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Perché l’Emilia Romagna combatte anche con il Pm10

In Emilia Romagna ci sono valori stratosferici di polveri sottili. Si tratta di dati mai registrati dall’Arpae Romagna: 140 microgrammi per metro cubo di PM10 a Rimini, 117 a Ravenna, 112 a Imola, 110 a Faenza e Ferrara

Stanno sopportando anche valori stratosferici di polveri sottili gli abitanti dell’Emilia Romagna. Al flagello da coronavirus che ha colpito la regione, nei giorni scorsi si sono aggiunti elevati valori di PM10. La causa sono polveri provenienti dal Mar Caspio che hanno raggiunto il Nord della nostra penisola.

Per ora l’ammorbamento ha toccato le province emiliano-romagnole, ma nessuno esclude che possa espandersi alle regioni confinanti. Parliamo di dati mai registrati dall’Arpae Romagna: 140 microgrammi per metro cubo di PM10 a Rimini, 117 a Ravenna, 112 a Imola, 110 a Faenza e Ferrara. Valori inusuali, dichiara la Regione, soprattutto a fine marzo quando le medie della settimana precedente oscillavano tra 3 e 25 microgrammi per metro cubo.

È un’altra preoccupazione per la salute e la serenità di milioni di cittadini, duramente provati centinaia di vittime per Covid 19. I dati sono stati rilevati dalle stazioni in quota nei Comuni di Villa Minozzo e di Porretta Terme. Le centraline hanno catturato polveri che arrivano da molto lontano, masse d’aria su grande scala proveniente da Est, proprio dall’area del mar Caspio. Hanno attraversato il Mar Nero, la penisola balcanica per aleggiare alla fine sulle province padane.

Rapporti di questi agenti climatici con l’epidemia da coronavirus non sono certificati da nessuno, per lo più in zone dove si fanno strada le energie rinnovabili e piani di sostenibilità ambientali. Ma proprio dall’Emilia Romagna sono arrivate sollecitazioni a studiare il fenomeno coronavirus-inquinamento. Ne fa fede una nota del progetto europeo Prepair che si è posto il problema di trovare spazi di indagine sulla qualità dell’aria nel bacino padano.

Le misure restrittive del governo e delle Regioni “hanno ridotto in modo inedito le attività umane della Pianura Padana…non ci sono dati scientifici sufficienti per sostenere un rapporto di causa-effetto tra PM10 e diffusione del coronavirus”, ma meglio indagare.

Nelle riunioni operative dei prossimi meeting, la Regione assieme ai partner deciderà su come mettere le risorse del progetto Prepair al servizio della ricerca sulla correlazione tra inquinamento atmosferico ed emergenza coronavirus.

Si studieranno gli effetti delle misure previste dai decreti governativi e la situazione territoriale. Anche se non verranno fuori collegamenti tra epidemia, ambiente e fonti energetiche non sarà mai sbagliato preoccuparsene.

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