“Lo stato italiano svolge un ruolo chiave nella maggior parte delle operazioni in cui si riscontra un incrocio sino-russo”, sia in veste di partner, di regolatore o di arbitro degli investimenti diretti esteri. È la conclusione di un rapporto della Hanns Seidel Foundation, centro di ricerca tedesco di orientamento conservatore, presentato il 30 novembre a Roma, presso la Fondazione Luigi Einaudi.
Il rapporto – intitolato Sino-Russian Economic Collaboration in Italy in 2014-2023 – si concentra anche su Pirelli, l’azienda di pneumatici amministrata a lungo da Marco Tronchetti Provera (oggi vicepresidente esecutivo) che lo scorso giugno è stata interessata dal golden power: il governo è intervenuto con i poteri speciali per limitare il ruolo degli azionisti cinesi di CNRC/Sinochem e tutelare le tecnologie critiche della società.
Ma la presenza cinese – e in precedenza russa – in Pirelli non sarebbe stata possibile “senza il pieno consenso delle autorità italiane”, si legge nello studio.
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LA RUSSIA IN PIRELLI
La Russia entra in Pirelli nel 2014 attraverso Rosneft, compagnia petrolifera statale, che acquisì il 13 per cento dell’azienda milanese dalle banche Intesa Sanpaolo e UniCredit. La governance, però, restò in mano agli azionisti italiani: ovvero Camfin, la holding di Tronchetti Provera. Le due banche ritenevano che la vendita a Rosneft fosse un buon affare e che ci fossero delle “sinergie” – si legge nel rapporto – tra la società russa e quella italiana, che peraltro già collaboravano in Russia sulla ricerca di materiali.
L’INGRESSO DELLA CINA
Un anno dopo, nel 2015, la compagnia chimica cinese ChemChina comprò una quota del 26,2 per cento di Pirelli da Camfin: al momento dell’annuncio italo-cinese, Rosneft precisò di non avere intenzione di uscire dall’azionariato. A quel punto Pirelli divenne “un caso di coesistenza di russi e cinesi nella struttura proprietaria di un grande soggetto industriale italiano. Infatti, Pirelli è forse il caso più eclatante di situazione triangolare Russia-Cina-Italia”.
L’INTERVISTA DI SECHIN (ROSNEFT) AL SOLE 24 ORE
Gli autori del rapporto motivano questa affermazione ricordando un’intervista del 2016 di Igor Sechin al Sole 24 Ore, dove l’amministratore delegato di Rosneft esprime soddisfazione per la composizione sino-russa di Pirelli, che a suo dire rappresentava “un esempio unico del nuovo business-pensiero euro-asiatico. In cooperazione con noi, la compagnia italiana non ha soltanto ristrutturato con successo il proprio indebitamento, ma ha anche ottenuto dalla Cina un investitore strategico, e prospettive di sviluppo assolutamente nuove”.
“Quanto è avvenuto è stato”, proseguiva Sechin al quotidiano, “lo sbocco sui cruciali mercati dell’area Asia-Pacifico di moderne tecnologie europee supportate dal potenziale delle risorse russe e dalle disponibilità finanziarie della Cina. Ora l’approfondimento della partnership con Pirelli e ChemChina aprirà anche per Rosneft ulteriori occasioni di sviluppo, reciprocamente vantaggioso”.
In sostanza, per Sechin rappresentava il centro di un rapporto triangolare tra tecnologia italiana, risorse russe (la gomma sintetica utilizzata per gli pneumatici) e capitali cinesi. Non era dunque importante solo la co-proprietà dell’azienda, ma anche i suoi mercati di destinazione e quelli di approvvigionamento dei materiali.
L’INTERVENTO DEL GOVERNO MELONI
Il caso di Pirelli viene definito “iconico” dalla Hanns Seidel Foundation anche per l’intervento governativo via golden power dello scorso giugno, volto a limitare i diritti di voto dell’azionista statale cinese Sinochem (la società si è fusa con ChemChina nel 2021) e a proteggere il know-how.
Circa un mese dopo, a inizio luglio, la società d’investimento russa Tacticum Investments – azionista di lungo corso di Pirelli – annunciò l’azzeramento della sua partecipazione, che si aggirava intorno al 4,2 per cento.
L’ITALIA CONTRO IL BLOCCO ALLA GOMMA SINTETICA RUSSA
“Uno degli aspetti più intriganti di questa vicenda”, afferma il rapporto tedesco, è che all’inizio del 2023 le autorità italiane si sono opposte alle restrizioni europee alle importazioni di gomma sintetica dalla Russia (una ritorsione commerciale per l’invasione dell’Ucraina).
“Sebbene l’Italia non sia stata l’unico paese a sostenere questa posizione contro le restrizioni alle importazioni di gomma sintetica”, si legge nello studio, “è un dato di fatto che i suoi rappresentanti a Bruxelles, intervenendo in soccorso di Pirelli, non stavano sostenendo solo le posizioni italiane, ma anche quelle russe”.