Non solo plastica. Tra i responsabili dell’inquinamento c’è chi è ancora più duro a morire. Le sostanze perfluoroalchiliche, meglio note come Pfas (acronimo dell’inglese perfluorinated alkylated substances), sono infatti chiamate forever chemicals, ovvero “sostanze chimiche perenni” perché eliminarle, oltre a essere molto costoso, è anche molto difficile.
Inoltre, ne esistono una quantità incredibile e si trovano praticamente ovunque. Anche nel nostro sangue.
CHE COSA SONO I PFAS
I Pfas, sviluppati per la prima volta negli anni ’40, ma di cui si è iniziato a parlare solo cinquant’anni dopo sebbene alcune delle maggiori aziende produttrici fossero già a conoscenza dei relativi pericoli negli anni ’60, sono “un gruppo di sostanze chimiche artificiali ampiamente utilizzate, che nel corso del tempo si accumulano negli esseri umani e nell’ambiente”.
Questa la definizione dell’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), la quale aggiunge che “sono estremamente persistenti nel nostro ambiente e organismo”.
QUANTI SONO I PFAS…
Tra quelle alchiliche perfluorurate e polifluorurate, l’Eea parla di oltre 4.700 sostanze, mentre secondo uno studio di Harvard pubblicato su Environmental Science & Technology, rientrano nella categoria dei Pfas “almeno” 12.00 sostanze.
“Abbiamo decenni di ricerche che dimostrano che i Pfas sono pericolosi per la salute umana e per l’ambiente. I nostri risultati forniscono prove scientifiche disperatamente necessarie per il successo di materiali più sani, che non devono essere più costosi o meno performanti, come soluzione reale per ridurre l’esposizione degli ambienti interni alle sostanze chimiche permanenti”, ha dichiarato Anna Young, ricercatrice e autrice principale dello studio.
…E DOVE SI TROVANO
La ricerca afferma che i Pfas sono composti artificiali ampiamente utilizzati per le loro proprietà antimacchia e impermeabili. Si trovano in prodotti come mobili, moquette, tessuti, imballaggi alimentari, pentole antiaderenti, cosmetici, equipaggiamento per vigili del fuoco e schiuma antincendio.
Secondo l’inchiesta giornalistica Forever Pollution Project, guidata da Le Monde e a cui hanno partecipato per mesi 18 redazioni europee, sono più di 17.000 i siti in tutta Europa contaminati dai Pfas, a cui se ne aggiungono 21.000 presunti, dovuti ad attività industriali attuali o passate.
Il progetto mostra che nel nostro continente ci sono 20 impianti di produzione e più di 2.100 siti che possono essere considerati hotspot di Pfas, cioè luoghi in cui la contaminazione raggiunge livelli considerati pericolosi per la salute delle persone esposte.
In Italia si contano circa 1.600 siti contaminati.
I PFAS E LA SALUTE
I problemi di salute legati all’esposizione ai Pfas, spiegano i ricercatori di Harvard, includono malattie della tiroide, difficoltà per lo sviluppo, indebolimento del sistema immunitario, colesterolo alto, cancro ai testicoli, obesità e diabete.
Nel sangue degli americani sono stati rintracciati in più del 98% dei casi.
L’inchiesta giornalistica afferma inoltre che ogni anno i Pfas gravano sui sistemi sanitari europei per un importo compreso tra i 52 e gli 84 miliardi di euro.
COME LIBERARSENE
Come evidenzia il Forever Pollution Project, il problema principale è che sbarazzarsi di queste sostanze chimiche permanenti “è estremamente costoso”. Si parla infatti di decine di miliardi di euro. Motivo per cui “in molti luoghi, le autorità si sono già arrese e hanno deciso di mantenere le sostanze nel terreno, perché non è possibile bonificarle”.
LE AZIENDE MULTATE
Il colosso chimico statunitense 3M, per esempio, ha recentemente accettato di pagare una maxi multa da 10,3 miliardi di dollari per risolvere le richieste di risarcimento esistenti e future da parte delle autorità idriche municipali statunitensi, in relazione alle accuse di aver scaricato Pfas, contaminando l’acqua potabile.
L’azienda, che stava affrontando 4.000 cause legali, ha chiarito che l’accordo non è un’ammissione di responsabilità e che il denaro sarà destinato alla bonifica dei sistemi idrici pubblici in cui sono stati rilevati Pfas.
Ma la 3M è solo l’ultima in ordine cronologico a pagare per mettere fine a una guerra legale sui Pfas. Bloomberg Law ricorda infatti che all’inizio del mese le società chimiche statunitensi DuPont e Chemours, oltre a Corteva, il più grande produttore Usa di semi ibridi per l’agricoltura, hanno accettato di pagare un importo pari a 1,19 miliardi di dollari.
Inoltre, uno studio pubblicato su Annals of Global Health rivela che proprio DuPont e 3M, i maggiori produttori al mondo di Pfas, hanno nascosto per decenni di essere a conoscenza dei rischi per la salute.
CHI PROMETTE DI DIRE BASTA AI PFAS
Lo scorso dicembre 3M si è impegnata a uscire dal settore entro il 2025 ma, secondo Il Sole24Ore, “solo altre quattro società hanno reso pubblica una strategia per il phase out delle sostanze più pericolose”. Si tratta della belga Solvay, della norvegese Yara, della saudita Sabic e dell’indonesiana Indorama.
La Commissione europea, intanto, aggiunge il quotidiano economico, ha addirittura intenzione di “mettere al bando qualsiasi Pfas, anche se con tempi di phase out diversi, più graduali per quelli ancora insostituibili, come quelli impiegati nell’industria dei microchip, per cui è previsto un periodo di ‘transizione’ di 13,5 anni (comunque ritenuto troppo breve dalle aziende del settore, che sono in allarme e stanno esercitando intense azioni di lobbying per attutire il colpo)”.