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Open to Facebook

Il fact checking di Open finanziato da Facebook coccola Facebook. La lettera di Claudio Trezzano

 

Caro direttore,

so che sto diventando assillante, ma è da qualche ora – per la precisione, da quando ho letto questo articolo di Open – che ho una domanda che mi assilla: perché non abbiamo anche noi qui su Start Magazine una sezione dedicata al fact checking come Open, il giornale scritto da giornalisti giovanissimi e fondato e diretto da giornalisti un po’ meno giovani come, rispettivamente, Enrico Mentana e Franco Bechis?

Tu non sai il servizio reso al lettore con articoli che smontano le truffe che circolano online. E non mi dire che sulle fake news sulla guerra in Ucraina prima e a Gaza poi hai dedicato  su Start Magazine decine di articoli, approfondimenti, interviste e podcast. Perché io qui parlo di cose che interessano davvero al grande pubblico e che magari finiscono pure per turlupinarlo, come la catena di Sant’Antonio condivisa da utenti Facebook “spaventati – leggo da Open – dalla possibilità che un certo punto il social di Mark Zuckerberg possa iniziare ad addebitare loro 4,99 dollari al mese e a usare le loro foto, di mia proprietà e non di Facebook”.

Ecco, mentre tu mettevi all’opera i tuoi giornalisti sui soliti argomenti economici, finanziari, geopolitici triti e ritriti, sul giornale di Mentana si faceva luce sull’attendibilità della catena di Sant’Antonio. E vuoi sapere cosa ha rivelato l’inchiesta di Open? Che come tutte le altre catene circolate in questi anni su Facebook (e sul pagamento di WhatsApp, per restare nel gruppo Meta) era completamente falsa. Anzi, direi che tutte le catene di Sant’Antonio, indipendentemente dall’argomento, lo sono. Ma è sempre giusto dedicarci un articolo.

So che starai alzando gli occhi al cielo desideroso di tornare al tuo lavoro. Ma ti chiedo ancora un po’ di pazienza perché ho un’altra domanda: perché oltre a darci anche noi al fact checking, non ci facciamo finanziare pure noi da Facebook, sempre sulle orme di Open? Sì, non ci credi? C’è scritto tutto qui, in quello che un tempo si sarebbe chiamato colophon.

Certo, è curioso che Open faccia fact checking su Facebook, a favore di Facebook, ricevendo soldi da Facebook, ma so che non vuoi sentire dietrologie, non vuoi nemmeno sentir parlare di conflitto di interessi e dici sempre che bisogna attenersi ai fatti perché tutto il resto è mero chiacchiericcio; però dai, questa volta è un po’ strano sul serio, non trovi?

Quel che è certo, è che se noi ci ostineremo a dire che il metaverso è un flop, che Meta (la holding di Facebook, Instagram, WhatsApp…) sulle potenzialità di questa indefinibile tecnologia sta facendo solo pubblicità nella speranza di attrarre pubblico e investitori e che pure il Meta Quest 3 giace polveroso sugli scaffali, Facebook non ci darà mai il becco di un quattrino. E le vere inchieste, il vero servizio pubblico, stanno altrove, come dimostrano gli articoli della testata di Bechis e Mentana.

Pensaci, direttore.

Cari saluti,

Claudio Trezzano

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