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Repubblica e Stampa made in Elkann incartano Conte?

Come i quotidiani di proprietà di John Elkann - Repubblica di Molinari e Stampa di Giannini - descrivono e analizzano il governo Conte.

Sta decisamente cambiando per Conte l’aria a Torino, dove John Elkann, da editore forte come ha voluto apparire, ha mandato dalla mattina alla sera un nuovo direttore a RepubblicaMaurizio Molinari – e richiamato alla Stampa da Roma, per succedergli, Massimo Giannini. Che ha tenuto a ricordare di essere stato accolto la prima volta alla Stampa dall’avvocato Gianni Agnelli in persona, di cui Elkann è nipote.

Ha colpito il distacco improvviso – pur mitigato dalle origini lontane della “fragilità del nostro Paese” – che ha preso ieri dal presidente del Consiglio nel suo appuntamento domenicale con i lettori il fondatore e in qualche modo garante dell’anima di Repubblica Eugenio Scalfari. Il quale, dopo essersi tanto speso per Giuseppe Conte nei mesi e nelle settimane precedenti, paragonandolo prima al conterraneo e compianto Aldo Moro, poi a Camillo Benso di Cavour e in qualche modo persino al suo amatissimo amico Papa Francesco, ne ha improvvisamente e impietosamente registrato la “incerta posizione” nell’attuale scenario politico. Dove le turbolenze permangono nonostante il minaccioso avvertimento del capo dello Stato che manderà gli italiani alle urne in autunno, anche in mascherina, se gli dovesse scoppiare tra le mani e i piedi una crisi “al buio”.

Riconosciutogli il merito di essersi riscattato nella scorsa estate, rompendo con Matteo Salvini, dai troppi mesi in cui aveva fatto praticamente a Palazzo Chigi “il burattino” del leader leghista e dell’allora capo formale delle 5 Stelle Luigi Di Maio, il decano ormai del giornalismo politico italiano ha lamentato che la posizione di Conte si sia resa “alquanto più complicata” nella maggioranza giallorossa per il “risorgimento sia pure parziale di Matteo Renzi”. “A questo siamo arrivati”, ha chiosato Scalfari, deluso evidentemente sempre di più del senatore toscano, a suo tempo, quand’era contemporaneanente segretario del Pd e presidente del Consiglio, da lui consigliato anche nelle letture.

Il guaio, però, per Conte e per Scalfari, è che a complicare la vita del presidente del Consiglio, più ancora di Renzi, siano l’epidemia virale, i suoi effetti e le ambiguità, a dir poco, del principale partito della maggioranza: quei grillini divisi, per esempio, tra chi è disposto a rassegnarsi a usare aiuti, crediti e quant’altro dall’Unione Europea e chi vi sputa sopra, o quasi, in concorrenza con l’ex alleato Salvini e la sorella dei fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

Più realisticamente e impietosamente ha richiamato questa ed altre realtà nel suo editoriale festivo il nuovo direttore della Stampa descrivendo da Torino “la fase due” dell’emergenza virale “tra Babele e Bisanzio”. Si è chiesto ad un certo punto Giannini, pur nella consapevolezza dello stato di “necessità” in cui si trova l’attuale governo, in un orizzonte sinora privo di alternative concrete, se sia “davvero impossibile” attendersi una seria regìa del “decisore politico”, senza scaricare sui cittadini la responsabilità delle scelte. E si è dato alla fine una risposta desolante scrivendo, testualmente: “Dal premier Conte ci aspetteremmo scelte politiche chiare e forti, non banali consigli da psicologo della domenica su come gestire le nostre paure”. E ciò anche perché ad un certo punto “l’emergenza Covid passerà, mentre l’emergenza economica durerà” e “nella tempesta, alla lunga, non si galleggia, si affoga”.

Ah, brutta aria, ripeto, a Torino. Ma forse anche a Milano, vista “l’ambiguità grillina” lamentata dal Corriere della Sera, e il conseguente indebolimento del Paese e del governo, pur festanti ora per il ritorno dalla Somalia dell’ex rapita Silvia Romano, adesso Aisha.

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