L’ex-presidente degli Stati Uniti Donald Trump, candidato alle elezioni di novembre con il Partito repubblicano, ha criticato le politiche sul clima e sull’energia pulita di Joe Biden, che alla transizione ecologica ha dedicato una buona parte della sua agenda legislativa, perché arricchirebbero e avvantaggerebbero la Cina: la Cina, infatti – la rivale economica e politica dell’America -, è la maggiore produttrice al mondo di tutte le tecnologie green, come i pannelli solari e le batterie per i veicoli elettrici, oltre che la principale estrattrice e raffinatrice delle materie prime, come il litio, la grafite e le terre rare.
COSA PENSA TRUMP DELLE POLITICHE ENERGETICHE DI BIDEN
Trump ha parlato delle politiche energetico-climatiche di Biden come di un “piano per arricchire la Cina”, vista la presenza dominante del paese nelle filiere delle clean tech. Stando però agli economisti e agli esperti sentiti dal New York Times, se Trump dovesse davvero eliminare quelle politiche una volta rieletto alla Casa Bianca potrebbe ottenere l’effetto contrario a quello desiderato: potrebbe cioè danneggiare l’America, che ha già attirato grossi investimenti nella manifattura di “tecnologie pulite”, e favorire la delocalizzazione della produzione all’estero, Cina compresa.
Trump ha definito il cambiamento climatico una “bufala” e ha criticato le norme introdotte dall’amministrazione Biden per incoraggiare la diffusione delle auto elettriche, per limitare le estrazioni petrolifere sui terreni e le acque federali e per abbattere le emissioni inquinanti delle centrali a carbone, ad esempio. Come riporta Politico, non è chiaro invece che cosa voglia fare con l’Inflation Reduction Act, la legge da 369 miliardi di dollari in crediti d’imposta e incentivi vari alla manifattura di tecnologie pulite sul suolo statunitense. Il mese scorso, tuttavia, l’ex-presidente aveva dichiarato durante un comizio che avrebbe messo fine a “tutte le nuove sovvenzioni di spesa e gli omaggi nell’ambito dei mastodontici disegni di legge socialisti di Joe Biden, come il cosiddetto Inflation Reduction Act”. Secondo la sua portavoce, la legge avrebbe contribuito all’aumento dell’inflazione.
ELIMINARE L’INFLATION REDUCTION ACT AVVANTAGGERÀ LA CINA?
Gli economisti, gli esperti di energia e i dirigenti aziendali sentiti dal New York Times pensano che cancellare o ridimensionare l’Inflation Reduction Act potrebbe danneggiare la competitività americana nella “corsa globale per dominare l’energia pulita”, ha scritto il quotidiano. Una mossa del genere “sarebbe un duro colpo per il settore manifatturiero. La Cina ne trarrebbe sicuramente vantaggio”, ha detto Mark Zandi, economista presso Moody’s Analytics. L’Inflation Reduction Act, infatti, non punta solo ad accelerare nel concreto la transizione energetica e quindi il distacco dai combustibili fossili, ma è anche uno strumento di politica industriale che mira a riportare negli Stati Uniti la manifattura delle tecnologie pulite, contrastando la Cina (dove le fabbriche beneficiano di grossi sussidi pubblici).
Da quando l’Inflation Reduction Act è entrata in vigore, nell’agosto 2022, sono stati annunciati investimenti privati nella produzione di clean tech negli Stati Uniti per 488 miliardi di dollari, secondo i calcoli di America’s Clean Power. Solo nel primo trimestre del 2024 – dicono i dati di Clean Investment Monitor – gli investimenti nell’energia e nei trasporti puliti hanno raggiunto la cifra record di 71 miliardi di dollari.
Come fa però notare il New York Times, l’Inflation Reduction Act non ha modificato – almeno ad oggi – lo squilibrio manifatturiero tra la Cina e gli Stati Uniti: per quanto riguarda i pannelli solari, ad esempio, la Cina continua a produrre all’incirca l’80 per cento del totale globale e Washington grossomodo il 2 per cento; Pechino, inoltre, vale da sola più della metà della produzione mondiale di veicoli elettrici, turbine eoliche e batterie agli ioni di litio. Ma l’amministrazione Biden pensa sia solo questione di tempo (e di incentivi pubblici) prima che la situazione si riassesti.
“Se si vuole essere un operatore nel settore delle batterie nell’emisfero occidentale, non c’è altra scelta se non quella di essere negli Stati Uniti”, ha detto Tom Jensen, amministratore delegato di Freyr Battery, un’azienda norvegese che sta costruendo uno stabilimento in Georgia, vicino ad Atlanta; prima dell’Inflation Reduction Act stava pianificando una fabbrica in Norvegia.
DONALD TRUMP PUÒ CANCELLARE L’INFLATION REDUCTION ACT?
Per abrogare l’Inflation Reduction Act, Donald Trump avrebbe bisogno di una maggioranza repubblicana sia alla Camera che al Senato. Più che procedere all’annullamento della legge, però, l’amministrazione Trump potrebbe usare i suoi poteri per ritardare l’implementazione di alcune parti o per complicare l’accesso ai crediti d’imposta e agli incentivi.
L’impatto sull’economia e l’occupazione americana potrebbe essere forte. Roger Martella, responsabile della sostenibilità di GE Vernova, un’azienda del gruppo General Electric che costruisce turbine eoliche, ha fatto sapere al New York Times che sono stati i crediti fiscali a trainare gli investimenti: senza l’Inflation Reduction Act – che ha fornito sussidi ma ha anche stimolato la domanda di energia pulita – GE Vernova non avrebbe mai speso 50 milioni di dollari per assumere duecento persone nello stabilimento di Schenectady e per realizzare una nuova linea di assemblaggio per le turbine eoliche, ad esempio.
GLI STATI UNITI DOVREBBERO SUSSIDIARE SOLO LE TECNOLOGIE EMERGENTI?
Non tutti, comunque, sono convinti dell’efficacia dell’Inflation Reduction Act.
Secondo Nick Loris di C3 Solutions i sussidi andrebbero riservati alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie nuove o emergenti. Il suo timore è che la legge di Biden abbia creato una “bolla” di capacità manifatturiera incapace di sopravvivere senza sussidi.
Anche Alex Flint di Alliance for Market Solutions è contrario agli aiuti pubblici. Pensa però che l’Inflation Reduction Act abbia creato “la speranza che raggiungeremo la Cina” nelle tecnologie pulite; eliminare i crediti d’imposta alle aziende, dunque, potrebbe far passare il messaggio che gli Stati Uniti non sono affidabili. “Accendere e spegnere i sussidi diminuisce il loro valore immediato e riduce il valore di qualsiasi politica statunitense in futuro”, ha detto.