Mercoledì 7 settembre, i rappresentanti degli stati membri dell’Unione europea discuteranno delle proposte della Commissione per l’imposizione di un tetto ai prezzi all’ingrosso del gas naturale. Il dibattito – che verte su un documento intitolato Non-paper on emergency wholesale price cap instruments for natural gas – proseguirà venerdì 9 durante il vertice straordinario tra i ministri dell’Energia del blocco.
I DUE “STRUMENTI” DELLA COMMISSIONE
Nel non-paper – ricostruisce EURACTIV, che l’ha visionato – la Commissione presenta “due strumenti possibili” per fissare un valore massimo al prezzo del gas in caso di ulteriori limitazioni delle forniture provenienti dalla Russia dopo quelle annunciate la settimana scorsa da Gazprom, o di un loro totale azzeramento.
Il primo strumento riguarda l’applicazione di un price cap, ossia di un tetto al prezzo, al gas naturale importato dalla Russia, la principale fornitrice dell’Unione europea. Il secondo, invece, prevede la creazione di “zone rosse”, cioè di aree di prezzo speciali, in quegli stati più gravemente colpiti dai rincari dell’energia: questo meccanismo è quello che la Commissione considera più complesso dal punto di vista regolatorio e tecnico.
LE PAROLE DI VON DER LEYEN
Dei due, lo strumento che la Commissione europea sembra preferire è il tetto al prezzo del gas russo. Venerdì scorso, quando Gazprom ha annunciato, ufficialmente per questioni tecniche, la chiusura a tempo indeterminato del gasdotto Nord Stream 1 – arriva in Germania, ed è una delle condotte più importanti tra la Russia e l’Europa -, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha detto di essere “fermamente convinta che sia giunto il momento di fissare un tetto massimo al prezzo de gas russo trasportato dai gasdotti verso l’Europa”
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IL PARERE DI THIERRY BROS (SCIENCES PO)
Thierry Bros, professore all’Istituto di studi politici di Parigi (Sciences Po), ha criticato la proposta di un price cap, ritenendolo inutile nel caso in cui la Russia dovesse azzerare le forniture all’Europa.
Quanto all’istituzione di diverse zone di prezzo nell’Unione, pensa invece che l’idea verrà sostenuta da pochi stati membri, ad eccezione della Germania. “Il concetto di un tetto massimo di prezzo tra le zone verdi e quelle rosse mi fa tornare indietro ai tempi dell’Unione sovietica”, ha detto Bros a EURACTIV. “Si tratterà di una grande perturbazione del mercato con scarsi risultati positivi”.
LE CRITICHE DEL SOLE 24 ORE
Sul Sole 24 Ore Jacopo Giliberto, giornalista esperto di energia, ha definito il non-paper della Commissione “inefficace e tardivo, perché le soluzioni agirebbero dopo l’inverno, perché i meccanismi delineati appaiono molto difficili da applicare e perché ancora una volta l’attenzione è concentrata sulla sola offerta di metano e l’Europa tralascia ancora una volta la domanda di energia”, cioè il risparmio e il razionamento (al di là del piano su base volontaria) .
Come Bros, anche Giliberto fa notare come il price cap al gas russo – di circa 35 euro per megawattora, secondo Bruxelles – potrebbe rivelarsi inutile, visto che Gazprom sta limitando sempre più le forniture e potrebbe portarle a zero. Inoltre, limitare il limite di prezzo alle importazioni dalla Russia via gasdotti potrebbe ripercuotersi sui prezzi del combustibile proveniente da altri tubi: il Transmed con l’Algeria o il TAP con l’Azerbaigian; l’Italia ne sarebbe penalizzata, avendo connessioni con entrambi i paesi.
LE CRITICHE DI GIRALDO
Su La Verità Sergio Giraldo, manager del settore energetico, ha scritto che lo strumento del tetto ai prezzi crea “il rischio concreto di una immediata e definitiva chiusura degli ultimi flussi di gas [russo, ndr] verso l’Europa”: gli ultimi rimasti sono quelli che attraversano l’Ucraina e arrivano in Austria, circa 40 milioni di metri cubi al giorno.
La misura, inoltre, potrebbe “innescare una cascata di richiami alla forza maggiore nei contratti a valle tra operatori, provocando sconquassi sul mercato”.
CHI E PERCHÉ CONTESTA IL CAP SUI PREZZI AL CONSUMO
Il non-paper della Commissione non affronta nel dettaglio il tema dei tetti ai prezzi al consumo o dei sussidi che diversi membri dell’Unione hanno introdotto per abbassare le bollette energetiche.
Daniel Gros, economista presso il Centre for European Policy Studies (CEPS), ha criticato queste misure, che considera rischiose perché potrebbero innescare “una spirale infinita di prezzi d’importazione più alti e di sussidi più elevati”.
“Invece di sovvenzionare i consumi attraverso un tetto massimo al prezzo”, sostiene Gros, “i governi dovrebbero sovvenzionare i risparmi di gas, ad esempio pagando le famiglie per consumare meno quest’inverno rispetto all’inverno scorso”.
IL PATTO FRANCIA-GERMANIA
Ieri il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato un patto di collaborazione energetica tra la Francia e la Germania: in caso di necessità, la Francia si impegna a inviare gas alla Germania; la Germania farà lo stesso, inviando però elettricità.
La Francia è stata a lungo un’esportatrice netta di elettricità, ma i problemi tecnici delle sue centrali nucleari hanno ridotto la sua capacità di generazione. La Germania, invece, è un paese che consuma molto gas, acquistandolo soprattutto dalla Russia.
Macron ha detto anche che nelle prossime settimane verranno ultimate le connessioni necessarie all’invio di gas alla Germania, e ha confermato la sua opposizione a un nuovo gasdotto con la Spagna. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, al contrario, è favorevole.
L’ANALISI DI PARSI
Sul Messaggero il politologo Vittorio Emanuele Parsi ha scritto che l’accordo tra Francia e Germania esclude gli altri paesi dell’Unione europea dipendenti dal gas russo e in particolare quelli – come l’Italia – che hanno fatto molto più di Berlino per distanziarsene.
Se infatti nel 2021 la Russia ha rappresentato l’origine del 40 per cento circa delle importazioni italiane di gas, a luglio 2022 la sua quota sul totale si è ridotta al 18 per cento; parallelamente, sono aumentati molto gli acquisti dall’Algeria.