L’anno scorso la crisi dei prezzi dell’energia ha colpito duramente le aziende manifatturiere europee, in particolare quelle cosiddette “energivore”, cioè che consumano grandi quantità di gas naturale ed elettricità per alimentare i loro processi. I governi hanno cercato di sostenerle con dei piani di calmierazione – come lo “scudo” tedesco da 200 miliardi di euro – e di incentivazione allo sviluppo di combustibili alternativi e puliti come l’idrogeno.
L’idrogeno può essere prodotto da fonti rinnovabili, non rilascia anidride carbonica quando viene bruciato e permette, in teoria, di sostituire i combustibili fossili in tutte quelle industrie pesanti (siderurgia, vetraria, chimica, ceramica…) non elettrificabili con le tecnologie attuali. È insomma un combustibile molto promettente, ma la sua diffusione è ostacolata dai prezzi molto alti, molto più alti anche di quelli del gas, che ne disincentivano l’utilizzo nel comparto manifatturiero.
L’IDROGENO COSTA TROPPO
Come ha raccontato Bloomberg, le industrie dipendenti dal gas preferiscono non sottoscrivere contratti di fornitura di idrogeno di lungo periodo – come già si fa con l’elettricità da fonte eolica o solare – perché i prezzi sono troppo alti: aspettano allora che il mercato si sviluppi, che la tecnologia migliori e che dunque il combustibile si faccia più economico. Anche i produttori di idrogeno, però, sono in attesa: loro aspettano che si formi una platea di acquirenti abbastanza numerosa da giustificare gli investimenti nell’aumento della produzione e nell’efficienza. Senza domanda e senza offerta, il mercato dell’idrogeno è dunque di fatto bloccato.
“Gli acquirenti sono cauti nello stipulare contratti che li vincoleranno a un prezzo fisso per i prossimi vent’anni”, ha spiegato Cathy Shepherd di Citigroup all’agenzia. “C’è molta incertezza sulle prospettive a lungo termine, data la novità del mercato”. Potrebbe essere necessario l’intervento dei governi per rompere lo stallo, attraverso incentivi alla produzione e al consumo.
Secondo Marina Domingues, analista di Rystad Energy, la maggior parte dei progetti europei sull’idrogeno riguarderanno la decarbonizzazione delle industrie e dei trasporti pesanti; tuttavia, l’82 per cento di questi progetti non ha firmato alcun accordo di off-take, che prevedono la fornitura di energia a prezzo fisso per un certo periodo di tempo. Due importanti aziende tedesche, BASF (chimica) e Thyssenkrupp (acciaio) si sono impegnate a ridurre le emissioni ma non hanno fatto sapere se abbiano firmato dei contratti per l’idrogeno, senza il quale difficilmente riusciranno a rispettare le loro promesse. La norvegese Yara International, la più importante società di fertilizzanti d’Europa, ha dichiarato di avere un “accordo di off-take di principio”, ma non ha rivelato maggiori dettagli.
“Il problema oggi è che l’idrogeno non è una vera e propria merce, anche se ci sono stati tentativi di creare un prezzo di mercato”, ha spiegato a Bloomberg Sean McLoughlin di HSBC.
QUANTO COSTA L’IDROGENO VERDE
Stando alle elaborazioni di BloombergNEF, l’idrogeno verde – cioè ricavato dall’elettricità da fonti rinnovabili – ha oggi un costo medio di produzione di 4-5 dollari al chilo in Italia, Spagna e Germania. I costi tuttavia dovrebbero ridursi del 57 per cento a livello globale entro il 2030, arrivando a 2 dollari al chilo in Europa, grazie alla maggiore economicità dell’energia rinnovabile e degli elettrolizzatori, i macchinari utilizzati per la produzione di idrogeno verde.
– Leggi anche: La Cina dominerà anche il mercato degli elettrolizzatori per l’idrogeno?
Tuttavia, “anche se l’idrogeno sta diventando una parte centrale dei piani europei per l’energia pulita”, fa notare Bloomberg, “gli investimenti reali sono stati pochi”.