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Hy2use

Idrogeno, quali sono le aziende italiane coinvolte nel nuovo progetto Ue

Hy2Use, il secondo importante progetto europeo sull'idrogeno, coinvolge quattro aziende italiane. Ecco nomi, azionariato e settori di business.

 

Mercoledì la Commissione europea ha approvato un pacchetto da 5,2 miliardi di euro di fondi pubblici per lo sviluppo di una filiera dell’idrogeno rinnovabile e a basse emissioni di carbonio: ovvero idrogeno “verde” (ottenuto dall’elettricità prodotta da fonti rinnovabili) e idrogeno “blu” (ottenuto dal gas ma catturando le emissioni tramite apposite tecnologie), in gergo.

I PAESI COINVOLTI (ITALIA INCLUSA)

Il nome dell’Importante progetto di comune interesse europeo (IPCEI) è “Hy2Use”: raccoglie trentacinque progetti e ventinove aziende situate in tredici stati membri dell’Unione europea: Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Svezia.

Secondo le stime, dovrebbe permettere di generare finanziamenti privati da 7 miliardi di euro per lo sviluppo di un combustibile utile ai piani di decarbonizzazione – può sostituire gli idrocarburi nelle industrie pesanti e nei trasporti difficili da elettrificare, ad esempio – ma ancora molto costoso, specialmente nella sua variante verde.

DIFFERENZE TRA HY2TECH E HY2USE

Hy2Use è il secondo Importante progetto di comune interesse europeo sull’idrogeno.

Il primo – chiamato “Hy2Tech”, dal valore di 5,4 miliardi di euro – è stato presentato lo scorso luglio e si focalizza sullo sviluppo di tecnologie per la produzione, lo stoccaggio, il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno, oltre che sulle sue applicazioni nella mobilità. Tra le trentacinque aziende coinvolte figuravano Ansaldo Energia, Fincantieri, Enel, Bosch, Orsted, Plastic Omnium e Daimler.

Hy2Use, invece, punta alla commercializzazione di tecnologie per l’idrogeno nei settori del cemento, dell’acciaio e del vetro: sono tutte industrie che consumano grandi quantità di energia (sono chiamate “energivore”, appunto), che utilizzano combustibili fossili per alimentare i loro processi produttivi e che sono pertanto difficili da decarbonizzare (hard-to-abate, in gergo).

LE AZIENDE ITALIANE

Le aziende italiane coinvolte in Hy2Use, riporta S&P Global, sono quattro: NextChem, RINA Consulting – Centro Sviluppo Materiali, SardHy Green Hydrogen e South Italy Green Hydrogen.

NextChem opera nel campo della chimica verde e delle tecnologie per la transizione energetica. Fa parte del gruppo Maire Tecnimont, società ingegneristica-energetica italiana quotata alla borsa di Milano: il presidente Fabrizio Di Amato, attraverso GLV Capital, possiede il 70,8 per cento delle azioni, mentre il fondo emiratino Arab Development Establishment ha il 3,2 per cento.

RINA Consulting – Centro Sviluppo Materiali svolge attività di ricerca e sviluppo e di consulenza ingegneristica per le imprese: si concentra in particolare sui materiali, sull’idrogeno e sull’economia circolare. Fa parte del gruppo genovese RINA, che si occupa principalmente di infrastrutture e di energia, controllato per il 70 per cento dal Registro italiano navale.

SardHy Green Hydrogen è una società a responsabilità limitata di impianti per l’elettrolisi, il processo necessario alla produzione di idrogeno verde. Ha sede a Sarroch (Cagliari), dove si trova anche la raffineria di Saras.

OBIETTIVI E TEMPI DI HY2USE

Secondo le stime della Commissione, gli investimenti di Hy2Use permetteranno la realizzazione di 3,5 gigawatt di nuova capacità di elettrolisi, per una produzione di 340mila tonnellate di idrogeno verde all’anno.

Il Sole 24 Ore scrive che l’intero IPCEI dovrebbe venire completato entro il 2036, con alcuni progetti però già attivi tra il 2024 e il 2026.

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