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Riapertura Strade Sicure

Riapertura, com’è andata? Ecco le regole. Regione per regione

Riapertura. L'approfondimento di Carlo Terzano per Start

Alla fine il 18 maggio, il giorno della riapertura, è arrivato. L’app Immuni, i tamponi e il decreto Rilancio no, ma il Paese è comunque entrato nel pieno della Fase 2, quella che lo stesso Giuseppe Conte ha in più occasioni definito “di convivenza con il Coronavirus”. Tra paure, dubbi, regolamenti non univoci (a questo proposito, abbiamo provato a raccoglierli in calce al pezzo), gli esercenti hanno tirato nuovamente su le serrande e provato a ripartire. Com’è andata?

I SETTORI PIÙ COLPITI? QUELLI DEL MADE IN ITALY

Una interessante ricerca dell’Ufficio Studi MedioBanca rivela, tra le altre cose, come il morbo abbia colpito chirurgicamente i settori su cui poggiava, ahinoi, proprio l’economia italiana e, in particolare, il made in Italy. Quel “buono e ben fatto” (BBF) cui Confindustria annualmente dedica un report e che si compone del segmento del lusso particolarmente amato all’estero e che, per nostra sfortuna, orbita proprio attorno a Milano e alla Lombardia, epicentro fisico della pandemia europea: moda, food, design, mobili. Insomma, per il nostro Paese un doppio KO, sanitario ed economico. Non ci può essere ripresa, quindi, se non ripartono quei comparti.

CONFCOMMERCIO: CON IL LOCKDOWN CONSUMI A -47,6%

Risalire la china non sarà facile. Sapevamo che la flessione del 30,1% registrata nel mese di marzo fosse solo l’inizio della caduta, ma i dati di Confcommercio relativi ad aprile (qui il report per intero) sono comunque un pugno nello stomaco. Rispetto al medesimo periodo del 2019, il crollo infatti è del 47,6%. “Il crollo dei consumi del 47,6% – si legge -, è rappresentativo di un mese in cui quasi tutte le attività, ad esclusione di quelle considerate necessarie, sono state sospese e la mobilità personale fortemente ridotta. Il risultato è stato una caduta della domanda le cui dimensioni non si ritrovano in tempi di pace. Ampliando lo sguardo a cosa è accaduto nel periodo di lockdown si rileva nel complesso del secondo bimestre, nel confronto con lo stesso periodo dello scorso anno, un calo del 38,9% dei consumi, dato che si riuscirà a recuperare solo in parte nei prossimi mesi. I più penalizzati continuano a risultare i servizi e in particolare quelli relativi al tempo libero”.

COSA DICE FEDERMODAITALIA

Mentre attendiamo che riparta l’export, occhi puntati su Milano e su ciò che la caratterizza, a iniziare dai negozi della moda. Secondo quanto comunica FedermodaItalia, oltre il 90% del fashion retail ha riaperto in sicurezza. “La partenza per certi aspetti è stata incoraggiante e ha evidenziato come sia forte il desiderio di ritorno alla normalità con il piacere di effettuare un primo acquisto. Tra i prodotti più richiesti intimo, pantaloni e camicie, scarpe e accessori”.

FEDERMOBILI: “DIFFICOLTÀ NELLA SANIFICAZIONE”

L’altro comparto su cui poggia l’economia Lombarda e che, per questo, deve ancora assorbire l’impatto della cancellazione del Salone del Mobile, è quello del design. Lato esercenti, Federmobili riporta che ieri “la quasi totalità dei negozi di arredamento ha riaperto le porte al pubblico nella giornata di martedì 19 maggio contro l’80% della prima giornata”. Ma non mancano le critiche: “Una delle difficoltà maggiori incontrate dagli operatori è stata capire come procedere per un’adeguata sanificazione dei locali e dei prodotti in esposizione, come pure organizzare gli spazi riservati agli uffici di progettazione accessibili al cliente rispettando i distanziamenti prescritti”.

FIPE: “PER BAR E RISTORANTI PARTENZA LENTA, DIPENDENTI A CASA”

Parla di “avvio è lento” FIPE per quanto concerne il settore della ristorazione: “Ha aperto il 70% dei bar e dei ristoranti, tutti ben equipaggiati di mascherine e gel disinfettanti”. Viene poi sottolineato il fatto che la riapertura sia avvenuta “con personale ridotto: il 40% dei dipendenti (pari a circa 400mila unità), infatti, è rimasto a casa”. E per quanto riguarda le precauzioni e le paratie in plexiglass: “tanti sono i titolari che utilizzano i divisori all’interno del ristorante, soprattutto nell’area cassa, quasi nessuno sui tavoli”.

