di breve durata.