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Tutto sulle dighe e le centrali idroelettriche in Italia

Quante sono, dove sono, chi le gestisce e che problemi hanno le centrali idroelettriche e le grandi dighe italiane.

L’esplosione alla centrale idroelettrica di Bargi, in Emilia-Romagna, gestita da Enel Green Power, ha causato tre morti e cinque feriti; quattro operai risultano ancora dispersi. L’incidente – le cui dinamiche non sono ancora chiare – ha riacceso il dibattito sulla salute delle centrali idroelettriche e delle dighe italiane, che spesso ricevono una scarsa manutenzione, come riporta Sky TG24.

QUANTE SONO LE CENTRALI IDROELETTRICHE IN ITALIA

In Italia ci sono oltre 4600 centrali idroelettriche; si trovano principalmente al nord (la Lombardia è la prima regione per potenza installata, seguita da Trentino-Alto Adige, Piemonte e Veneto) e contribuiscono per il 13 per cento al mix di generazione elettrica, più dei parchi eolici e fotovoltaici. L’idroelettrico è una fonte di energia rinnovabile e a zero emissioni, modulabile e capace anche di svolgere una funzione di stoccaggio attraverso gli impianti a pompaggio.

In Italia le concessioni durano in media venti-trenta anni, ma in alcuni casi si scende a quindici: un tempo che gli operatori considerano troppo breve per rientrare degli investimenti nell’ammodernamento delle strutture. In Francia le concessioni durano invece quarant’anni; in Spagna anche settantacinque; in Austria possono arrivare a novanta.

Le principali società concessionarie nel settore idroelettrico italiano sono Enel, A2A e Edison (parte del gruppo francese EDF).

QUANTE SONO LE GRANDI DIGHE IN ITALIA

Le grandi dighe – ossia le strutture con altezza superiore a quindici metri o con un serbatoio di oltre un milione di metri cubi d’acqua – di competenza statale sono invece 526, stando agli ultimi dati della Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche che fa parte del ministero delle Infrastrutture. Gli operatori che le gestiscono sono centotrentuno.

La prima regione per numero di grandi dighe è la Lombardia (77), seguita da Piemonte (59), Sardegna (59) e Toscana (50). L’età media supera i sessant’anni.

Secondo l’indagine conoscitiva sull’adeguamento della strategia energetica nazionale al PNIEC del 2019 – che riporta dunque dati non sempre aggiornati, ma che danno comunque un’idea del quadro generale – “le grandi dighe ad uso prevalente idroelettrico sono 309 su 532 […]. Il volume degli invasi idroelettrici è complessivamente pari a 4.4 miliardi di metri cubi su 13.7 miliardi di metri cubi del volume totale delle grandi dighe in Italia”.

CHI SONO GLI OPERATORI DELLE DIGHE

Nell’indagine si legge anche che “le 532 grandi dighe sono gestite da 131 concessionari; i primi due per numero di dighe sono Enel Produzione Spa con 180 dighe e l’Ente Acque della Sardegna (ENAS) con 33 dighe, ben 84 concessionari su 131 gestiscono una sola diga”.

Le grandi dighe a uso idroelettrico, invece, sono gestite da ventotto concessionari; di questi, dodici gestiscono una sola grande diga. Mentre quattro concessionari, ovvero “Enel Produzione S.p.a., Edison S.p.a., Alperia Greenpower S.r.l. e A2A S.p.a. gestiscono in totale 232 grandi dighe”.

L’ETÀ MEDIA

“A fronte di un quadro costantemente aggiornato delle condizioni di sicurezza”, l’indagine rileva che “un oggettivo problema è costituito dall’elevata ‘età’ dell’opere, con una età media delle dighe pari a 65 anni, media che per quelle idroelettriche raggiunge i 75 anni, mentre per quelle irrigue, potabili e di laminazione la media è pari a 50 anni”.

GLI INVESTIMENTI NECESSARI AL SETTORE IDRICO: REPORT AMBROSETTI

Secondo uno studio realizzato da The European House – Ambrosetti con A2A al settore idrico e idroelettrico italiano servirebbero investimenti da 48 miliardi di euro in dieci anni. Il documento invita a concentrare le risorse nel repowering delle centrali esistenti (cioè nel loro ripotenziamento tramite la sostituzione dei componenti e l’aumento dell’efficienza), nella costruzione di impianti di piccola taglia e nella realizzazione di nuovi bacini e nuovi pompaggi per l’accumulo energetico.

“La combinazione delle linee di efficientamento del sistema idrico nazionale, a fronte di un investimento cumulato di 32,9 miliardi di euro, genererebbe un risparmio idrico di 9,5 miliardi di m3”, sostiene il rapporto. “Non solo: la riduzione stimata dei volumi idrici immessi in rete proveniente dall’efficientamento delle perdite e dal contenimento dei consumi porterebbe anche a un beneficio in termini di energia risparmiata pari a 1,4 TWh annui”.

Inoltre, grazie al coinvolgimento della filiera di fornitori, gli investimenti nel settore idrico e idroelettrico genererebbero “ulteriori ricadute economiche indirette per il Paese pari a 52 miliardi di euro”.

Secondo Enel Green Power, il repowering delle centrali idroelettriche italiane garantirebbe un guadagno di “5,8 gigawatt di potenza e 4,4 terawattora di energia annua, con un risparmio di oltre 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica e la creazione di 2mila ulteriori posti di lavoro (diretti e indiretti) per l’esecuzione dei lavori”.

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