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Eni Egitto

Eni e non solo, cosa ribolle nel Mediterraneo fra energia e geopolitica. Il post di Bessi

Grecia e Croazia estraggono gas naturale in Adriatico, confermando le sue potenzialità come giacimento di oro azzurro. E cosa sta succedendo (non solo per Eni) nel Mediterraneo tra Turchia, Italia e Cipro

La geopolitica del Mediterraneo continua a offrire un repertorio variegato di protagonisti, che si alternano sui palcoscenici dei conflitti tradizionali e di quelli più moderni, tra i quali House of gas ovviamente predilige quello dell’oro azzurro.

Sul fronte militare, il sultano Erdogan ha inviato l’esercito in Siria per cercare di spazzare via i nemici di sempre, i Curdi (non sarà facile, anzi), mentre su quello energetico ha alzato il livello della sfida con i molti e agguerriti competitor spedendo la nave di perforazione Yavuz nelle acque di Cipro. La missione? Quello che in Italia pare non si potrà più fare, salvo un comunque tardivo rinsavimento del governo, cioè esplorare le acque del blocco 7, lo stesso dove Eni e Total hanno le autorizzazioni di Nicosia.

I movimenti della sponda orientale sono speculari a quelli del bacino adriatico, dove troviamo come protagonista la Croazia, nelle cui acque si sta aggirando una nave di perforazione assetata di gas. Non è dato sapere quale bandiera batta, anche se i satelliti di rivelazione del traffico marittimo l’hanno smascherata. E House of gas, armata della consueta curiosità per tutto ciò che riguarda l’oro azzurro, è in attesa di poterne svelare la nazionalità.

Mentre l’esecutivo guidato dal fedele di padre Pio ha deciso che l’Italia può fare a meno del proprio gas naturale, acquistandolo all’estero e così appesantendo la bilancia dei pagamenti, i whistblower di House of gas confermano che in Adriatico la Jack-Up Labin di proprietà della Crosco inizierà una campagna di 45 giorni in Adriatico per conto di Edina (società che vede una joint venture fra Edison e la croata Ina) e, dopo una pausa, a giugno del prossimo anno riprenderà le operazioni stavolta solo per Ina. Cosa c’è in ballo? La manutenzione dei pozzi in piattaforme già esistenti o nuove esplorazioni in nuovi blocchi di mare?

Poco importa perché comunque noi ci siamo chiamati fuori e nel momento in cui le rotte del gas in Mediterraneo si fanno sempre più trafficate. Stiamo diventando un’oasi, anche se non si sa bene di cosa.

Intanto anche Zorba e compagni si stanno dando da fare in Adriatico per estrarre l’oro azzurro: nonostante l’antica fratellanza sancita dall’adagio Italia Grecia una faccia una razza. Sono i pronipoti di Aristotele – a cui, forse anche per questo, non manca certo l’approccio razionale – a trivellare le aree adriatiche al nostro confine, quelle a cui abbiamo deciso di rinunciare.

La sostanza di tutto questo movimento è che Grecia e Croazia estraggono gas naturale in Adriatico, confermando le sue potenzialità come giacimento di oro azzurro. Un dato che del resto era stato confermato dal supercervellone dell’Eni, il Green Data Center. Inoltre la situazione in Adriatico pone un altro problema di sistema per l’Italia.

Stiamo perdendo un’occasione? No, ne stiamo perdendo tante. Perché oltre al suo ovvio contributo alla bolletta energetica, l’estrazione di gas a chilometro zero avrebbe anche un impatto significativo sull’economia portuale, per la logistica delle manutenzioni, le costruzioni, il bunkeraggio, ecc.

L’averci rinunciato è una perdita non solo economica per il bilancio di Eni ma anche sociale e professionale: saranno i porti croati, montenegrini e albanesi che cresceranno e produrranno ricchezza per imprese e lavoratori. Una doppia beffa.

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