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Taglio Cuneo Fiscale

Sorpresa, la Lega difende Meloni a spada tratta sul taglio fiscale

Claudio Borghi e Massimo Garavaglia della Lega difendono su Twitter il taglio del cuneo fiscale del governo Meloni dalle critiche delle opposizioni

 

Il taglio del cuneo fiscale più importante degli ultimi decenni. Così Giorgia Meloni ha presentato il taglio del cuneo fiscale presente nel DL Lavoro approvato nel corso del Consiglio dei ministri dello scorso 1° maggio. Un risultato ottenuto grazie all’impiego di più di 4miliardi di euro ricavati dal Def, atto approvato dopo l’inciampo della maggioranza che alla Camera si è vista respingere la risoluzione che autorizzava lo scostamento di bilancio per 3,4 miliardi nel 2023 e 4,5 miliardi nel 2024. Il taglio del cuneo fiscale vale 4 punti per i redditi fino a 35 mila euro lordi e può arrivare a pesare per circa 80-100 euro mensili in busta paga. Il taglio, però, sarà temporaneo e scadrà a fine anno.

IL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE DEL GOVERNO MELONI

Sulla pagina Twitter del senatore della Lega Claudio Borghi è andata in scena un piccolo battibecco tra utenti proprio sulla sostanza della riduzione delle tasse. Con il Dl Lavoro il governo ha rifinanziato il taglio del 2% introdotto dal governo Draghi fino ai 35 mila euro e ha incrementato questa riduzione al 3% fino a 25 mila euro, per un costo complessivo di circa 5 miliardi. In totale il taglio per quest’anno vale 8,5-9 miliardi. Così un utente, riportando i dati del Corriere della Sera, sottolinea che il taglio del Governo Meloni arriva solo terzo dopo i tagli del Governo Draghi e Renzi. Il primo, secondo i calcoli del Corriere che include anche i fondi aggiunti all’Assegno Unico, ammonta a 15-16 miliardi di euro. Per il secondo, invece, stando ai dati dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UPB) riportati dal Corriere, il costo di ammontava a oltre nove miliardi di euro.

BORGHI DIFENDE LE PAROLE DI GIORGIA MELONI SUL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE

“Quello che dice Meloni però è assolutamente vero: “il più grande taglio di tasse SUL LAVORO degli ultimi decenni” dato dalla somma di questo intervento più prima tranche in legge di bilancio (Meloni lo specifica) – scrive l’economista Borghi -. In precedenza, con importi simili c’è stato un taglio generalizzato dell’IRPEF fatto da Draghi in pandemia, quindi senza vincoli, ma non si tratta di un taglio “sul lavoro”, bensì generico e ci sono stati gli 80 euro di Renzi che però tecnicamente sono un pagamento, non un taglio di tasse, tant’è vero che la contabilità lo ha registrato come spesa, non come taglio tasse. Pertanto, quanto detto da Meloni è vero. Ed è un fatto, non un’opinione”.

L’INTERVENTO DI GARAVAGLIA

Agli utenti che lo incalzavano il senatore della Lega aggiunge che l’Eurostat ha chiesto al nostro paese di considerare il bonus Renzi (il credito Irpef pari a un massimo di 640 euro, ossia 80 euro al mese) come maggiore spesa, per le casse dello Stato, e non come taglio delle tasse.

Su quest’ultimo punto interviene anche il senatore leghista Massimo Garavaglia, già sottosegretario all’Economia. “Il bonus Renzi viene fatto così, spesa e non riduzione tasse, proprio per poter scrivere in busta paga bonus Renzi – scrive Garavaglia -. A proposito di propaganda…”

IL RAGIONAMENTO DEL DIRETTORE DI OPEN SUL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE

A confermare, parzialmente, il ragionamento dei due parlamentari leghisti, e delle dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, anche il direttore responsabile di Open, Franco Bechis, il quale però fa una premessa importante. “La Meloni non ha tagliato le tasse sul lavoro, ma i contributi previdenziali sul lavoro che sono un’altra cosa – scrive l’ex direttore di Verità&Affari -. Anche Renzi con i suoi 80 euro non tagliò tasse, ma sussidiò una parte dei lavoratori facendo pagare allo Stato quegli 80 euro che infatti risultarono un aumento della spesa pubblica”. Passando poi dalla forma alla sostanza, i numeri sembrano dare ragione alla Premier. Il valore “teorico” su base annua della misura del governo Meloni è di circa 8,128 miliardi di euro. Superiore al taglio operato da Draghi e inferiore a quello di Renzi. “La Meloni però dal primo gennaio aveva già tagliato di due punti i contributi previdenziali riducendo quindi il cuneo fiscale e contributivo. Sul 2023 quindi la sua manovra di riduzione vale 9,064 miliardi di euro – scrive il direttore di Open -. Alla pari con gli 80 euro di Renzi e superiore alle manovre di Draghi e Berlusconi. Solo se i due successivi tagli fatti fossero validi su un anno intero, e quindi venissero prorogati per tutto il 2024, la Meloni avrebbe ragione a rivendicare il suo primato di riduzione della pressione fiscale e contributiva. In quel caso, infatti, ai 5 miliardi bisognerebbe sommare su tutto l’anno gli 8,128 miliardi del taglio del primo maggio che tanto varrebbe su base annua. In tutto farebbero 13,128 miliardi e sarebbero sì «il più importante taglio delle tasse sul lavoro degli ultimi decenni”.

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