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Jpmorgan

Jp Morgan agguanta i correntisti di First Republic Bank con i soldi pubblici

Jp Morgan ha assorbito alcuni asset di First Republic e la sua clientela facoltosa a seguito di una gara "altamente competitiva", garantiscono le autorità americane. Ma l'istituto di Jamie Dimon controlla adesso oltre il 10% dei depositi bancari negli Stati Uniti grazie a una clausola legale... Tutti i dettagli

 

Lunedì Jp Morgan, una delle banche più grandi degli Stati Uniti, ha acquistato gran parte delle attività di First Republic Bank, un istituto californiano in crisi da mesi: il suo fallimento, per dimensioni, è stato il secondo nella storia degli Stati Uniti, dopo quello di Washington Mutual nel 2008.

I PARTECIPANTI ALL’ASTA PER FIRST REPUBLIC BANK

La cessione di First Republic a Jp Morgan è avvenuta a seguito di un’asta governativa, perché il controllo della banca era stato assunto dalla Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic), l’autorità di regolazione che si occupa di assicurare i depositi delle banche.

Secondo una fonte di Reuters, alle fasi finali dell’asta per First Republic, svoltesi domenica notte, hanno partecipato quattro offerenti: PNC Financial Services Group, Citizens Financial Group, Fifth Third Bancorp e, appunto, Jp Morgan.

COSA PREVEDE L’ACCORDO FIDC-JP MORGAN

L’accordo tra l’ente statunitense e l’istituto guidato da Jamie Dimon è stato annunciato intorno alle 3:30 di mattina (ora di New York), consolidando – scrive l’agenzia – “la reputazione di Dimon come uno dei banchieri più potenti di Wall Street”. Durante la crisi finanziaria del 2008 Jp Morgan era andata al salvataggio di Washington Mutual e Bear Stearns. Oggi, con l’affare First Republic, Dimon sostiene che il suo istituto abbia messo fine al periodo di crisi delle banche regionali americane, o almeno alla sua fase più acuta.

L’accordo con la Fdic prevede che JPMorgan riceva un finanziamento di 50 miliardi di dollari dall’autorità. A quest’ultima pagherà una somma di 10,6 miliardi per acquisire gli asset di First Republic. Inoltre, restituirà i 25 miliardi di fondi che altre banche avevano depositato lo scorso marzo presso l’istituto californiano per stabilizzarlo. In conclusione, l’accordo dovrebbe garantire a JPMorgan un guadagno di 2,6 miliardi.

JP MORGAN È DIVENTATA TROPPO GRANDE?

L’acquisto di First Republic – di tutti i suoi depositi, dal valore di 103,9 miliardi, e della maggior parte degli asset, dal valore di 229,1 miliardi – sta creando qualche preoccupazione per il fatto che Jp Morgan sia diventata troppo potente e influente sul settore finanziario americano, ossia “troppo grande per fallire”. Dimon respinge queste interpretazioni. JPMorgan controlla da sola oltre il 10 per cento dei depositi bancari statunitensi.

La FDIC ha fatto sapere che l’accordo per First Republic è arrivato al termine di una “procedura di gara altamente competitiva”, e che la vittoria di JPMorgan è stata dovuta al fatto che la sua offerta era quella che gravava di meno sui conti dell’autorità.

FATTA LA LEGGE…

First Republic faceva gola a Dimon per via della sua clientela facoltosa di correntisti. Si pensava però – spiega Reuters – che i regolatori non avrebbero permesso a Jp Morgan di acquisire un’altra banca per via di una legge federale che vieta a un istituto di possedere più del 10 per cento dei depositi bancari americani (è il caso di Jp Morgan). La legge, tuttavia, prevede delle esenzioni per le acquisizioni di banche fallite, come appunto First Republic.

DUBBI E DOMANDE

“Con questa acquisizione JPMorgan arriva ad avere circa il 15% dei depositi statunitensi totali, ottenendo un’esenzione sulle normative che pongono limiti più bassi: questo significa che altre normative potrebbero essere aggirate in caso di necessità?”, si è domandato sul Sole 24 Ore il giornalista economico-finanziario Morya Longo.

“Le agevolazioni date dalla FDIC a JPMorgan (garanzie sui prestiti ecc)”, si chiede ancora Longo, “possono indurre i big del credito ad aspettare eventuali altri fallimenti prima di rilevare banche in crisi, in modo da avere i medesimi vantaggi?”. E ancora: “dato che con Silicon Valley Bank e Signature Bank le autorità Usa hanno preferito passare da un vero e proprio fallimento, mentre con First Republic si è scelta una formula più ibrida, se altre banche finissero in crisi quale modalità verrebbe seguita?”.

LE BANCHE REGIONALI CROLLANO IN BORSA

Nonostante l’accordo su First Republic e le parole rassicuranti di Dimon, le banche regionali continuano a performare male sul mercato borsistico statunitense. Due di queste in particolare, PacWest Bancorp e Western Alliance Bancorp, hanno visto le loro azioni perdere il 15 per cento circa. Il settore finanziario ha contribuito in maniera rilevante al calo del 2 per cento dell’indice S&P 500, il più importante del paese (è formato dalle cinquecento aziende americane a maggiore capitalizzazione).

“Wall Street sta rapidamente premendo il tasto sell, poiché le turbolenze bancarie non sembrano destinate a scomparire presto”, ha detto a Bloomberg Ed Moya, analista di mercato presso Oanda. “La propensione al rischio non ha possibilità, in quanto i trader si sono concentrati sui dubbi persistenti sulle banche regionali, sull’aumento delle probabilità di recessione e sui crescenti rischi che gli Stati Uniti possano fare default sul debito il mese prossimo”.

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