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Idrogeno Verde

Come va l’Italia nell’idrogeno. Report Intesa Sanpaolo

Cosa dice lo studio di Intesa Sanpaolo e H2IT sullo stato dell'industria italiana dell'idrogeno. Ecco numeri, previsioni e criticità.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) stanzia 3,64 miliardi di euro per lo sviluppo di un’industria italiana dell’idrogeno, un combustibile che non emette gas serra quando bruciato e che può essere prodotto dall’elettricità ottenuta dagli impianti rinnovabili: per le sue caratteristiche, potrebbe permettere la decarbonizzazione di tutti quei comparti energivori ma difficilmente elettrificabili, come la siderurgia e la chimica. La filiera nazionale dell’idrogeno sta effettivamente crescendo, come nota Intesa Sanpaolo in uno studio dedicato, ma questa crescita è dovuta principalmente agli investimenti privati.

Tra le aziende italiane che si occupano di idrogeno ce ne sono sia di grandi e strutturate, come Snam, De Nora, Danieli e Maire Tecnimont, sia di piccole ma innovative come H2Energy o StoreH.

Più nello specifico, il 65 per cento delle aziende del comparto ha chiuso il 2022 con una crescita degli investimenti nell’idrogeno. Il 70 per cento di questi investimenti è stato finanziato con fondi propri, mentre il 22 per cento è sostenuto da fondi europei e/o nazionali.

COM’È MESSA L’ITALIA NEI BREVETTI SULL’IDROGENO

Non è raro che gli investimenti si traducano in brevetti: l’Italia è il quinto paese dell’Unione europea per numero di brevetti legati all’idrogeno, stando all’Agenzia internazionale dell’energia. Intesa Sanpaolo aggiunge che negli ultimi cinque anni, oltre un’azienda ha ottenuto almeno un brevetto legato all’idrogeno o sta per registrarlo.

PNRR E IPCEI

Il 51 per cento delle imprese oggetto dello studio di Intesa Sanpaolo e H2IT (l’Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile) ha partecipato ai bandi del PNRR. Il 33 per cento è invece coinvolto nelle iniziative IPCEI: si chiamano così gli “Importanti progetti di interesse comune europeo”, ossia rilevanti per l’intera Unione.

LA CRISI ENERGETICA? UN’OPPORTUNITÀ PER L’IDROGENO

Il 58 per cento delle aziende italiane coinvolte nella filiera dell’idrogeno ha aumentato il giro d’affari del business dedicato a questo combustibile, e dice di aspettarsi una crescita anche quest’anno. Per la metà circa (il 45 per cento) del campione analizzato, l’attuale crisi dei prezzi dell’energia non ha costituito un ostacolo alle attività sull’idrogeno; per il 35 per cento, questo contesto rappresenta addirittura un’opportunità e un incentivo a investire.

I SETTORI PIÙ PROMETTENTI

L’85 per cento degli intervistati dallo studio sostiene che la mobilità (camion, treni e forse aerei, in futuro) sia il settore dal più alto tasso di crescita legato all’idrogeno. Segue il comparto dell’industria pesante e hard-to-abate (67 per cento) e quello dello stoccaggio dell’elettricità prodotta in surplus dai parchi eolici e fotovoltaici (55 per cento).

LE CRITICITÀ PRINCIPALI

Il 78 per cento delle aziende italiane della filiera dell’idrogeno lamenta però la mancanza di un quadro normativo chiaro. Il 64 per cento sostiene che il principale freno agli investimenti sia l’incertezza sulla domanda, non ancora chiara. Il 53 per cento dice di risentire delle complessità autorizzative (il 53 per cento) e burocratiche (il 51 per cento).

“Per superare le criticità”, conclude lo studio, “le imprese chiedono soprattutto la definizione di normative e regolamenti nazionali (58%), piani strategici nazionali (55%) e più investimenti per stimolare la domanda (45%) e in infrastrutture (42%)”.

– Leggi anche: L’Europa non sta facendo progressi sull’idrogeno

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