Il governo di Giorgia Meloni ha intenzione di creare una nuova società, italiana ma “con partnership tecnologica straniera”, dedicata alla produzione di reattori nucleari “di terza generazione avanzata”, ovvero l’ultima disponibile a livello commerciale. Lo ha detto il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, durante il forum di The European House – Ambrosetti a Cernobbio.
Urso non ha menzionato alcuna azienda, ma secondo Bloomberg l’esecutivo sta trattando in via preliminare con Ansaldo Nucleare, Enel e Newcleo.
IL GOVERNO MELONI PUNTA SUI PICCOLI REATTORI MODULARI?
A giudicare dalle aziende coinvolte nelle discussioni per la newco, il governo vuole puntare sui cosiddetti small modular reactors, o piccoli reattori modulari: come da nome, hanno dimensioni ridotte e minore potenza (non superano i 300 megawatt, di solito) rispetto agli impianti nucleari tradizionali, oltre a una struttura modulare che ne permette la produzione in serie nelle fabbriche e ne semplifica l’assemblaggio.
In sostanza, i reattori modulari promettono di essere più economici e più veloci da costruire e installare delle centrali “classiche”, ma sono una tecnologia ancora in fase di sviluppo. I reattori modulari possono essere sia di terza generazione, sia di quarta.
COSA FANNO ANSALDO, ENEL E NEWCLEO
Ansaldo Nucleare è una divisione di Ansaldo Energia specializzata nell’impiantistica nucleare. Nel marzo di un anno aveva firmato una lettera d’intenti con la compagnia elettrica francese Edf e la sua controllata italiana Edison per la cooperazione industriale nel settore dell’energia atomica, anche in Italia: l’intesa, infatti, era volta a “verificare le potenzialità di sviluppo e di applicazione del nuovo nucleare in Italia, date le crescenti esigenze di sicurezza e indipendenza energetica del sistema elettrico italiano”.
L’espressione “nuovo nucleare” si riferiva agli small modular reactors, considerato che Ansaldo Energia ed Edf avevano già siglato un contratto per la fornitura di studi ingegneristici per Nuward, un modello di reattore modulare sviluppato dalla compagnia francese.
Newcleo è una startup britannica di tecnologie nucleari – ma fondata da un italiano, Stefano Buono, e molto attiva in Francia – specializzata nei piccoli reattori modulari al piombo. Nel marzo 2023 ha firmato un accordo di collaborazione tecnologica con Enel.
Quanto a Enel, il presidente Paolo Scaroni ha rilasciato dichiarazioni scettiche sul ritorno dell’energia atomica in Italia; la società, però, considerato il suo ruolo nella distribuzione elettrica, è comunque un’interlocutrice rilevante.
Stando alle fonti di Bloomberg, le discussioni sul partner straniero per la newco nucleare italiana sono ancora in corso.
LE PROSSIME MOSSE DEL GOVERNO SUL NUCLEARE
Oltre alla creazione di una nuova società, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha fatto sapere che il governo sta lavorando per reintrodurre l’energia nucleare in Italia – che è stata dismessa dopo il referendum del 1987, una decisione confermata nel 2011 – con un apposito disegno di legge che verrà presentato entro fine anno.
In passato Pichetto disse di non avere intenzione di “proporre il ricorso in Italia alle centrali nucleari di grande taglia della terza generazione, ma di valutare le nuove tecnologie sicure quali gli small modular reactor (SMR) e i reattori nucleari di quarta generazione”. In sostanza, l’impressione è che il governo Meloni non sia contrario ideologicamente a questa fonte energetica; tuttavia si concentra più sulle tecnologie emergenti che su quelle disponibili.
Nel Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima pubblicato a luglio, si parla infatti di “valutare disponibilità, potenziali di sviluppo, costi e prestazioni, rispettivamente, dei nuovi piccoli reattori modulari a fissione e dei reattori a fusione su un orizzonte temporale fino al 2050”. La fusione è un processo alternativo alla fissione e promettente, ma ancora in fase sperimentale e parecchio lontano dalla commercializzazione.
Stando alle ipotesi di scenario contenute nel documento, l’energia atomica da fissione ed eventualmente da fusione potrebbe soddisfare l’11 per cento del fabbisogno elettrico italiano al 2050, con possibilità di crescita fino al 22 per cento.