Enel continuerà a puntare tutto sulla transizione ecologica? In che modo ridurrà il suo debito? E cosa ne farà degli investimenti all’estero, a partire da quelli negli Stati Uniti?
Sono i tre grandi interrogativi degli azionisti della società elettrica, una delle più grandi al mondo, a seguito della nomina del nuovo consiglio di amministrazione: la presidenza è passata a Paolo Scaroni e Flavio Cattaneo è succeduto a Francesco Starace alla carica di amministratore delegato.
LE DELEGHE DI SCARONI E CATTANEO
Al presidente Scaroni è stato assegnato il ruolo di supervisore sulle attività di audit e sull’applicazione delle norme di corporate governance relative alle attività del consiglio di amministrazione. Ha anche l’incarico di intrattenere rapporti con le istituzioni e le autorità, in coordinamento con l’amministratore delegato.
Cattaneo si è visto conferire tutti i poteri per l’amministrazione, “a eccezione” – spiega il Corriere – “di quelli diversamente attribuiti dalla normativa applicabile, dallo statuto sociale o mantenuti dal consiglio di amministrazione nell’ambito delle proprie competenze”.
I TIMORI DEGLI INVESTITORI
Gli investitori – al di là del ministero dell’Economia, che ne possiede il 23,6 per cento e ha rimodellato il board a suo piacere – aspettano ora di conoscere la visione della nuova dirigenza di Enel. Per rassicurarli, il Tesoro – così hanno rivelato due fonti all’agenzia Reuters – ha detto loro di volere che il gruppo prosegua nel suo percorso di leadership nelle energie rinnovabili, acceleri il processo di dismissione di alcuni asset e mantenga la politica sui dividendi. Insomma: nessuna inversione di marcia rispetto alla linea generale tracciata da Starace.
Stando ai resoconti pubblicati nelle ultime settimane, gli investitori di Enel temono tre cose. La prima è il debito, che a fine 2022 ammontava a circa 60 miliardi di euro, contro i 45,5 miliardi di soli due anni prima. La seconda è che la nuova amministrazione possa rivedere drasticamente la strategia sulle energie rinnovabili. Il terzo timore è una maggiore concentrazione di Enel sul mercato italiano a scapito della presenza internazionale (e in particolare nordamericana).
I PIANI DI ENEL SULLE RINNOVABILI
A fine 2021 Enel aveva annunciato l’intenzione di spendere 70 miliardi di euro nelle fonti rinnovabili, con l’obiettivo di portare la propria capacità a 129 gigawatt entro il 2030 (oggi ha quasi 60 GW), più altri 70 miliardi nell’espansione e nell’aggiornamento delle reti elettriche, in modo da poter collegare gli impianti con gli utenti finali. In quell’occasione Starace aveva parlato della necessità “di elettrificare i consumi finali il più possibile”, puntando a cavalcare questo processo con le aziende dedicate Enel X ed Enel X Way.
Parallelamente all’espansione delle rinnovabili, Enel conta di abbandonare la generazione a carbone entro il 2027 e quella a gas naturale entro il 2040. Sempre entro il 2040, punta ad abbandonare le attività di vendita al dettaglio del gas. Nel giro di nemmeno vent’anni, dunque, dovrebbe raggiungere una condizione di carbon-free.
I PIANI PER LA RIDUZIONE DEL DEBITO
Tanto gli investitori quanto il ministero dell’Economia guardano con una certa preoccupazione all’indebitamento di Enel, anche considerato il contesto di aumento dei tassi di interesse.
Nel periodo gennaio-marzo 2023 il debito di Enel è sceso a 58,9 miliardi, rispetto ai circa 60 di fine 2022. Per la fine dell’anno corrente la società vorrebbe portarlo sui 51-52 miliardi. Per raggiungere l’obiettivo, ha avviato un processo di dismissione di attività 21 miliardi di euro in tutto: le cessioni già chiuse ammontano a quasi 11 miliardi, mentre quelle attese per i prossimi mesi si aggirano sui 7 miliardi.
IL FASTIDIO DI CATTANEO PER GLI INVESTIMENTI ALL’ESTERO
La strategia 2023-2025 di Enel prevede, parallelamente alla cessione di alcuni asset, la focalizzazione su sei mercati chiave in Europa e nelle Americhe: ovvero Italia, Spagna, Stati Uniti, Brasile, Cile e Colombia.
Il mercato più interessante per gli investitori internazionali della società è quello nordamericano, visti i generosi incentivi pubblici alle energie pulite contenuti nella legge Inflation Reduction Act. Starace stesso aveva detto di pensare che i sussidi statunitensi alla manifattura di “tecnologie verdi” fossero migliori di quelli europei anche per l’attenzione alla produzione locale di componenti critici.
I piani americani di Enel, tuttavia, infastidiscono il nuovo amministratore delegato Flavio Cattaneo. Qualche settimana fa ha dichiarato infatti al Foglio che “è doveroso costruire una filiera tutta italiana che includa anche la produzione nazionale di pannelli [solari, ndr]. So che Enel ha aperto uno stabilimento a Catania dedicato a questo ma poi lo ha fatto anche negli USA. È un approccio che non condivido: se si vuole salvaguardare l’interesse nazionale, si dovrebbe produrre in Italia e non altrove”.
Non esattamente quello che gli azionisti vogliono sentire.