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Mes

Mes? No, grazie. Parola di costituzionalista

Che cosa sostiene sul Mes (Meccanismo europeo di stabilità) Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano

Anche un costituzionalista ha posto il tema degli effetti per i titoli di Stato e dunque per le banche. Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, ha detto in un’intervista a ilsussidiario.net: “Se un bel giorno si arrivasse ad una situazione di crisi dello spread, tale da precludere l’accesso dell’Italia al finanziamento dei mercati, e si dovesse chiedere l’intervento del Mes – del quale saremmo comunque i terzi contributori – sarebbe il Mes, e non la Commissione, a valutare sulla base di meccanismi automatici l’opportunità di chiedere una ristrutturazione del debito pubblico; sarebbe il Mes a determinare le “condizionalità” – e cioè le politiche economiche da lacrime e sangue da praticare – per ottenere questo finanziamento; e sarebbe sempre il Mes, alla fine, a determinare il contenuto di questa ristrutturazione. Peccato che il debito pubblico italiano sia detenuto per il 70% da banche nazionali. Vuol dire che una ristrutturazione di quel debito inciderebbe in modo pesantissimo sui bilanci di banche che hanno comunque sostenuto – oggi assai più che in passato – il debito pubblico nazionale. Ci rendiamo conto di quello che vorrebbe dire per il sistema bancario nazionale una ristrutturazione forzata del debito italiano? E perché si parli di questa riforma come di una pistola puntata alla tempia dei risparmiatori italiani?”.

Ecco alcuni estratti dell’articolo pubblicato su ilsussidiario.net

Il Mes è il figlio di una stagione di crisi, è stato generato da una crisi, e adesso vuole consolidarsi fino a diventare parte integrante del diritto dell’Unione. Fino ad oggi è un Trattato internazionale che ha dato origine a quello che, asetticamente, si definisce un “veicolo finanziario”.

In realtà è un soggetto di diritto internazionale che esercita attività bancaria avvalendosi, però, dello statuto e delle garanzie di un soggetto sovrano. Che può rifinanziare singoli Stati o singoli sistemi bancari, però sotto “stretta condizionalità”. Non so se ci si rende conto delle implicazioni politiche dell’adozione di meccanismi propri del diritto commerciale e bancario a regolare i rapporti fra Stati. Si è un po’ in ritardo se ci si preoccupa adesso di cosa sia il Mes.

Se ci si stupisce di questo vuol dire che non si è letto o non si è capito l’attuale Trattato Mes. E le clamorose anomalie che conteneva fin dall’inizio. Il Mes e i suoi funzionari godono di piena e perfetta immunità da ogni giurisdizione. Non possono essere oggetto di perquisizioni, ispezioni o altro da chicchessia. I suoi documenti sono secretati.

Gli organi di vertice non sono perseguibili per gli atti adottati nell’esercizio delle loro funzioni. I governatori – e cioè i Ministri economici degli Stati aderenti al trattato: in poche parole Tria o chi per lui – sono tenuti – ripeto, sono tenuti – al segreto professionale nel momento in cui operano all’interno del Mes, tanto durante quanto dopo l’esercizio delle loro funzioni (art. 34). Questa è legge dello Stato, non è aria fritta. Lei capisce che questa è una norma che ha perfettamente senso dentro una banca. Cosa succede se la logica del segreto professionale la colloco nel rapporto tra Governo e Parlamento? Ci sta o non ci sta che un ministro debba tacere di fronte al Parlamento? Ci si rende conto di cosa si è fatto approvando una norma del genere nel 2012? E di quanto si è alterato il meccanismo di responsabilità politica disegnato in Costituzione tra Ministro e Parlamento?

Se a questo aggiunge che l’esercizio di potere estero sfugge, per sua natura, al controllo delle Camere, tranne che in certi casi tassativamente indicati dall’art. 80, si capisce quanto fantasiose siano certe rappresentazioni del lavoro parlamentare che si trovano sui giornali? Pensi ai trattati segreti o ai trattati adottati in forma semplificata. Si dice che non tutti i cammelli possono passare per la cruna dell’ago. In realtà ci si dimentica di dire che certi cammelli non hanno neanche bisogno di passarci per la cruna dell’ago.

L’art. 34 del Mes è fatto per interrompere gli obblighi di comunicazione e responsabilità tra Parlamenti nazionali e Ministri. Certo, nel caso di Tria non si applica l’art. 34 Trattato Mes, sul segreto professionale, ma quello è il principio. Che pone un enorme problema costituzionale di Ministri legittimati a mentire o a tacere di fronte alle Camere. Si rende conto, adesso, quanto ridicolo sia parlare di legittimazione democratica del Mes, come fa Giampaolo Galli? È come parlare di legittimazione democratica di una banca, perché la legge la legittima a fare la banca. Sarebbe tutto molto divertente, non fosse che rischia di essere tragico per le sue conseguenze.

Voglio dire che se un bel giorno si arrivasse ad una situazione di crisi dello spread, tale da precludere l’accesso dell’Italia al finanziamento dei mercati, e si dovesse chiedere l’intervento del Mes – del quale saremmo comunque i terzi contributori – sarebbe il Mes, e non la Commissione, a valutare sulla base di meccanismi automatici l’opportunità di chiedere una ristrutturazione del debito pubblico; sarebbe il Mes a determinare le “condizionalità” – e cioè le politiche economiche da lacrime e sangue da praticare – per ottenere questo finanziamento; e sarebbe sempre il Mes, alla fine, a determinare il contenuto di questa ristrutturazione. Peccato che il debito pubblico italiano sia detenuto per il 70% da banche nazionali.

Ciò vuol dire che una ristrutturazione di quel debito inciderebbe in modo pesantissimo sui bilanci di banche che hanno comunque sostenuto – oggi assai più che in passato – il debito pubblico nazionale. Ci rendiamo conto di quello che vorrebbe dire per il sistema bancario nazionale una ristrutturazione forzata del debito italiano? E perché si parli di questa riforma come di una pistola puntata alla tempia dei risparmiatori italiani?

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