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Mps

Ecco come Mediobanca offre Mps a Unicredit, Bpm e non solo

Secondo Mediobanca, chi si fonderà con Mps potrà beneficiare di crediti fiscali legati alle pesanti perdite della banca senese. Unicredit o Banco Bpm si faranno convincere da Mediobanca e Mef? Fatti, nomi, numeri e indiscrezioni

 

Grandi manovre, e grandi preoccupazioni, per il futuro del Monte dei Paschi di Siena. Ecco tutte le ultime novità sul gruppo che sarà in perdita fino a tutto il 2022, come hanno sottolineato i vertici di Mps (qui l’approfondimento di Start Magazine)

IL PUNTO SUL MONTE

Il destino di Mps torna sotto i riflettori con il ministero dell’Economia retto da Roberto Gualtieri (Pd) per trovare un futuro all’istituto senese, come promesso alla Ue, visto che il Tesoro dovrà scendere nell’azionariato del Monte.

I RUMORS DI BLOOMBERG E REPUBBLICA SU MPS

Le voci, riportate ieri da Bloomberg e Repubblica, di contatti tra gli uomini del Mef e Unicredit, candidato ideale per una collocazione di Siena, hanno avuto l’effetto ieri di far decollare il titolo del Monte dei Paschi di Siena (+3,9% a 1,34 euro) e zavorrare quello di Unicredit (-1,9% a 6,96 euro).

LA POSIZIONE DI UNICREDIT

Il gruppo bancario guidato dall’ad, Jean-Pierre Mustier, ha opposto come al solito un “no comment” ai rumor, limitandosi a ricordare come Mustier abbia sempre escluso dall’orizzonte del suo piano l’M&A.

LA NEUTRALITA’

Non si sa se il capo azienda di Unicredit, alla luce anche del blitz di Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, possa tornare sui suoi passi. Ma condizione imprescindibile perché ciò possa accadere è che un’eventuale operazione sia neutra sulla posizione di capitale di Unicredit, ha scritto l’Ansa.

LA DOTE DI MPS?

Per assicurare alla banca il mantenimento di un “cet1 superiore al 13%”, secondo Equita, Mps avrebbe bisogno di una dote di “circa 4 miliardi”, cifra che non include il necessario incremento degli accantonamenti sui rischi legali, pari a 600 milioni su un petitum di 10 miliardi (qui l’approfondimento di Start Magazine sulle cause legali). A pagare sarebbe ancora una volta il Tesoro (il Mef infatti controlla il Mps), in un’operazione che ricalcherebbe la cessione delle banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) a Intesa Sanpaolo.

LE STIME DI EQUITA

Equita ha calcolato che, a fronte di 2 miliardi di euro di costi di integrazione, la neutralità sul patrimonio (Cet 1 ratio pro forma del nuovo gruppo che si verrebbe a formare superiore al 13%), rende necessaria una ricapitalizzazione di 4 miliardi, “ma senza considerare la copertura dei rischi legali”.

I CALCOLI DEGLI ANALISTI

Per la Sim – ha scritto Radiocor – l’ipotesi le risorse già stanziate dal Mef per 1,5 miliardi sono sufficienti per procedere con lo spinoff dei crediti deteriorati (Npe) ad Amco e completare il processo di derisking, ma potrebbero risultare non sufficienti per rendere ancora più appetibile la banca in un’ottica di M&A, anche ipotizzando un intervento da parte di Unicredit.

COSA FA MEDIOBANCA SECONDO IL CORRIERE DELLA SERA

Comunque secondo Mediobanca – come riporta oggi il Corriere della Sera – chi si fonderà con Mps potrà beneficiare di un «patrimonio inespresso» di 3,6 miliardi (in termine tecnico «Dta», attività per imposte differite), ovvero crediti fiscali legati alle enormi perdite della banca senese. È questo uno dei punti forti del dossier Mps portato avanti dal Tesoro, socio al 68%, dall’advisor Mediobanca e dallo stesso ceo dell’istituto, Guido Bastianini.

DEFICIT DI CAPITALE

Secondo altri analisti, il deficit di capitale, tenendo conto della situazione al secondo trimestre, sarebbe di 1,4 miliardi, che salirebbero a 2 miliardi considerando lo scorporo degli 8,1 miliardi di crediti deteriorati lordi (cessione ad Amco) e circa 3 miliardi con i costi di ristrutturazione all’operazione. I conti escludono la tutela dalle cause legali.

IL REPORT DI AKROS

Banca Akros ieri ha messo in evidenza che la questione delle cause è un rischio “giudicato come ostacolo significativo a qualsiasi tipo di accordo”. Con la conseguenza che senza uno scudo totale da parte del governo non vi sarebbe matrimoni con un’altra banca. Se Unicredit acquisisse Mps, per i broker di Banca Akros riuscirebbe pareggiare la differenza rispetto a Intesa Sanpaolo in termini di quota di mercato bancario italiano (circa il 4% nella raccolta diretta e il 5% nel credito alla clientela) e offrirebbe potenziali sinergie di costo stimate in 500 milioni di euro (run-rate), con un valore effettivo di circa 2,3 miliardi. “Ma con significativi rischi di esecuzione”, chiude Akros.

COSA SCRIVE MILANO FINANZA

Tra le condizioni poste dalla Bce per autorizzare la scissione una è di difficile realizzazione: trovare investitori disponibili a sottoscrivere il 30% dei bond At1 che la banca dovrà emettere e che non pagano la cedola in caso di perdite (Mps ha ammesso che sarà in rosso fino al 2023). Da qui – ha scritto Mf/Milano Finanza – la risolutezza con cui il Tesoro sta perlustrando, con l’advisor Mediobanca, la strada di una fusione (per cui circolano anche i nomi di Banco Bpm, Bper, Agricole) in modo da sistemare una volta per tutte il dossier Siena.

L’OPERAZIONE HYDRA

Se l’operazione Hydra dovesse saltare, infatti, i crediti deteriorati di Mps dovrebbero fare i conti con le svalutazioni automatiche del calendar provisioning della Ue, di cui anche Bastianini ha auspicato un rinvio “assolutamente positivo per il sistema”. Solo grazie alla scissione, infatti Mps “sarebbe impattata molto meno” delle altre banche italiane, in un contesto in cui, causa Covid, “è ragionevole prevedere una crescita del tasso di default”. Anche per affrontare questi nodi Mps sta lavorando a testa bassa al nuovo piano industriale che potrebbe vedere la luce “tra qualche settimana, qualche mese” con l’obiettivo di dare alla banca “una prospettiva di sviluppo e crescita”.

Nel frattempo Mediobanca per conto del Tesoro offre Mps a destra e manca.

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