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Che cosa chiede la Cisl per Snam, Italgas, A2a, Hera e Iren?

Per l'Anac presieduta da Raffaele Cantone, i concessionari hanno l'obbligo di esternalizzare l'80% di tutte le attività oggetto della concessione, indipendentemente di chi le svolgerà. Ma questo potrebbe trasformare le aziende in stazioni appaltanti, una prospettiva criticata dalla Cisl

Non trasformare le grandi aziende in stazioni appaltanti. E’ quello che chiede la Flaei Cisl. Perché?

Ecco i dettagli su una questione che sta fa discutere gli addetti ai lavori del settore.

L’interpretazione data da Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione all’articolo 177 del Codice degli Appalti prevede l’obbligo per i concessionari di esternalizzare l’80% di tutte le attività oggetto della concessione, anche nei casi in cui l’attività venga svolta direttamente con proprio personale. Questo avrebbe importanti ripercussioni sul lavoro delle grandi aziende concessionarie, secondo la federazione di settore che fa parte della confederazione guidata da Anna Maria Furlan.

La questione è tecnica, delicata e soggetta, appunto, ad interpretazioni. Il Consiglio di Stato, infatti, sembrerebbe non concordare con quanto detto dall’Autorità, ma quel che è certo è che il Codice avrebbe bisogno di una revisione. Con l’intervento, ovviamente, del governo. Andiamo per gradi.

CHE COSA DICE L’ARTICOLO 177

“Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7, i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del presente codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica, introducendo clausole sociali e per la stabilità del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalità. La restante parte può essere realizzata da società in house di cui all’articolo 5 per i soggetti pubblici, ovvero da società direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedura ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato. Per i titolari di concessioni autostradali, ferme restando le altre disposizioni del presente comma, la quota di cui al primo periodo e’ pari al sessanta per cento”.

LE INTERPRETAZIONI DI ANAC

Partendo dall’articolo, le Linee Guida emanate da Anac (n. 11, delibera del 4 luglio 2018) sostengono che i concessionari avranno l’obbligo di esternalizzare l’80% di tutte le attività oggetto della concessione, anche nel caso in cui tali attività verrebbero svolta da personale interno alla società.

COSA ACCADE SE LA NORMA VENISSE APPLICATA SECONDO LE INTERPRETAZIONI ANAC?

Come si tradurrebbe tutto questo nella pratica? Come spiega oggi sul quotidiano Il Tempo Carlo Meazzi, segretario generale della Flaei Cisl, società come, tra le altre, e-Distribuzione, Snam, Italgas, Hera, Iren, A2a, Acea Distribuzione (Areti), si trasformerebbero “in mere stazioni appaltanti, con tutti i conseguenti riflessi anche in ordine alle difficoltà di finanziamento degli ingenti investimenti necessari per l’ammodernamento e la manutenzione delle infrastrutture energetiche ed ambientali”.

Non solo. Cosa, ben forse peggior, è che verrebbe a mancare la presenza del sistema pubblico nei grandi servizi del nostro Paese e la messa a rischio di decine di migliaia di posti di lavoro. L’applicazione della norma, dunque, si tradurrebbe “nella più grande destrutturazione del sistema delle Utility mai avvenuta”.

I DUBBI DEL CONSIGLIO DI STATO

Se la norma è soggetta ad interpretazione, sembra essere diverso il parere del Consiglio di Stato da quello di Anac. Il Consiglio, infatti, ritiene che ci siano “alcuni dubbi di costituzionalità della norma così interpretata”.

Proviamo a spiegare: “l’obbligo di esternalizzare, per raggiungere la soglia dell’80%, anche attività che potrebbero essere eseguite in proprio avvalendosi esclusivamente della propria organizzazione aziendale, e dei mezzi, strumenti e risorse esclusivamente appartenenti al concessionario, sembra in contraddizione con i principi scaturenti dall’art. 41 cost.”, spiega il Consiglio di Stato.

Si esprimerà su tutto questo una Cabina di regia istituita presso il Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri dall’art. 212 del nuovo codice dei contratti pubblici.

CODICE APPALTI: SERVE UNA REVISIONE

Alla luce di tutto questo appare necessario un intervento normativo, modificando direttamente l’art. 177 del Codice Appalti, alla luce di quanto si legge nell’art. 41 cost. Una soluzione potrebbe essere quella di non applicare la legge al settore di distribuzione elettrica, gas e teleriscaldamento.

Pronta ad una modifica del Codice è anche l’Anac. “E’ diritto del Governo di modificare il Codice degli Appalti, ma invece di fare annunci il codice ha bisogno di un tagliando. Il rischio è che quando si annunciano modifiche queste possono creare un problema nell’amministrazione. I rapporti con Salvini sono di assoluta correttezza”, ha affermato il presidente dell’Anac Raffaele Cantone a margine della presentazione del suo libro a Milano.

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