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Lukoil

Cosa succede in Russia su gas, petrolio e dintorni

Lukoil, la seconda compagnia petrolifera più grande in Russia, si è detta preoccupata per i "tragici eventi in Ucraina": si tratta del primo segnale di dissenso degli industriali russi verso Putin? Intanto, Mosca continua a tenere sospesa l'Europa sul gas.

 

Ieri, con un comunicato pubblicato sul proprio sito, la società petrolifera russa Lukoil – la seconda più grande del paese – si è detta preoccupata per i “tragici eventi in Ucraina”. Ha espresso il suo sostegno ai negoziati, che non stanno però producendo grandi risultati, e ha chiesto la cessazione del conflitto il prima possibile.

CHI È IL CEO DI LUKOIL

Lukoil non è formalmente un’azienda statale, ma il suo amministratore delegato Vagit Alekperov è molto vicino al Cremlino: il suo peso politico è confermato dalla presenza a tanti vertici internazionali, incluse le riunioni dell’OPEC, il gruppo che riunisce alcuni dei principali paesi produttori di greggio (la Russia, assieme all’Arabia Saudita, guida la versione estesa del cartello, chiamata OPEC+).

L’INDUSTRIA IN RUSSIA È SCONTENTA DI PUTIN?

Il comunicato di Lukoil – non più visibile, al momento – potrebbe rappresentare un segnale di dissenso da parte del mondo industriale russo verso il presidente Vladimir Putin.

Le sanzioni imposte a livello internazionale contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina colpiscono innanzitutto gli oligarchi, i grandi ricchi, e stanno danneggiando l’economia del paese. La crisi potrebbe farsi ancora più grave qualora le sanzioni dovessero prendere di mira anche il settore energetico: il PIL russo si fonda infatti sulla vendita di idrocarburi all’estero, e i profitti del petrolio sono perfino più rilevanti di quelli del gas naturale.

LE PAROLE DELLA PROPAGANDA

Va specificato tuttavia come Lukoil non utilizzi il termine “guerra”, totalmente assente nei media di stato russi. Al suo posto si usa l’espressione “operazione militare speciale”, che meglio si collega alla giustificazione data dal Cremlino per ordinare “l’invasione” (altra parola bandita): la necessità di liberare l’Ucraina dai nazisti che la governano (è una falsità). La società petrolifera parla infatti, genericamente, di “tragici eventi”.

LA QUESTIONE DEL GAS

La preoccupazione principale dell’Unione europea nella crisi ucraina è che la Russia, per ritorsione verso le sanzioni, possa interrompere le forniture di gas naturale: l’Europa ne è estremamente dipendente, dato che quello russo vale da solo il 40 per cento del totale importato; e la sua sostituzione totale con quello di un altro paese sembra essere praticamente impossibile, nel breve periodo.

Da mesi la Russia, nonostante la forte domanda, sta limitando le vendite di gas all’Europa, contribuendo alla crisi dei prezzi dell’energia: si tratta di una strategia di pressione volta a ottenere la firma di nuovi contratti a lungo termine e scoraggiare la vendita sul mercato spot, quello giornaliero e all’ingrosso.

Ieri la società gasifera statale russa Gazprom ha riattivato le forniture verso ovest che passano per la condotta Yamal-Europe: parte dalla Siberia e attraversa la Bielorussia, la Polonia e la Germania, ed è una delle principali tra quelle che riforniscono il continente europeo (vale circa il 10 per cento dei volumi di gas russo all’Europa).

Inizialmente, però, i dati mostravano un’interruzione dei flussi da parte di Gazprom. Non è una novità, visto che lo Yamal ha funzionato in maniera intermittente per parecchie settimane.

Come ha scritto su Twitter Javier Blas, giornalista di Bloomberg esperto di energia, fino a sabato [26 febbraio, ndr] Gazprom non ha inviato alcuna quantità di gas attraverso quel gasdotto in 67 giorni”.

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