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G20

Perché Scholz, Bundesbank e Yellen non si gasano sull’embargo contro il gas russo

Secondo la Bundesbank, se l'Unione europea dovesse vietare le importazioni di gas russo, la Germania subirebbe un danno economico di 180 miliardi di euro. Anche l'amministrazione Biden invita Bruxelles alla cautela sull'embargo agli idrocarburi russi, altrimenti i prezzi del petrolio potrebbero crescere ancora. Tutti i dettagli

 

Secondo la Bundesbank, la banca centrale tedesca, nel 2022 l’economia della Germania potrebbe contrarsi di quasi il 2 per cento rispetto al 2021 se la guerra in Ucraina dovesse aggravarsi e causare una maggiore incertezza sui mercati e un indebolimento della domanda. Secondo l’istituto, le conseguenze del conflitto stanno già indebolendo la ripresa economica dell’eurozona dalla crisi del coronavirus.

LE CONSEGUENZE DELL’EMBARGO AL GAS RUSSO

Il quadro potrebbe peggiorare qualora l’Unione europea, come forma di ritorsione verso il Cremlino, dovesse decidere di vietare le importazioni di gas naturale dalla Russia. La mossa avrebbe un impatto forte sulle finanze russe, che dipendono dalla vendita di idrocarburi all’estero (in Europa, principalmente). Il contraccolpo economico, però, sarebbe altrettanto intenso per l’Europa, visto che la Russia è la sua maggiore fornitrice di gas, con una quota del 40 per cento circa a livello comunitario. Uno dei paesi dell’Unione maggiormente dipendenti dal combustibile russo è proprio la Germania, per il 49 per cento del totale importato: ne ha bisogno per soddisfare il fabbisogno energetico della popolazione e delle tante industrie manifatturiere.

LA STIMA DELLA BUNDESBANK

Oltre al calo del PIL, secondo la Bundesbank il tasso di inflazione in Germania sarebbe “significativamente più alto per un lungo periodo di tempo”. Il divieto di importazione del gas russo avrebbe, per il paese, un impatto economico di 180 miliardi di euro: è il valore della produzione industriale che si perderebbe.

COSA STA FACENDO LA GERMANIA SUL GAS

La Germania sta lavorando per distaccarsi dal gas, dal petrolio e dal carbone russi: ha stretto un accordo con il Qatar, firmato un memorandum per un primo terminale per il gas liquefatto e valutando nuove trivellazioni nel mare del Nord. Tuttavia, secondo il ministro dell’Economia e del clima, Robert Habeck, il paese sarà indipendente dai combustibili fossili russi solo entro il 2024.

LA VERSIONE DI SCHOLZ

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è contrario a un ipotetico divieto europeo di importazione di gas russo perché porterebbe il paese alla crisi economica. È una contrarietà che Scholz ha espresso più volte: “se da un giorno all’altro dovessimo rinunciare alle importazioni dalla Russia”, ha dichiarato recentemente, “dovremmo mettere in pausa l’attività di interi settori industriali”. “Parliamo di un numero incredibile di posti di lavoro”, ha aggiunto.

“Anche l’Italia dipende in larga parte dalle importazioni russe”, aveva detto Scholz, “e molti stati est europei hanno le loro reti energetiche connesse con la Russia e non con l’Occidente, come eredità politica dei decenni passati”.

LE CRITICHE ALL’APPROCCIO TEDESCO

Secondo Lukasz Rachel, ex economista senior alla Bank of England intervistato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, “è assolutamente ridicolo” dire, come fa il governo tedesco, che la Germania non avrà più bisogno del gas russo dal 2024. “In questo modo”, spiega, “si dice a Putin che non riceverà soldi fra tre anni, cosa che lo renderà sicuramente ancora più imprevedibile e rischioso a breve termine. E allo stesso tempo gli si trasferiscono 700 milioni di euro ogni giorno per finanziare la sua follia”.

PERCHÉ ANCHE L’AMERICANA YELLEN INVITA ALLA CAUTELA

Giovedì, alla riunione del G20, la segretaria del Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen ha invitato l’Unione europea a valutare attentamente le conseguenze dell’imposizione di un blocco completo alle importazioni energetiche dalla Russia, che tra le altre cose causerebbe un aumento ulteriore dei prezzi del petrolio, vista l’espulsione di fatto dal mercato – già ristretto – di un importante produttore. Il Brent, il benchmark europeo, è intorno ai 108 dollari al barile.

Il mercato petrolifero è infatti internazionale, e il rincaro del petrolio verrebbe avvertito anche negli Stati Uniti, dove il tasso di inflazione e i prezzi dei carburanti alle stazioni di servizio sono già alti. A differenza dell’Europa, l’America non acquista volumi rilevanti di greggio russo (le importazioni sono già state vietate) e la sua sicurezza energetica non è pertanto minacciato. Il tema, piuttosto, è economico e politico, perché il costo della benzina è una delle preoccupazioni principali dei cittadini che a novembre voteranno alle elezioni di metà mandato: il Partito democratico di Joe Biden non vuole perdere il controllo del Congresso, altrimenti l’agenda del presidente verrebbe bloccata dai repubblicani.

Per favorire l’abbassamento dei prezzi di benzina e gasolio, a fine marzo la Casa Bianca ha autorizzato il rilascio di 180 milioni di barili di greggio dalla Riserva strategica degli Stati Uniti – è il prelievo più grande di sempre – e si è rivolta alle aziende petrolifere affinché aumentino la produzione.

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