skip to Main Content

Combustibili Fossili

Sorpresa: alle Big Oil americane il piano di Biden per il clima piace

L'Inflation Reduction Act, la grande legge di Biden sul clima, è stata accolta bene dalle Big Oil americane. I piccoli (ma operosi) produttori petroliferi, al contrario, sono a rischio. Ecco perché.

 

In un apparente controsenso, i dirigenti delle più importanti compagnie petrolifere americane – come ad esempio ExxonMobil e Occidental Petroleum, indicate collettivamente come “Big Oil” – hanno accolto con favore l’Inflation Reduction Act, la legge sul clima, la sanità e le tasse da 437 miliardi di dollari firmata dal presidente Joe Biden martedì scorso.

BIG OIL CONTRO PICCOLI PRODUTTORI

L’entusiasmo delle Big Oil non è però condiviso dalle società petrolifere più piccole e indipendenti, le stesse a cui va ricondotta la maggior parte del petrolio greggio estratto negli Stati Uniti. Per loro l’Inflation Reduction Act significa nuove tasse e imposte, sanzioni per le fughe di metano (un potente gas serra) e spese più alte per le trivellazioni sui terreni federali.

L’amministratrice delegata di Occidental Petroleum, Vicki Hollub, ha definito la legge “molto positiva”. Per l’amministratore delegato di ExxonMobil, Darren Woods, rappresenta “un passo nella giusta direzione”. Dan Naatz, vicepresidente della Independent Petroleum Association of America, pensa al contrario che l’Inflation Reduction Act non porterà nulla di buono alle società petrolifere più piccole. Anzi, a suo dire causerà una riduzione degli investimenti in capacità produttiva e “cambiamenti duraturi nel settore”.

ALLINEARSI ALLA TRANSIZIONE

Bloomberg ha spiegato che le divergenze di opinioni sull’Inflation Reduction Act riflettono le tensioni preesistenti tra le grandi (e quotate in borsa) società petrolifere e le loro rivali di piccole dimensioni.

La legge infatti, attraverso i crediti d’imposta per la cattura del carbonio, l’idrogeno e i biocarburanti, permette alle Big Oil di accelerare gli investimenti nelle energie a basse emissioni e di allinearsi alla transizione ecologica in corso, come peraltro richiesto dagli azionisti. Mentre le piccole società petrolifere, che si concentrano sull’estrazione degli idrocarburi e non possiedono unità di raffinazione o di energie rinnovabili, sono maggiormente esposte alle conseguenze del distacco dai combustibili fossili.

IL SETTORE OIL & GAS NON È UNO SOLO

Andrew Logan, direttore di Ceres, una coalizione di imprese e investitori pro-sostenibilità, ha detto che “oggi il settore oil & gas è costituito in realtà da tanti diversi settori sotto un unico ombrello”.

Nonostante le loro dimensioni ridotte rispetto alle Big Oil, le piccole aziende petrolifere valgono l’83 per cento della produzione americana di greggio e il 90 per cento di quella di gas naturale e liquidi associati.

EXXON E OCCIDENTAL IN VANTAGGIO SULLA CATTURA DELLA CO2

L’Inflation Reduction Act, dunque, avvantaggia le grosse aziende e mette in difficoltà le piccole.

Tra le grandi compagnie, quelle meglio posizionate per trarre vantaggio dalla legge sono ExxonMobil e Occidental. Entrambe hanno già grossi progetti di cattura del carbonio, e potranno pertanto richiedere gli incentivi e beneficiare dei crediti per la rimozione della CO2: fino a 180 dollari a tonnellata in caso di cattura diretta dall’aria; fino a 85 dollari a tonnellata, invece, per le tecnologie di cattura convenzionali. Crediti che sono invece fuori dalla portata delle piccole aziende petrolifere, che si concentrano sull’estrazione di greggio e hanno – se li hanno – progetti di cattura della CO2 ben più modesti.

15MILA PICCOLE AZIENDE A RISCHIO

In sostanza, le aziende favorite sono quelle maggiormente diversificate e con un accesso maggiore ai capitali: in una sola parola, le Big Oil. Queste ultime saranno anche in grado di assorbire con più facilità l’aumento dei costi dei programmi di contenimento delle emissioni di metano. I piccoli produttori, con meno possibilità di adattamento al nuovo contesto legale, sono invece a rischio. Secondo l’amministratore delegato di Pioneer, Scott Sheffield, le aziende più vulnerabili sono circa 15mila.

Back To Top