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La ricetta economica di Fratelli d’Italia secondo gli esperti del partito di Giorgia Meloni

Il programma economico di Fratelli d'Italia illustrato e approfondito dagli esperti del partito presieduto da Giorgia Meloni

 

Le proposte dei partiti per affrontare la grave crisi economica che sta vivendo il nostro paese (e tutta l’eurozona) sono al centro dell’attenzione degli elettori che il 25 settembre sono chiamati a scegliere il nuovo Parlamento. Gli ultimi dati delll’Eurostat, del resto, hanno certificato il progressivo impoverimento della popolazione italiana (ed europea) fiaccata da due anni di pandemia, dalle ripercussioni economiche della guerra in Ucraina e dai rincari legati all’inflazione, che ha superato i 9 punti percentuali. Qual è la ricetta economica di Fratelli d’Italia, quello che, sondaggi alla mano, sembra essere il partito meglio piazzato per le prossime elezioni?

LA REVISIONE DEL PNRR: LA RICETTA ECONOMICA DI FDI

Il commissario Ue per gli Affari economici Paolo Gentiloni ha avvertito chiunque vincerà le elezioni: “sul Pnrr non si può ricominciare da zero”. FdI ha intenzione di modificare la destinazione dei fondi europei, in relazione alle mutate necessità del paese in conseguenza della guerra in Ucraina, “Noi poi abbiamo fatto il grave errore di utilizzare tutti i 122 miliardi a debito dei 191 totali del Pnrr e oggi non possiamo più ricorrervi, a differenza della Spagna che invece quei fondi li sta chiedendo ora per affrontare la crisi energetica. Quindi è necessario pensare a cambiamenti – ha detto Giovanbattista Fazzolari responsabile del programma di Fratelli d’Italia -. Per esempio, va ridiscusso il capitolo del passaggio all’energia sostenibile. Oggi rischiamo di dover razionare luce e riscaldamento, quindi dobbiamo pensare a riattivare le diverse fonti energetiche, a partire dall’estrazione di gas nel Mediterraneo, creare rigassificatori, efficientare il trasferimento di energia sul territorio e gli edifici. I capitoli sono tantissimi”.

LA FLAT TAX: TASSATIVA LA GRADUALITÀ

L’allargamento della platea di contribuenti interessati alla flat tax avverrà in maniera graduale. A sottolinearlo è Maurizio Leo, responsabile del Dipartimento Economia e finanza di Fratelli d’Italia. “Riteniamo necessario un percorso graduale che, partendo dalla flat tax incrementale, passi per un progressivo appiattimento e semplificazione delle aliquote Irpef, fino ad arrivare, valutata la compatibilità finanziaria, ad una aliquota unica – dice Leo -. L’idea di una flat tax sul reddito incrementale al 15% nasce dall’ambizione di creare un meccanismo incentivante, a favore di chi crea ricchezza e di chi lavora. L’idea di fondo è semplice: su tutto ciò che si dichiara in eccedenza rispetto al pregresso, si pagheranno meno tasse, “solo” il 15%. Questa tassazione deve riguardare il solo anno in cui l’incremento di reddito si realizza, mentre non sarebbe sensato un trascinamento del beneficio nei successivi, se non in relazione a eventuali ulteriori incrementi”.

IL “PREMIO DI PRODUTTIVITÀ” NAZIONALE

L’idea di fondo è quella di introdurre una sorta di “premio di produttività nazionale”, così Leo respinge al mittente di costituzionalità. “È stato sostenuto che la misura violerebbe l’equità orizzontale e ciò la renderebbe incostituzionale – sottolinea Leo -. Lo sarebbe allora tanto quanto gran parte dell’attuale sistema fiscale, nel quale l’iniquità orizzontale è diventata la regola, più che l’eccezione, talora giustificata da interessi vari, pure costituzionalmente garantiti. Basti ricordare che solo i redditi da lavoro sono soggetti a progressività, mentre le rendite finanziarie e immobiliari sono tassate, a parità d’importo, con aliquota piatta. In sostanza, la flat tax incrementale intende costituire uno stimolo, temporaneo ma decisivo, ad alzarsi dal divano, darsi da fare, migliorare per se stessi, la propria famiglia e il Paese. Incrementare il proprio reddito vuol dire contribuire alla crescita della ricchezza nazionale, innescando un circolo virtuoso di crescita e maggior gettito”.

IL NAZIONALISMO ECONOMICO DI FRATELLI D’ITALIA

Aspetto originale del programma economico del partito di Giorgia Meloni è un approccio che potrebbe essere definito “nazionalismo economico”. Già l’ormai ex premier Mario Draghi ha fatto largo uso della Golden power per evitare acquisizioni per mano cinese di aziende tecnologiche. “Io sono per la difesa delle nostre produzioni, dei marchi e delle infrastrutture strategiche”, ha detto la leader di FdI a Radio24. E ad essere strategico per Fratelli d’Italia sono le infrastrutture, fisiche e virtuali.

UN FUTURO “NAZIONALE” PER TIM?

“La posizione di Fratelli d’Italia è avere una rete unica, come in tutte le grandi democrazie, pubblica e non verticalmente integrata – dice Giorgia Meloni sulle reti di comunicazione -. Quindi bisogna scorporare la proprietà della rete, che non è privata da nessuna parte dalla vendita del servizio. Un’infrastruttura strategica non può essere lasciata in mano ai privati, soprattutto se stranieri”. Come scrive La Stampa oggi la rete è sotto il controllo di Tim, privatizzata nel 1998. Il governo Renzi ha lanciato, con il sostegno di Enel, lanciò Open Fiber, una seconda rete in concorrenza. Cassa depositi e prestiti è entrata nell’azionariato di Tim e Open Fiber insieme ai fondi di investimento Kkr e Macquarie. Creare una rete unica è però molto cara. Il socio numero uno di Tim, il finanziere francese Vincent Bollorè, l’ha valutata fra i 31 e i 34 miliardi, più o meno il valore dell’ultima legge Finanziaria.

TIM: GUIDO CROSETTO PROPONE IL MODELLO TERNA

A chiarire il progetto ci ha pensato Guido Crosetto, consigliere di Giorgia Meloni e uno dei fondatori del partito. “Sulla rete unica delle tlc posso parlare di un concetto generale che tutti condividono, non solo Fratelli d’Italia o il centrodestra, che è quello di utilizzare lo stesso sistema di Terna, sul gas e l’energia elettrica, anche per quanto riguarda la fibra – ha detto Crosetto a Radio 24 -. Non ho titolo per spiegarlo e poi essendo una società quotata quando si parla di queste cose succede qualcosa in Borsa e quindi non si fa”. Una rete unica su modello Terna, come dice Crosetto, significa “sistemare tutto quello che ci sta attorno: se faccio una fibra nazionale a cui possono accedere gli operatori che si scontrano sui servizi, devo metterli nelle stesse condizioni di poter competere. Siamo l’unico Paese in Europa che ha 4 operatori, in Europa ci sono 35-40 operatori e negli Stati Uniti ce ne sono tre”. Crosetto ha quindi ricordato che Tim “ha 40mila dipendenti e deve competere agli stessi prezzi di accesso alla fibra con un’altra società, di cui non faccio il nome (a quanto si apprende il riferimento è a Iliad, ndr), che ha 200-300 persone impiegate in Italia”.

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