Si fa sempre più aspra la battaglia tra l’Unione europea e i giganti cinesi dell’e-commerce Temu e Shein, i quali – oltre a essere sotto indagine per presunte violazioni del Digital Services Act (Dsa) – devono ora fare i conti anche con il piano di Bruxelles che mira a imporre dazi all’importazione di merci a basso costo.
Questo potrebbe inoltre avere ripercussioni sulla prevista quotazione a Londra di Shein.
I DAZI UE CONTRO LE IMPORTAZIONI A BASSO COSTO
Stando a quanto rivelato dal Financial Times, Bruxelles “sta elaborando piani per imporre dazi doganali su merci a basso costo acquistate da rivenditori online cinesi, tra cui Temu e Shein, nel tentativo di arginare l’aumento di quelli che, secondo l’Ue, sono articoli di qualità inferiore provenienti dalla Cina”.
La mossa si inserisce nel contesto di una crescente inquietudine dei rivenditori con sede nell’Europa continentale, nel Regno Unito e negli Stati Uniti per l’aumento della concorrenza da parte di marketplace come Shein e Temu, che sfruttano una scappatoia che esclude gli articoli di basso valore dai dazi all’importazione. Inoltre, la Cina beneficia di costi di spedizione sovvenzionati, il che significa che è conveniente inviare merci a basso costo per via aerea.
LA PROPOSTA DI BRUXELLES
L’idea della Commissione europea, hanno riferito alcune fonti al FT, è quella di eliminare l’attuale soglia di 150 euro al di sotto della quale gli articoli possono essere acquistati in esenzione doganale. Oltre a Temu e Shein anche AliExpress è tra i big cinesi nel mirino, ma le disposizioni si applicherebbero a qualsiasi rivenditore online che spedisce ai clienti dell’Ue dall’esterno del blocco.
“Nel maggio dello scorso anno abbiamo messo sul tavolo le riforme per un’unione doganale semplice, più intelligente e più sicura. Quello che abbiamo proposto ora è che non ci sarà più alcuna esenzione per i pacchi di valore inferiore a 150 euro”, ha dichiarato un portavoce della Commissione Ue.
Per avere seguito, la proposta deve prima essere discussa e accettata dal Parlamento europeo, che si riunirà nuovamente questo mese. Tuttavia, funzionari e analisti, sebbene reputino che la mossa avrebbe un impatto enorme sulle importazioni a basso costo, ritengono difficile la sua attuazione, soprattutto nel breve termine, per il costo e la mole di lavoro che implicherebbe per i funzionari doganali.
L’IPO DI SHEIN A RISCHIO
È di questo parere John Stevenson, analista di Peel Hunt, secondo cui il pagamento dei dazi costringerebbe Shein a cambiare completamente il proprio modello di business, ad aumentare i prezzi o a subire una riduzione dei profitti. Inoltre, la questione “sarebbe in cima alla lista delle preoccupazioni degli investitori, insieme a potenziali problemi etici nella sua catena di approvvigionamento, se Shein dovesse procedere con il lancio di una quotazione a Londra, come si prevede già in autunno”.
Si è molto parlato nell’ultimo periodo dell’Ipo di Shein, che però sembra non decollare. Come scriveva infatti a fine giugno il South China Morning Post, il colosso da 66 miliardi di dollari starebbe incontrando più difficoltà del previsto, tra cui l’assenza dell’approvazione di una potenziale quotazione offshore da parte della China securities regulatory commission (Csrc).
Shein, il cui piano originario era di quotarsi a New York, in caso di fallimento anche alla Borsa di Londra, ripiegherà su Hong Kong, ma per Reuters questo le farebbe “perdere tutto il suo splendore”. “Un’Ipo nel territorio cinese – spiega l’agenzia di stampa – ridurrebbe la valutazione che Shein può ottenere, perché ci sarebbe meno domanda. I fondi statunitensi […] stanno evitando i titoli di Hong Kong per il timore che Washington possa inasprire le restrizioni agli investimenti” e “a Hong Kong Shein non avrebbe nemmeno dei pari con cui confrontarsi; i rivali, tra cui Inditex, proprietario di Zara, Amazon e persino Temu – attraverso la sua società madre cinese Pinduoduo – operano su borse occidentali, non asiatiche”.
E, ancora peggio, “una quotazione a Hong Kong potrebbe lasciare Shein come un grande titolo orfano nella città, con una copertura di ricerca azionaria inadeguata”.
QUANTI PRODOTTI CINESI IMPORTA L’UE
Stando ai dati della Commissione Ue citati dal FT, l’anno scorso sono stati importati nell’Unione 2,3 miliardi di articoli al di sotto della soglia esente da dazi doganali di 150 euro e le importazioni provenienti dagli e-commerce sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente, raggiungendo oltre 350.000 articoli in aprile.
Il problema però non riguarda solo la quantità ma anche la qualità. Il numero di prodotti pericolosi segnalati dai Paesi dell’Ue infatti è salito di oltre il 50% dal 2022 al 2023, superando le 3.400 unità. Cosmetici, giocattoli, apparecchi elettrici e vestiti sono stati tra i prodotti con il maggior numero di problemi di sicurezza.