Non è ancora finita l’estate, un periodo dell’anno in cui la domanda è generalmente bassa, ma i prezzi del gas naturale in Europa sono comunque molto alti. E potrebbero crescere ancora durante l’autunno e l’inverno, vista la maggiore richiesta di energia per il riscaldamento in queste stagioni. I rincari del gas si stanno già ripercuotendo sui prezzi dell’elettricità e quindi sul costo delle bollette per aziende e utenti domestici (anche in Italia), minacciando sia la ripresa economica dalla pandemia, sia i risparmi delle famiglie.
L’INFLAZIONE
Costi dell’energia più alti, poi, rischiano di far salire l’inflazione, anche considerato l’aumento dei trasporti e delle materie prime. Ad esempio, in Germania – scrive Bloomberg – l’inflazione è cresciuta del 3,4 per cento ad agosto, molto più del tasso del 2 per cento fissato dalla Banca centrale europea per la zona euro.
L’INVERNO STA ARRIVANDO
Se il prossimo inverno dovesse rivelarsi freddo come quello del 2018 – l’anno dell’ondata di gelo soprannominata “Burian” o “Bestia dell’est” -, la richiesta di gas per il riscaldamento crescerebbe molto, e assieme a questa i prezzi. È anche possibile che, se alla domanda non dovesse corrispondere un’offerta sufficiente, alcuni impianti industriali dovranno interrompere le attività: lo scrive il New York Times, che ha intervistato l’amministratore delegato di Snam, Marco Alverà.
LE CAUSE
Le cause dell’attuale situazione di impennata dei prezzi del gas sono tante. C’entra ad esempio la ripresa della domanda di gas – superiore alle previsioni – dopo la fine dei lockdown, soprattutto in Cina, e l’ondata di freddo nell’ultima parte dell’inverno che ha fatto calare i livelli delle scorte. Ora, i prezzi alti stanno disincentivando i produttori ad acquistare gas da stoccare.
IL PARAGONE CON GLI STATI UNITI
Per fare un paragone, negli Stati Uniti la situazione non è altrettanto seria: il costo del gas è sì aumentato ma resta comunque molto più basso di quello europeo, perché il paese può contare sulla produzione domestica – e piuttosto economica – di gas shale.
COSA SUCCEDE NEI PAESI BASSI
L’Europa invece è particolarmente esposta a questa crisi dei prezzi perché importa dall’estero la maggioranza (il 60 per cento) del gas che consuma: soprattutto dalla Russia, poi dall’Algeria e dalla Libia.
Ma il continente non può contare nemmeno sulla produzione interna. Il grande giacimento di gas di Groningen, nei Paesi Bassi, sta chiudendo con rapidità dal governo per via dei rischi sismici legati alle trivellazioni. Dalla metà degli anni Ottanta si sono registrati nell’area oltre un migliaio di scosse.
Scoperto nel 1959 e gestito da Royal Dutch Shell ed ExxonMobil, nel 1976 Groningen raggiunse il suo picco massimo di produzione: 88 miliardi di metri cubi di gas. È stato per decenni una fonte rilevantissima di gas per i Paesi Bassi (dove si trova il punto di scambio del gas TTF) e per l’Europa nordorientale, spiega Reuters.
COSA NE SARÀ DEL GIACIMENTO DI GRONINGEN
I livelli produttivi nel periodo ottobre 2020-ottobre 2021 dovrebbero raggiungere gli 8,1 miliardi di metri cubi. Nel 2019 il governo nederlandese ha annunciato che le attività a Groningen cesseranno quasi completamente per la metà del 2022; entro il mese di settembre verrà presa una decisione finale sull’output per il 2021-2022.