“NON RIAPRIAMO OGGI PER FALLIRE DOMANI”

Dati tutto sommato in linea con il sondaggio che Confesercenti aveva commissionato a SWG prima della riapertura secondo cui almeno 3 imprenditori su 10 sarebbero rimasti chiusi per la confusione legislativa, l’onerosità delle misure di sicurezza e le tante incertezze sui guadagni. A Milano, in zona Arco della Pace, a Nord di Parco Sempione, prosegue il sit in degli esercenti della ristorazione. Alcuni rimangono persino nottetempo, in tenda. Lo scorso week end la protesta, sempre sotto forma di sit in per rispettare le norme anti assembramento, si è spostata di fronte alla stazione Centrale al grido: “Non riapriamo oggi per fallire domani”. Molti denunciano soprattutto di avere anticipato i soldi della cassa integrazione ai propri dipendenti in attesa dell’erogazione del decreto Cura Italia. E intanto, a ormai una settimana dalla presentazione del dl Rilancio da 55 miliardi, il testo ancora non si vede.

PRIMO GIORNO SENZA SUSSULTI

Sempre secondo Confesercenti, il giorno della riapertura dei negozi, bar e ristoranti non ha fatto registrare risultati brillanti, con vendite rimaste “ben al di sotto della normalità pre-lockdown”. A pesare “un movimento della clientela ancora molto ristretto, su cui incide lo stop al turismo, la chiusura delle scuole e la ripresa ancora modesta delle attività negli uffici”. Mancanze “particolarmente evidenti nei centri storici delle grandi città, nei quartieri direzionali e, ovviamente, nelle località ad alto interesse turistico. Meglio vanno invece le attività di vicinato nei quartieri, le cui vendite rimangono fiacche ma che vedono un primo risveglio della domanda dei residenti”.

CONFESERCENTI: “NORME CHIARE SOLO SULLE SANZIONI”

Abbiamo parlato di città d’arte ancora prive di turisti. Critiche molto dure sulla gestione della Fase 2 arrivano dal Presidente della Confesercenti di Roma, Valter Giammaria: “Occorre porre subito ulteriori rimedi semplificando ulteriormente le procedure per la ripartenza, paradossalmente chiare, neanche a dirlo, soltanto nella parte sanzionatoria. Sarebbe opportuno che in questa fase di riorganizzazione delle attività si evitasse di usare la mano pesante, con l’elevazione di verbali per dettagli spesso formali e comunque, non riconducibili ad aspetti sostanziali. Occorre, inoltre, far pervenire subito le risorse economiche a fondo perduto promesse alle attività, favorendo la ripresa”.

QUALCHE NUMERO DA ROMA

Focalizzandoci sulla situazione nella capitale, sempre Confesercenti stima la riapertura di circa il 90% dei bar, il 60% dei negozi della ristorazione, mentre le altre attività di commercio e servizi si attestano su circa il 70% a seconda delle zone. “Il fatturato che si registra in queste prime ore di ripresa è praticamente non pervenuto. Timidissimi segnali arrivano da alcune zone e in particolar modo, dalla clientela affezionata. Del resto con le scuole chiuse, il ricorso allo smart working, il blocco del turismo, internazionale e nazionale, la ripresa dei consumi rischia di essere molto limitata per un lungo periodo”.

UNA GIUNGLA DI ORDINANZE

La riapertura è stata resa ancora più difficile dal fatto che ciascuna Regione abbia legiferato in maniera sensibilmente diversa rispetto alle confinanti. Ciò che vale in Lombardia, insomma, potrebbe essere sanzionato in Piemonte, in Veneto o in Emilia Romagna. Ecco allora i testi cui fare riferimento.

REGIONE ABRUZZO

REGIONE BASILICATA

REGIONE CALABRIA

REGIONE CAMPANIA

REGIONE EMILIA ROMAGNA

REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA

REGIONE LAZIO

REGIONE LIGURIA

REGIONE LOMBARDIA

REGIONE MOLISE

REGIONE PIEMONTE

REGIONE PUGLIA

REGIONE SARDEGNA

REGIONE SICILIA

REGIONE TOSCANA

REGIONE UMBRIA

REGIONE VALLE D’AOSTA

REGIONE VENETO

 

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