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Petrolio

Che cosa succederà al petrolio dopo il siluro di Trump all’Iran sul nucleare

Numeri, primi effetti sul prezzo del petrolio, commenti e scenari dopo la decisione del presidente Trump di ritirare gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare con l’Iran La decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di ritirare gli Usa dall’accordo sul nucleare che la precedente amministrazione Obama aveva siglato con l’Iran fa scattare al rialzo…

La decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di ritirare gli Usa dall’accordo sul nucleare che la precedente amministrazione Obama aveva siglato con l’Iran fa scattare al rialzo i prezzi del petrolio.

I NUMERI CON LE ULTIME QUOTAZIONI

Le quotazioni scontano l’escalation delle tensioni geopolitiche. Il contratto Wti scambiato a New York balza di oltre il 2%, a 70,62 dollari al barile, mentre il Brent fa quasi +2,5%, a 76,66 dollari. I livelli sono vicini ai massimi dalla fine del 2014.

QUELLO CHE STA SUCCEDENDO OGGI

Oggi i prezzi del petrolio si sono portati sui massimi de tre anni e mezzo, mentre gli investitori europei cercano di valutare come andrà a impattare sulla produzione il ritiro statunitense dall’accordo su nucleare iraniano. Intorno alle 12.10 ora italiana il barile di Brent con consegna a luglio prezzava a Londra 76,85 dollari, in rialzo di due dollari rispetto alla chiusura di martedì. A New York, invece, il barile di Wti con consegna a giugno saliva di 1,86 dollari a quota 70,92. Intorno alle 9.10 i prezzi erano saliti rispettivamente a 77,20 dollari per il Brent e a 71,17 dollari per il Wti, sui massimi dal novembre 2014.

LO SCENARIO SUL GREGGIO

Ma quale sarà il reale impatto della decisione annunciata ieri da Trump sull’Iran per quanto riguarda il greggio? Molto dipenderà da quale reazione avrà l’Unione europea, sottolineano alcuni osservatori. Nel 2012, quando la Ue scelse di affiancare gli Usa nelle sanzioni, l’export di Teheran si ridusse (sia pure gradualmente) di un milione di barili al giorno, riuscendo a risollevarsi solo da gennaio 2016, con l’entrata in vigore dell’accordo sul nucleare, ricorda Il Sole 24 Ore: “Oggi è più che raddoppiato, a 2,2-2,3 mbg, e addirittura si è spinto a un record di 2,7 mbg il mese scorso, quando si presume che Teheran abbia anticipato di proposito la consegna di alcuni carichi”.

GLI ALTRI IMPATTI SUL MERCATO

L’impatto sul mercato dipenderà dalla disponibilità di altri clienti ad assorbire le forniture eventualmente rifiutate dagli europei e da altri alleati degli Usa, come Giappone e Corea del Sud.

I DANNI COLLATERALI PER LA FRANCIA

Danni più seri si profilano nel lungo periodo, se dovessero risultare scoraggiati gli investimenti stranieri in Iran, come quello di Total, che ha firmato un contratto per sviluppare il giacimento di South Pars. La produzione di Teheran, che in due anni è salita da 2,9 a 3,8 mbg, non solo smetterebbe di crescere ma rischierebbe il declino.

COSA FARA’ L’OPEC?

Sarà rilevante anche osservare la reazione dell’Opec, che potrebbe compensare gli eventuali barili iraniani mancanti riducendo i tagli produttivi che sta effettuando dal 2016 con Mosca e altri alleati, scrive il Sole 24 Ore: “L’Arabia Saudita – l’unico Paese al mondo in grado di accelerare le estrazioni in fretta e in modo consistente – potrebbe anche agire in autonomia, ma non è detto che voglia intervenire: negli ultimi mesi non ha fatto nulla per contrastare il crollo della produzione in Venezuela.

CHE COSA SUCCEDE IN VENEZUELA

In effetti ad accentuare le tensioni sul prezzo del petrolio c’è anche la situazione in Venezuela. La compagnia americana ConocoPhillips, dopo aver vinto un arbitrato internazionale per gli espropri subiti nel 2007 per mano di Caracas, starebbe ora cercando il sequestro di beni di Pdvsa per 2 miliardi di dollari, ha scritto Reuters. A rischio sono gli impianti caraibici della società statale venezuelana – siti di stoccaggio e di lavorazione del greggio indispensabili per le esportazioni, situati nelle isole di Curacao, Bonaire e St. Eustatius – ma anche i carichi già pronti per la spedizione: asset facilmente liquidabili e dunque molto appetibili per i creditori.

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