Darren Woods, l’amministratore delegato di ExxonMobil, la più grande compagnia petrolifera statunitense e una delle più grandi al mondo, preferirebbe che Donald Trump non abbandonasse nuovamente l’accordo di Parigi sul clima. Il presidente eletto, infatti, aveva già ritirato gli Stati Uniti dal trattato durante il suo primo mandato alla Casa Bianca; il successore, Joe Biden, ha ripristinato l’impegno americano a limitare il riscaldamento globale, ma adesso Trump dice di voler uscire dal patto una seconda volta.
Secondo Woods, tutto questo crea un’instabilità normativa che non fa bene agli affari, nemmeno a quelli delle grandi società petrolifere. “Non credo che gli arresti e le ripartenze siano la cosa giusta per le aziende”, ha spiegato al Wall Street Journal. Si tratta, a suo dire, di un approccio “estremamente inefficiente” che “crea molta incertezza”.
NON SOLO EXXONMOBIL: COSA VOGLIONO LE BIG OIL
Benché possa sembrare strano che uno dei massimi esponenti dell’industria oil & gas si pronunci in favore degli impegni internazionali per il contenimento delle emissioni di gas serra – l’utilizzo dei combustibili fossili è infatti la causa principale del riscaldamento globale -, in realtà le parole di Woods hanno senso. E non sono nemmeno una novità: già nel 2021 ExxonMobil lodò la decisione di Biden di far rientrare l’America nell’accordo di Parigi.
Le Big Oil statunitensi hanno puntato sulla transizione energetica, che offre loro l’occasione di riconvertire o “allargare” il business approfittando dei generosi incentivi pubblici. Sempre ExxonMobil aveva definito l’Inflation Reduction Act di Biden “un passo nella giusta direzione”: la legge consiste in 369 miliardi di dollari in crediti d’imposta e sussidi vari alla manifattura di tecnologie pulite sul suolo americano.
Le grandi compagnie petrolifere possiedono unità dedicate alle clean tech – biocarburanti, idrogeno, cattura del carbonio, litio – che gli permetteranno di beneficiare dei crediti previsti dall’Inflation Reduction Act. In sostanza, la transizione energetica rappresenta per loro un affare.
LA DIFFERENZA TRA LE COMPAGNIE AMERICANE ED EUROPEE
Ecco perché Woods non vuole che Trump stravolga un contesto che considerano positivo: le società petrolifere non devono rispondere alla Casa Bianca ma agli azionisti, e questi non chiedono maggiori investimenti nelle trivellazioni di idrocarburi ma disciplina fiscale, dividendi e un (tiepido) allineamento alla transizione ecologica. A differenza però delle Big Oil europee, che in un’ottica di diversificazione hanno generalmente puntato sulle fonti rinnovabili, le compagnie statunitensi hanno preferito concentrarsi su attività più vicine al loro settore tradizionale, in modo da riconvertire con più facilità il loro know-how.
COSA FARÀ TRUMP
Il problema per ExxonMobil è che l’amministrazione Trump sembra intenzionata quantomeno a rivedere l’assetto generale dell’Inflation Reduction Act, forse cancellando i fondi non ancora spesi o limitandone l’erogazione. Darren Woods potrebbe inoltre non essere in grado di esercitare una grossa influenza sulla Casa Bianca: consapevole della distanza di visione con le Big Oil, infatti, forse Trump preferirà interloquire con le aziende petrolifere indipendenti, più piccole e maggiormente concentrate sulle trivellazioni.
Trump ripete spesso lo slogan drill, baby, drill: se gli Stati Uniti estrarranno più idrocarburi, dice, i prezzi dell’energia si abbasseranno. Ma il paese già produce greggio e gas naturale a livelli record e le aziende attive nei campi di shale oil hanno moderato la frenesia estrattiva del decennio scorso, facendosi più disciplinate per quanto riguarda le spese e più propense ad accontentare gli investitori. Ciononostante, è probabile che nel 2025 la produzione oil & gas americana crescerà (moderatamente), così come è probabile che i prezzi del petrolio scenderanno per via della fiacca domanda cinese e del surplus di offerta sul mercato.
EXXONMOBIL NON VUOLE LA DECARBONIZZAZIONE, MA…
Alla COP29 Darren Woods si è detto convinto che il mondo abbia “bisogno di più combustibili fossili”, pur rimanendo contrario all’abbandono dell’accordo di Parigi da parte degli Stati Uniti: “il modo per influenzare le cose è parteciparvi, non uscire”, ha spiegato. In sostanza, ExxonMobil non ricerca la decarbonizzazione ma una maggiore partecipazione ai nuovi comparti low-carbon, senza sacrificare la redditività.