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Rete Tim

Kkr vuole uscire da Fibercop di Tim? Fatti e rumors

Dossier Fibercop-Tim e caso Kkr. Fatti, numeri e indiscrezioni

 

Ma Kkr per caso vuole uscire da Fibercop (Tim) anche per l’attapiramento causato dall’Opa di fatto bocciata dal governo e dagli azionisti di Tim?

E’ la domanda che si stanno iniziando a porre in queste ore ambienti istituzionali e finanziari che seguono direttamente e indirettamente il dossier Tim.

Ma andiamo con ordine.

Oggi Tim è fiacca a Piazza Affari nel giorno del cda per l’approvazione della prima trimestrale del 2022. Non bastano i risultati positivi della controllata Tim Brazil a far schizzare l’andamento di Tim a in Borsa, sottolinea l’agenzia Radiocor-Sole24Ore – visto che emerge il disaccordo con Kkr sull’intesa tra Open Fiber e Fibercop, la linea secondaria di Tim di cui il fondo Usa è azionista per il 37,5%.

Dopo che il cda di Tim ha rifiutato di concedere l’apertura della due diligence senza un’offerta vera e propria a Kkr, che aveva manifestato interesse per il 100% del gruppo italiano lo scorso novembre senza poi passare davvero all’azione con una reale Opa (Palazzo Chigi e Mef erano fin dall’inizio – come scritto tempo fa da Startmag – in disaccordo soprattutto perché il fondo americano avrebbe di fatto avuto il controllo anche dell’infrastruttura di rete, non si trova ancora una soluzione per arrivare alla chiusura dell’accordo commerciale secondo il quale Open Fiber prenderà in uso pali e cavidotti di Fibercop a fronte del pagamento di un canone.

Secondo quanto riportato oggi dal quotidiano Il Messaggero, Tim e Open Fiber si sono accordati per un prezzo di 190 milioni di euro da pagare in sei anni che però sarebbe giudicato insufficiente dal fondo americano Kkr, che vorrebbe una cifra più alta pari a 310 milioni di euro.

Per gli analisti di Equita, «le discussioni evidenziano le complessità della governance, ma non pensiamo che siano un deal breaker rispetto alla negoziazione sulla rete unica su cui ci aspettiamo un MoU a breve (era previsto per fine aprile)».

Ma che cosa è Fibercop del gruppo Tim?

Il primo di aprile dell’anno scorso Kkr Infrastructure e Fastweb entrarono ufficialmente nella nuova società, in cui sono confluite la rete secondaria di Tim, quella che va dall’armadio in strada alle abitazioni dei clienti, e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di Tim (80%) e Fastweb (20%).

Kkr Infrastructure conclude l’acquisto del 37,5% di Fibercop da Tim per un controvalore di 1,8 miliardi, sulla base di un enterprise value di circa 7,7 miliardi di euro (equity value 4,7 miliardi di euro).

Contemporaneamente, Fastweb sottoscrisse azioni Fibercop corrispondenti al 4,5% del capitale della società, mediante conferimento del 20% detenuto in FlashFiber, che è stata contestualmente incorporata in Fibercop.

Con FiberCop, i tre soci si impegnano a portare la fibra nelle aree nere e grigie del Paese, accelerando l’adozione dei servizi Ultra-Broadband (UBB), sulla base di un modello di coinvestimento aperto.

In particolare, FiberCop opererà – fu comunicato dal gruppo Tim – solo nel mercato wholesale, fornendo fibra ma anche rame, “fino al suo completo switch off” , 1.610 città, equivalenti al 56% delle Unità Immobiliari Tecniche nazionali entro il 2025. L’azienda utilizzerà sia la tecnologia più veloce FTTH, che collega i cavi della fibra ottica dalla centrale direttamente all’abitazione (con velocità di connessione fino a 1 Gigabit), che la FTTB, con la fibra che arriva sino agli edifici e non ai singoli appartamenti (velocità da 30Mbps e 100Mbps).

In questi giorni i rappresentanti italiani del fondo americano stanno recalcitrando – come azionisti di Fibercop (37,5%), la società controllata da Tim con il 58% depositaria della rete secondaria – stanno mettendo i bastoni tra le ruote a Tim.

Al centro delle discussioni – ha scritto oggi il Messaggero – c’è il tema dell’accordo commerciale Tim-Open Fiber (OF) in base al quale la società di fibra ottica controllata da Cdp al 60% e da Macquarie al 40%, prenderà in uso pali e cavidotti di Fibercop a fronte del pagamento di un canone. In più Tim si impegna a fornire clienti.

Secondo l’accordo raggiunto fra Tim e Open Fiber, il prezzo dovrebbe attestarsi a 190 milioni da pagare in sei anni, ha aggiunto Il Messaggero: “Ma gli ostacoli e le tensioni tra le parti si stanno riverberando sulla rete unica che dovrà essere realizzata attraverso l’ulteriore passaggio di Mou fra Tim e Cdp da siglare indicativamente entro il 30 aprile, sostitutivo del Nda del 2 aprile. Quest’ultimo è propedeutico al secondo che dovrà definire perimetri e modalità di integrazione degli asset per sfociare nella rete unica: fusione, scissione, acquisto, scorporo”.

Ma tutte queste disquisizioni tecniche e giuridiche stanno iniziando a suscitare una domanda nei palazzi della politica, a partire da Palazzo Chigi e ministero dell’Economia, e in ambienti finanziari: ma per caso Kkr punta a trattare sull’uscita da Fibercop valorizzando bene la quota detenuta?

Alla domanda, peraltro, in molti nelle istituzioni interessate rispondono in maniera affermativa.

Si vedrà.

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