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Coco Bond

Perché fanno paura i Coco Bond

Il caso Coco Bond dopo Credit Suisse e Deutsche Bank. L’articolo di Emanuela Rossi

Non si placa l’eco del salvataggio di Credit Suisse da parte di Ubs per 3 miliardi di franchi. In particolare a far discutere – tanto da arrivare a parlare di azioni legali – l’azzeramento delle obbligazioni Additional Tier-1 (AT1), i cosiddetti coco bond, per circa 16 miliardi di franchi, operato dalla Finma, l’autorità di vigilanza indipendente sul mercato finanziario elvetico.

COSA SONO LE OBBLIGAZIONI AT1 O COCO BOND

Gli At1 (Additional Tier-1) sono obbligazioni contingent convertibles ossia obbligazioni ibride convertibili che, in determinate condizioni, si trasformano in azioni quindi in capitale della banca che li ha emessi. In tal modo viene alleggerita l’esposizione debitoria. Secondo quanto spiegato dalla Finma in Svizzera gli At1 sono concepiti in modo tale da essere ammortizzati o convertiti in fondi propri di base prima che il capitale della banca interessata sia integralmente esaurito o ammortizzato. In genere, proprio a causa del profilo di rischio e della struttura, questi strumenti – emessi pubblicamente dalle grandi banche – sono detenuti perlopiù da investitori istituzionali.

CON I COCO BOND BANCHE PIÙ FRAGILI?

Ciò che è accaduto in questi giorni ha portato ad interrogarsi sull’impatto che questi strumenti possono avere sui bilanci delle banche. Secondo Stefano Feltri, direttore di Domani, i coco bond “sono l’anello d congiunzione tra la crisi del 2023 e quella del 2008 cioè tra il tracollo delle banche di oggi e quello di ieri, ai tempi di Lehman Brothers”. Se all’epoca il problema era che gli istituti di credito finivano con l’accumulare troppo debito e poi – too big to fail – doveva intervenire lo Stato, con la soluzione degli At1 la questione non si ripropone anche perché si costringono i creditori “a rafforzare la banca ai primi segnali di fragilità del bilancio molto prima che si arrivi a mettere a rischio i soldi dei contribuenti”.

Dunque le banche diventano più solide o più attratte dal rischio? Secondo Feltri occorre valutare se – in caso di conversione – gli azionisti ci guadagnano o ci perdono: se i soci vengono diluiti (con il debito che si trasforma in azioni) ricevono meno dividendi; se invece a rimetterci sono solo i creditori allora gli azionisti sono ben lieti di aumentare i rischi.

Uno studio della Bank of England, effettuato nel 2017 relativamente al mercato inglese, il maggiore per i coco bond, concludeva che l’emissione di questi strumenti ha un effetto positivo “sul disciplinare i comportamenti delle banche rispetto al rischio”.

FINMA: AZZERAMENTO OBBLIGAZIONI? SEGUITE REGOLE

Per quanto riguarda ciò che è accaduto nel caso di Credit Suisse, a detta della Finma l’azzeramento del valore delle obbligazioni At1 è avvenuto secondo le regole in quanto i coco bond prevedono per contratto l’annullamento integrale del valore se si verifica un evento scatenante, in particolare se viene concesso un sostegno straordinario da parte dello Stato. “Visto che il 19 marzo 2023 sono stati concessi a Credit Suisse mutui a sostegno della liquidità con garanzia della Confederazione in caso di dissesto, queste condizioni contrattuali risultavano compiute” ha chiarito l’Autorità in una nota. Sempre il 19 marzo, poi, “il Consiglio federale ha posto in vigore l’ordinanza di necessità concernente mutui supplementari a sostegno della liquidità e la concessione da parte della Confederazione di garanzie in caso di dissesto per mutui a sostegno della liquidità erogati dalla Banca nazionale svizzera a banche di rilevanza sistemica”.

Peraltro “ai sensi dell’ordinanza, la Finma può ordinare al mutuatario e al gruppo finanziario di ammortizzare fondi propri di base supplementari”. Secondo il direttore Urban Angehrn “è stata trovata una soluzione per tutelare i clienti e i mercati. In questo contesto, era importante che l’attività operativa di Credit Suisse venisse mantenuta senza interruzioni e senza intoppi”.

QUANTI SONO I COCOBOND IN PANCIA ALLE BANCHE EUROPEE

Ma questi coco bond quanto sono diffusi in Europa? Secondo ciò che si legge in un report di Bloomberg ce ne sono oltre 110 milioni di dollari nelle casse dei principali istituti di credito.

La più esposta è Hsbc con 19,7 milioni di dollari seguita da Barclays con 16,1 milioni. Non distanti Ubs con 12,8 milioni, Bnp Paribas con 12,3 milioni e Société Generale con 10,7 milioni mentre si scende sotto la decina con Santander (9,4 milioni), Deutsche Bank (9 milioni), Intesa Sanpaolo (7,6 milioni), prima tra le italiane, Ing (6,7 milioni), Unicredit e Standard Chartered (6,4 milioni), Bbva (5,5 milioni), Lloyds (5 milioni), Natwest (4,7 milioni), Nordea Bank (3,5 milioni), Skandinaviska Enskilda Banken (1,3 milioni).

Se ad Hsbc spetta il primo posto nella classifica per l’esposizione, non altrettanto avviene in quella sul rapporto tra coco bond e Cet1: qui la palma va a Ubs (28,3%) che è tallonata da Barclays (28,2%). Più distanziate Société Generale (20,7%), Standard Chartered (19%), Deutsche Bank (I17,7%) quasi appaiata con Intesa Sanpaolo (17,6%). Seguono Hsbc (16,6%), Natwest (15,5%), Nordea Bank (13,7%), Ing (13,3%), Lloyds (13,1%), Bnp Paribas (12,7%) e Bbva (12,2%). Agli ultimi posti della graduatoria Santtander (11,9%), Unicredit (11,8%) e Skandinaviska Enskilda Banken (8,9%).

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