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Chesapeake

Il price cap del gas è servito a nulla, dice l’Ue

Il prezzo del gas in Europa è in calo ma il contributo del price cap è stato nullo, dice l'agenzia che coordina i regolatori energetici dell'Ue. Il mercato risponde ai fondamentali, non al meccanismo di Bruxelles. Tutti i dettagli.

 

L’ACER, l’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia dell’Unione europea, ha pubblicato la settimana scorsa il suo rapporto di valutazione del cosiddetto “Meccanismo di correzione del mercato”, ovvero il tetto al prezzo del gas naturale (o price cap) istituito a dicembre con l’obiettivo di mitigare la crisi energetica.

COSA (NON) HA TROVATO L’ACER

Nella sua relazione, però, l’ACER scrive che dal 20 dicembre 2022 al 28 febbraio 2023 il price cap non ha avuto “impatti significativi” diretti e inequivocabili sui mercati energetici, né positivi né negativi. L’agenzia non ha cioè riscontrato alcuna variazione nel comportamento dei soggetti che si occupano di compravendita di contratti (futures) del gas, anche se non esclude che le cose possano cambiare in futuro.

COME FUNZIONA IL PRICE CAP DEL GAS EUROPEO

Il price cap europeo si attiverà se i prezzi dei contratti mensili del gas sul Title Transfer Facility (o TTF: è la piattaforma della borsa di Amsterdam che funge da riferimento per il continente) supereranno i 180 euro al megawattora per tre giorni consecutivi. Inoltre, il prezzo sul TTF dovrà anche essere di 35 €/MWh più alto del prezzo di riferimento per il gas liquefatto (GNL) per tre giorni.

Una volta soddisfatte le due condizioni e “innescato” il cap, sul TTF verranno vietati gli scambi di contratti front-month (a un mese), three-month (a tre mesi) e front-year (a un anno) che abbiano un prezzo più alto di 35 €/MWh del prezzo di riferimento del GNL.

Una volta attivato, il price cap rimarrà in funzione per almeno venti giorni. Il sistema è dotato però di meccanismi di salvaguardia che ne prevedono la sospensione qualora si verificasse una crisi degli approvvigionamenti, un crollo delle transazioni sul TTF o un aumento significativo dei consumi di gas (incentivati dal minore prezzo).

È IL MERCATO, NON IL PRICE CAP, A INFLUENZARE I PREZZI

Negli ultimi mesi del 2022 i prezzi europei del gas sono diminuiti molto rispetto ai picchi toccati l’estate scorsa (340 euro al megawattora ad agosto 2022) e ancora oggi, scrive l’ACER, “rimangono significativamente più bassi rispetto ai mesi precedenti all’adozione” del price cap. Ma il ruolo del meccanismo in questa riduzione è stato nullo: le cause dell’abbassamento dei prezzi vanno ricondotte piuttosto ai fondamentali del mercato, ossia a una combinazione di clima mite, crescita della generazione elettrica da fonti rinnovabili, riduzione dei consumi di gas (soprattutto da parte delle industrie), forniture di GNL sopra la media e livelli elevati degli stoccaggi. Considerati tutti questi fattori, i mercati si sono convinti che l’Europa avrebbe superato l’inverno senza avere problemi di carenza di gas, nonostante la semi-assenza dei flussi via condotte dalla Russia.

Nell’estate del 2022, quando i paesi europei stavano lavorando al riempimento delle scorte in vista della stagione fredda, i prezzi del gas front-month sul TTF si attestavano su una media di circa 180 €/MWh. Tra la fine di dicembre 2022 e la metà di febbraio 2023 i prezzi si sono dimezzati, fino ad arrivare ai valori attuali di 50 €/MWh.

LA SPECULAZIONE NON C’ENTRA

In sostanza, la crisi europea dei prezzi del gas non era riconducibile alla “speculazione” finanziaria – che era stata evocata dai governi Draghi e Meloni, e che il price cap avrebbe dovuto in teoria contrastare -, ma a una più banale situazione di disequilibrio tra domanda e offerta: forte la prima, scarsa la seconda.

LO SCENARIO GLOBALE

A livello globale, l’ACER scrive che i consumi di gas naturale sono rimasti “ragionevolmente stabili”. Quelli asiatici, in particolare, sono stati “relativamente bassi” per via della modesta crescita economica in Cina dopo la rimozione delle restrizioni anti-COVID da gennaio.

Per il futuro, però, la domanda cinese di GNL “rimane un fattore chiave”: il paese è infatti il maggiore importatore al mondo di gas liquefatto, e potrebbe sottrarre all’Europa forniture necessarie a sostituire i volumi un tempo soddisfatti dalla Russia.

– Leggi anche: Ecco come la Cina inizia ad accaparrarsi il Gnl

Se infatti – scrive l’ACER – nella seconda metà del 2023 si dovesse assistere a un aumento ulteriore della domanda cinese di GNL, i prezzi del combustibile potrebbero aumentare (per ragioni di squilibrio tra richiesta e offerta) e i paesi europei potrebbero faticare a garantirsi gli approvvigionamenti per via della minore disponibilità di volumi sul mercato spot (quello all’ingrosso e giornaliero).

“Per la fine di febbraio 2023”, nota tuttavia l’agenzia, “la competizione sui prezzi per i volumi di GNL è diminuita leggermente. Ciò nonostante gli indici asiatici dei prezzi spot per il GNL abbiano superato i riferimenti dei prezzi spot europei del GNL negli ultimi mesi”.

LO SPREAD TRA TTF E GNL

La differenza tra i prezzi front-month del gas sul TTF e i prezzi spot europei del GNL è poca, tra i 3 e i 6 euro al megawattora nel mese di febbraio: per fare un paragone, ad agosto la differenza arrivò a 42 €/MWh. I valori attuali sono dunque decisamente più bassi della soglia fissata per l’attivazione del price cap (35 €/MWh).

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