Un incontro lungo una settimana per arrivare a un primo trattato per contenere l’inquinamento da plastica. È l’obiettivo che si sono date le nazioni del mondo che si incontreranno da oggi fino a domenica prossima in Kenya, a Nairobi.
UN PO’ DI DATI SULLA PLASTICA
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, scrive Reuters, il mondo produce circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti plastici all’anno, di cui meno del 10% viene riciclato, con conseguenze disastrose per le discariche e gli oceani. E nel prossimo decennio, la quantità prodotta è destinata ad aumentare “poiché le compagnie petrolifere, che spesso producono anche materie plastiche, cercano nuove fonti di guadagno nell’ambito della transizione energetica dai combustibili fossili”.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) stima infatti che i rifiuti di plastica si triplicheranno entro il 2060, con circa la metà che finisce in discarica e meno di un quinto riciclato.
Inoltre, precisa il Programma Onu, oggi circa il 98% della plastica monouso, come le bottiglie o gli imballaggi (per cui anche nell’Unione europea è in corso una battaglia), deriva da combustibili fossili.
LE BUONE INTENZIONI, LA “BOZZA ZERO” E IL TRATTATO
Considerando questi dati, l’Ue e decine di Paesi, tra cui Giappone, Canada e Kenya, hanno chiesto un trattato forte con “disposizioni vincolanti” per ridurre la produzione e l’uso di polimeri plastici vergini derivati da prodotti petrolchimici e per eliminare o limitare le plastiche problematiche, come il PVC e altre contenenti ingredienti tossici.
A partire da un documento chiamato “bozza zero” che elenca le possibili politiche e azioni da prendere in considerazione, i delegati discuteranno quali di queste opzioni includere in quello che alla fine diventerà un trattato legalmente vincolante entro la fine del 2024.
I NODI DELLA QUESTIONE
Tuttavia, i funzionari che parteciperanno ai colloqui per la creazione di un primo trattato per contenere l’inquinamento da plastica si preparano a negoziati difficili. Uno dei punti chiave della discussione sarà infatti se gli obiettivi debbano essere decisi unilateralmente o se ogni Stato debba scegliere in autonomia i propri. Questo, secondo gli ambientalisti, è il “centro di gravità” dell’ambizione del trattato.
Un’altra questione riguarda poi decidere se limitare la quantità di plastica prodotta o concentrarsi solo sulla gestione dei rifiuti.
E, infine, i Paesi discuteranno anche se il trattato debba stabilire standard di trasparenza per l’uso di sostanze chimiche nella produzione di plastica, come per esempio i Pfas.
CHI FA BASTIAN CONTRARIO…
Ma limitare la quantità di plastica prodotta, riducendo la produzione e l’uso di polimeri plastici derivati da prodotti petrolchimici, ovviamente non piace all’industria della plastica e agli esportatori di petrolio e prodotti petrolchimici come l’Arabia Saudita. A questa opzione preferiscono infatti di gran lunga che il trattato si concentri sul riciclaggio e sul riutilizzo della plastica, nell’ottica della cosiddetta “economia circolare”. A tal fine, la petromonarchia sabato scorso ha lanciato una coalizione con Russia, Iran, Cuba, Cina e Bahrein denominata Global Coalition for Plastics Sustainability.
Riyad, inoltre, è dell’idea che le decisioni dovrebbero essere adottate per consenso anziché a maggioranza e che i singoli Paesi dovrebbero essere responsabili dei costi di pulizia, salute e ambiente della plastica e dei prodotti chimici, “lasciando fuori dai guai le industrie dei combustibili fossili e della plastica”, ha detto Bjorn Beeler, coordinatore internazionale della Rete internazionale per l’eliminazione degli inquinanti.
…E CHI DICE BASTA
Già nell’ultima tornata di negoziati svoltasi a maggio a Parigi e gestita dal Comitato internazionale di negoziazione (INC), l’Arabia Saudita – insieme a Stati Uniti, India e Cina – si era espressa a favore di un accordo “in stile Parigi”, in cui gli Stati avrebbero avuto la libertà di determinare i propri impegni. Altri, invece, tra cui l’Africa e molti Paesi in via di sviluppo, hanno preferito e spingono per forti impegni globali, dopo che da anni le nazioni più ricche – e che inquinano di più – portano a casa loro i rifiuti da riciclare, rendendo questi luoghi delle pattumiere a cielo aperto, con pesanti ripercussioni per l’uomo, gli animali e la terra.
Gli Stati Uniti, tuttavia, starebbero cambiando posizione in favore di obiettivi “significativi e fattibili” comuni a livello globale.