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Petrolio

Cosa cambierà dopo i tagli di Arabia Saudita e Russia al petrolio

Arabia Saudita e Russia proseguiranno con i loro tagli alla produzione di petrolio per altri tre mesi. Il prezzo del greggio supera i 90 dollari al barile. Adesso si teme una nuova ondata di inflazione, oltre a nuove tensioni tra Casa Bianca e Riad. Tutti i dettagli

L’Arabia Saudita e la Russia hanno deciso di prolungare per altri tre mesi i loro tagli alla produzione di petrolio, facendone salire il prezzo sopra i 90 dollari al barile per la prima volta nel 2023. Combinati, i tagli riguardano all’incirca 1,3 milioni di barili al giorno; l’economia mondiale ne consuma grossomodo 100 milioni ogni ventiquattr’ore.

I TAGLI AL PETROLIO DI ARABIA SAUDITA E RUSSIA

Stando a quanto pubblicato martedì dall’agenzia di stampa statale Saudi Press Agency, l’Arabia Saudita – la maggiore esportatrice di petrolio al mondo e leader dell’OPEC, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio – continuerà con i suoi tagli alla produzione di 1 milione di barili al giorno fino a dicembre. Come ha scritto Bloomberg, significa che Riad manterrà il proprio output a circa 9 milioni di barili al giorno, il più basso da diversi anni, per sei mesi in tutto. Il paese ha specificato che il taglio verrà esaminato ogni mese, ed eventualmente la produzione verrà ampliata o ridotta ancora.

Anche la riduzione produttiva russa verrà estesa per altri tre mesi, ma sarà più bassa nei volumi: 300.000 barili al giorno. Pur essendo uno dei principali paesi esportatori di petrolio, la Russia non fa parte dell’OPEC ma guida di fatto, assieme ai sauditi, una versione estesa dell’organizzazione chiamata OPEC+.

RIAD E MOSCA SORPRENDONO GLI ANALISTI

Gli analisti si aspettavano un prolungamento dei tagli da parte di Riad e Mosca, ma per un mese anziché tre. Sui mercati petroliferi, intanto, la situazione è di “ristrettezza”: la disponibilità di offerta è ridotta, cioè, mentre la domanda si sta muovendo verso livelli record nonostante i timori sulla situazione economica della Cina, la maggiore importatrice di greggio.

I SAUDITI HANNO BISOGNO DI PREZZI ALTI

I tagli sauditi da 1 milione di barili al giorno, introdotti lo scorso luglio, sono in aggiunta alle riduzioni concordate con i membri dell’OPEC+ (molti dei quali hanno però problemi economici che si ripercuotono sui loro output energetici, a prescindere dai tagli) e sono volte a sostenere i prezzi internazionali del greggio: Riad ha bisogno infatti di prezzi alti, intorno ai 100 dollari, per sostenere il proprio bilancio e le spese di diversificazione economica; anche Mosca dipende dalle entrate petrolifere.

L’aumento dei prezzi dei barili sfavorisce ovviamente i paesi consumatori, visto che la domanda internazionale di combustibile è in aumento e i livelli delle scorte si stanno abbassando: il rischio è un’ulteriore crescita dell’inflazione.

TENSIONI IN VISTA CON LA CASA BIANCA?

Il Financial Times ha scritto che la decisione dell’Arabia Saudita sarà probabilmente motivo di tensione con gli Stati Uniti: tra i due paesi c’è una partnership limitata ma non un’alleanza vera e propria; i rapporti bilaterali, comunque, sono peggiorati sotto l’amministrazione di Joe Biden, più attenta alla promozione dei diritti umani rispetto a quella precedente di Donald Trump.

Per Biden, che punta a farsi rieleggere alle elezioni presidenziali del 2024, il rincaro del petrolio potrebbe danneggiare il suo tasso di gradimento, visto che l’elettorato americano – e non solo – è molto sensibile ai prezzi dei carburanti. Dopo l’annuncio saudita sulla prosecuzione dei tagli, il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha fatto sapere che la Casa Bianca sta facendo “tutto ciò che è in suo potere per ottenere prezzi più bassi alla pompa di benzina per i consumatori negli Stati Uniti”. Il prezzo medio della benzina senza piombo nel paese è di 3,81 dollari al gallone, appena sotto il record di 3,83 dollari toccato nel 2012.

Sullivan ha aggiunto, però, che non è in programma un incontro tra Biden e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman al vertice del G20 di Nuova Delhi questo finesettimana: anche se è Mohammed bin Salman a guidare di fatto l’Arabia Saudita, Biden riconosce come suo interlocutore il re Salman.

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