L’Unione europea, gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada hanno annunciato il congelamento dei beni all’estero della Banca centrale russa, oltre all’esclusione di alcuni istituti russi dalla rete SWIFT per le transazioni finanziarie, in risposta all’invasione dell’Ucraina.
A COSA SERVONO LE SANZIONI
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha spiegato che le misure servono a “paralizzare le capacità di Putin di finanziare la sua macchina da guerra”.
Le riserve della Banca centrale russa ammontano a circa 630 miliardi di dollari; il congelamento delle riserve in valuta estera depositate in America e in Europa ha l’obiettivo di impedirle di sostenere economicamente le banche e le aziende russe colpite dalle sanzioni e dal crollo del rublo, la valuta nazionale.
LA CORSA AGLI SPORTELLI
Le sanzioni economiche hanno spinto un gran numero di cittadini russi a recarsi agli sportelli automatici (ATM) per prelevare denaro. La domanda di contante ha raggiunto il livello più alto dal marzo 2020, e – venerdì scorso – la banca centrale ha dovuto pertanto aumentare le forniture di denaro agli ATM.
Come ricorda il Washington Post, in molti russi è vivo il ricordo della crisi finanziaria del 1998, quando la svalutazione del rublo e il default (cioè l’impossibilità di restituire il debito pubblico ai creditori) cancellò di fatto i loro risparmi. Il rublo, più recentemente, è crollato anche nel 2014, anno di bassi prezzi del petrolio e dell’annessione russa della Crimea ucraina: anche in quel caso si verificarono file agli sportelli delle banche per prelevare denaro.
LA RISPOSTA DELLA BANCA CENTRALE RUSSA
Con l’obiettivo di tranquillizzare gli animi, allora, domenica la Banca centrale russa ha dichiarato che il sistema bancario nazionale “è stabile” e “ha capitali e liquidità sufficiente per funzionare senza problemi in qualsiasi situazione. Tutti i fondi dei clienti sui conti sono salvati e disponibili in qualsiasi momento”.
In risposta alla parziale esclusione dalla rete SWIFT, l’istituto ha detto che verrà utilizzato il sistema russo SPFS per i pagamenti all’interno del paese. Il sistema sviluppato da Mosca, però, è molto poco diffuso a livello internazionale: al contrario, lo SWIFT è lo standard globale, utilizzato da più di undicimila istituzioni e aziende in oltre duecento paesi.
DOVE SONO LE RISERVE RUSSE
Come spiega Reuters, i 630 miliardi di riserve della banca centrale sono fondamentali per la difesa dell’economia russa – ad esempio per finanziare le importazioni, visto il crollo del rublo – dalle sanzioni imposte dall’Occidente per l’attacco all’Ucraina.
Sebbene il paese disponga di riserve in yuan (la valuta cinese) e in oro, a fine 2020 circa il 45 per cento dei suoi asset risultavano ancora negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia, in Germania e in Germania: il loro congelamento rende insomma il paese molto più vulnerabile.
Probabilmente la maggior parte delle riserve di valuta estera della Banca centrale russa sono depositate alla Bundesbank, la banca centrale della Germania.
GLI SCENARI DEGLI ANALISTI
Tim Ash, analista di BlueBay Asset Management, è convinto che «un fallimento della Russia stia diventando possibile». Jonathan Hackenbroich, economista dell’European Centre of Foreign Relations, spiega che «le sanzioni del G7 contro la Banca centrale – e non le sanzioni Swift – si stanno rivelando l’arma più efficace» contro il Cremlino”.
L’ANALISI DELL’EX BCE
«La banca centrale di Russia non può effettuare operazioni finanziarie di nessun genere sui mercati occidentali, non può vendere titoli, né oro né qualsiasi valuta di denominazione delle sue riserve e delle sue attività, con eccezione della valuta della Cina, perché quasi la totalità delle sue controparti bancarie non russe è soggetta al divieto di Ue, Usa, Regno Unito, Canada e Giappone», ha spiegato al Sole 24 Ore Francesco Papadia, ex-direttore generale per le operazioni di mercato della Bce e attualmente senior Fellow di Bruegel.
IL COMMENTO DA INTESA SANPAOLO
“Più che lo SWIFT, per il quale la Russia ha delle alternative (SPFS o il cinese CIPS), la vera ‘bomba atomica finanziaria’ è l’azione Fed, BCE, BoJ e BoE contro la Banca centrale russa e le sue riserve in valuta”: lo ha scritto su LinkedIn Paolo Guida, Head of Research for Private Investors presso Intesa Sanpaolo.
“Il rublo collasserebbe”, continua Guida nel suo post. “Inflazione e rivolte interne farebbero il resto… la Russia non è l’URSS. Putin ha scelto il capitalismo e dovrà fare i conti con le sue regole che si basano su principi di pace, libertà, fiducia e reciprocità”.
Intesa Sanpaolo è una delle banche italiane più presenti in Russia, assieme a UniCredit.
LA SINTESI DI BREMMER
Intervistato dal Corriere della Sera, l’analista politico Ian Bremmer ha sintetizzato così la situazione: “la banca centrale russa rischia di non poter attingere alle sue riserve, il rublo crolla, la gente è in fila davanti ai Bancomat per ritirare i soldi. Sono cose che Putin non aveva previsto e che lo spaventano. Il secondo fattore è la resistenza degli ucraini”.
LA CINA PUÒ SALVARE LA RUSSIA?
Secondo gli analisti sentiti dal Washington Post, la Cina non può essere una “rete di sicurezza” per la Russia, ammesso che voglia davvero esserlo: Pechino, infatti, ha ordinato la limitazione dei finanziamenti per l’acquisto di materie prime russe.
Al 30 giugno 2021 (dati ufficiali) il 32 per cento delle riserve di valuta estera della Banca centrale russa erano in euro; il 22 per cento in oro; il 16 per cento in dollari; il 13 per cento in yuan; il 7 per cento in sterline.