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Popolare Di Bari

Banca Popolare di Bari, ecco il prossimo profondo rosso

Il caso Popolare di Bari: fatti, numeri e prossime perdite. L'approfondimento di Fabio Pavesi

 

Tocca alla Banca Popolare di Bari venire salvata. E così si ripropone inalterato il consueto film delle crisi bancarie italiane che finisce per recitare sempre lo stesso copione: crediti allegri agli amici degli amici o comunque a soggetti, spesso immobiliaristi d’assalto, senza capitali propri e con grandi rischi operativi; quei prestiti con il tempo non rientrano, diventano sofferenze, cominciano le svalutazioni ma molta polvere resta sotto il tappeto perché se si svalutasse correttamente emergerebbero gravi perdite che è meglio occultare.

Poi la slavina diventa non più contenibile dai semplici magheggi di bilancio. Il bubbone esplode, ma il fuoco divampava da tempo. Con un patrimonio sceso sotto i limiti regolamentari ecco la richiesta di soccorso esterno. Con azionisti e obbligazionisti subordinati che finiscono di fatto azzerati.

Un copione che si perpetua e che è andato in scena a Genova alla Carige; a Siena con Mps, in Veneto con le due Popolari. Ora è la volta della Popolare gestita per oltre mezzo secolo dalla famiglia Jacobini.

Il canovaccio non si discosta per nulla dalle altre crisi. Crediti facili a chi non sarà in grado di onorarli; sofferenze che superano il livello di guardia; aumenti di capitale, pagati dai soci, a prezzi che valevano due tre volte il vero valore della banca.

E la pioggia di svalutazioni sui crediti malati che crea i primi maxi buchi nei conti. Ora senza il solito soccorso esterno la Banca Popolare di Bari è spacciata.

I requisiti patrimoniali con il Cet 1 sceso al 6% dopo la maxi-perdita da oltre 400 milioni del 2018 non rispettano più i criteri della Vigilanza. Occorre una nuova iniezione di denaro fresco.

Che la Popolare barese nonostante le continue cessione di sofferenze negli ultimi due tre anni, navighi in acque turbolente non dovrebbe essere un mistero.

TANTE CESSIONI MA TUTTORA CREDITI MALATI

Tuttora secondo l’ultimo bilancio di giugno 2019 ha in pancia ben 2 miliardi di crediti deteriorati lordi, oltre il 20% degli impieghi, un livello più che doppio della media del sistema bancario italiano. L’ultima svalutazione importante dei crediti ammalorati è del 2018 ed è pesata per 245 milioni.

È stato l’anno della perdita per oltre 400 milioni della banca. Quella che di fatto ha scoperchiato la pentola. Ma tardi troppo tardi, dato che la crisi viaggiava in realtà da tempo.

Pur cumulando sofferenze e incagli a velocità e intensità del tutto fuori controllo, la Popolare di Bari guidata da sempre dalla famiglia Iacobini, effettuava rettifiche sui crediti ammalorati troppo basse per essere realistiche.

NEL PASSATO SOFFERENZE MAI SVALUTATE DEL TUTTO

Tra il 2016 e il 2017, in interi 2 anni, pur con un quarto del portafoglio crediti di difficile rientro, le rettifiche sono state di meno di 150 milioni cumulati. Per trovare una pulizia più fattiva di oltre 200 milioni occorre risalire al 2015 quando ci fu l’impatto dei crediti marci dell’acquisita Tercas.

Molta polvere (leggi sofferenze non adeguatamente rettificate) è stata lasciata sotto il tappeto. Si evitava di far vedere le perdite reali, nel mentre si chiedevano soldi al mercato.

IL VALORE DELLE AZIONI PROPOSTO

L’ultimo aumento di capitale del 2015 vide i soci comprare le azioni a 8,95 euro, con una valorizzazione della banca barese che superava e di molto il patrimonio netto. Questo quando l’universo delle banche quotate italiane valeva meno della metà del suo patrimonio netto.

GLI ACCANTONAMENTI SUI CREDITI DETERIORATI 10 PUNTI SOTTO LA MEDIA DEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO

Ora però il maquillage contabile, quello di sottostimare le rettifiche sui crediti malati, mostra la corda. La Popolare ha tuttora, e ormai non è più credibile, un tasso di copertura dei crediti deteriorati di solo il 39%. Di quei 2 miliardi di sofferenze e incagli lorde sono state svalutati solo 800 milioni, tanto che i crediti malati netti sono di 1,2 miliardi e pesano tuttora per il 15% del portafoglio impieghi: un livello oltre ogni allarme rosso.

DOPO GLI OLTRE 400 MILIONI DI BUCO DEL 2018 ARRIVERÀ UNA NUOVA GRANDE PERDITA

Se solo la Bari si uniformasse alla media del tasso di accantonamento del sistema bancario italiano che è al 49% dieci punti sopra la Bari, si aprirebbe una voragine di almeno altri 200 milioni di perdite.

E allora la maxi-perdita del 2018 sarà di fatto solo l’antipasto di un nuovo grande buco nei conti del 2019.

CRISI SOTTOSTIMATA ANCHE DALLE AUTORITÀ

Resta sullo sfondo la pantomima di una crisi visibile da tempo già dai bilanci pubblici che vedevano sofferenze fuori controllo e rettifiche del tutto inadeguate, e su cui molti, a partire dagli organi di Vigilanza hanno preferito soprassedere nell’attesa che qualcosa cambiasse.

Ma come si è visto in tutte le crisi lasciar correre il tempo senza intervenire non fa che acuire l’agonia. E come nelle sceneggiature delle crisi ecco andare in onda tutti i capitoli.

Clienti in uscita con la raccolta diretta che flette, ricavi in forte calo; impieghi che dimagriscono. E azionisti e obbligazionisti imbrigliati nell’impossibilità di vendere i titoli della banca comprati a caro prezzo.

(Estratto di un articolo pubblicato su affaritaliani.it)

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