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Ex Ilva

Ilva? Noi non gettiamo la spugna, guai a piegarsi al populismo sindacale. Parla Bentivogli (Fim-Cisl)

Intervista di Start Magazine a Marco Bentivogli, segretario generale Fim-Cisl, sul caso Ilva Segretario, che cosa è successo al tavolo Ilva? E’ successo che in una parte del sindacato hanno prevalso ragioni politiche estranee al tavolo sindacale e all’interesse dei lavoratori. Alcuni credono che sarà più facile trattare con il nuovo governo, che fin d’ora…

Segretario, che cosa è successo al tavolo Ilva?

E’ successo che in una parte del sindacato hanno prevalso ragioni politiche estranee al tavolo sindacale e all’interesse dei lavoratori. Alcuni credono che sarà più facile trattare con il nuovo governo, che fin d’ora percepiscono come un “governo amico”. Altri sperano in un’impossibile nazionalizzazione. La maggioranza, probabilmente, in tutte e due le cose. Sta di fatto che un sindacato che si vanta di aver fatto saltare la trattativa dovrebbe spiegare ai lavoratori che ora l’azienda ha le “mani libere”.

In che senso ha le mani libere?

Può cioè abbandonare il progetto di acquisire l’Ilva o, al contrario, decidere di andare avanti senza accordo sindacale. Queste considerazioni non devono comunque mettere in ombra i limiti della proposta del governo.

Che cosa poteva fare l’esecutivo?

Con un po’ di buon senso poteva migliorarla e sottoscriverla. Nella riunione di delegazione sindacale siamo stati gli unici a chiedere di andare avanti, con alcune organizzazioni che si vantavano di aver aggiunto ai loro successi accanto alla bocciatura dell’Accordo Alitalia, quello Ilva. Per noi la partita non è chiusa.

Ma di chi è la vera responsabilità della trattativa interrotta? Dei sindacati? E di quali? O del ministro Calenda come si evince dal suo tweet di ieri mattina? “Rischiamo anche la pelle per non inseguire il populismo sindacale e ti ho chiesto di proseguire la trattativa. Non hai accettato!”.

Le contraddizioni nell’atteggiamento di alcuni sindacati sono sotto gli occhi di tutti, non è la prima volta. Dopo anni che i media mitizzano i sindacalisti che non fanno contrattazione, raccogliamo i frutti dell’analfabetismo sindacale populista. Sentire durante l’incontro un sindacalista che, dopo un anno di negoziato, lamenta di “non essere stato messo in grado di fare la trattativa” è scoraggiante. A me se mi si nega il negoziato blocco le fabbriche. Di più: è un’ammissione esplicita di incapacità.

E Calenda?

Ho già detto che penso abbia fatto un errore a dichiarare conclusa la trattativa, avrebbe dovuto restare al tavolo e andare avanti visto che da parte nostra c’era la disponibilità a ragionare – non ad approvare senza modifiche – sullo schema di accordo da lui proposto, che aveva delle aperture ma anche molti aspetti da migliorare. Non mi piace neppure che adesso etichetti tutti i sindacati come populisti senza fare distinzioni. Calenda sa bene con chi ha a che fare. Personalmente credo di aver dato dimostrazione di non essere sensibile alle sirene del populismo e non ho mai evitato, come molti sindacalisti catodici o politici, i luoghi dove era certo prendere fischi perché lo considero normale. Gli applausi servono ai ballisti e alle panzane che raccontano ai lavoratori. La verità paga in ritardo, ma paga sempre.

C’è davvero il rischio che ci si avvii verso la nazionalizzazione dell’Ilva come peraltro evocato da esponenti M5S? Ma l’Ue consentirebbe la nazionalizzazione?

No, solo un analfabeta funzionale non sa che sull’acciaio non è possibile nazionalizzare con le regole Ue. L’idea dei 5Stelle di chiudere lo stabilimento di Taranto per poi riconvertire l’area è a dir poco fantasiosa. Le ipotesi che non solo dai grillini vengono prospettate, dalla generazione di energia con fonti rinnovabili a imprecisate iniziative di valorizzazione del territorio e del turismo, sono talmente vaghe da non poter essere prese in considerazione, anche perché non sarebbero mai in grado di dare lavoro a 14 mila persone (per non parlare poi dell’indotto). Servirebbe una norma che impone i benaltristi di vivere del reddito generato dalle loro proposte. Dire che “serve “ da chi vive di rendita o da posto fisso è penoso. Tra l’altro la Puglia ha un tasso di disoccupazione doppio rispetto alla media europea. E’ vero: molti lavoratori hanno votato 5Stelle. Ma non sarebbe la prima volta che i cittadini ci chiedono di riparare agli errori compiuti dai partiti votati da loro votati.

Come giudica l’operato della Regione Puglia?

In modo del tutto negativo. Non avrei mai pensato di rimpiangere Vendola. Con la gara in corso la Regione ha preso pubblicamente posizione a favore di una delle due cordate. Quando poi è risultata vincente l’altra si è dedicata ad un’attività di interdizione sistematica. Il ricorso al Tar presentato contro il decreto che ha approvato il piano ambientale, ancora pendente, è il caso più emblematico, ma non è il solo. Questo modus operandi rientra a pieno titolo in quella sottocultura anti-industriale che purtroppo è diffusa in tutto il Paese. Ha ragione Calenda, il Pd al sud è in mano a califfati peronisti, tollerati e talvolta incoraggiati.

Non c’è contraddizione di Emiliano quando il governatore da un lato invoca la decarbonizzazione a favore del gas e dall’altro lato intralcia il Tap?

Certo che c’è, e noi l’abbiamo rimarcata più volte. Per alimentare una grande acciaieria a gas c’è ovviamente bisogno di gas a prezzi competitivi. Intralciare l’infrastruttura che dovrebbe consentire di realizzare questa condizione è semplicemente assurdo. Farlo in nome dell’ambiente e della tutela della salute è anche peggio. La mia impressione è che dietro questa incoerenza si nasconda soltanto la ricerca di visibilità mediatica e consenso politico, un consenso peraltro di breve respiro.

Meglio l’amministrazione straordinaria o il lavoro dei commissari? Facciamo un bilancio?

I risultati conseguiti in questi anni dalla gestione commissariale rappresentano forse l’argomento più forte contro la nazionalizzazione. E’ stata la riprova che un acciaieria funziona se la governa chi sa produrre acciaio. L’Ilva perde 30 milioni al mese e a luglio avrà le casse vuote, le ditte di appalto vengono pagate in ritardo, la manutenzione degli impianti è deficitaria, il che determina gravi rischi per la sicurezza dei lavoratori, come dimostra la lunga catena di infortuni, alcuni dei quali mortali. Sono stato l’unico ad attaccare anche l’ipotesi di nazionalizzazione del Governo Renzi e il siluramento del Commissario Bondi che stava facendo un ottimo lavoro. Riconoscere gli errori è un segno di forza.

Lei sul quotidiano Il Mattino ieri ha avanzato critiche ad ArcelorMittal. Ce le spiega?

Nell’impostazione di ArcelorMittal c’è un difetto di fondo: loro applicano gli stessi criteri di organizzazione aziendale e del lavoro a livello globale in tutti gli stabilimenti del gruppo. E’ un problema di rigidità ideologica che rende obiettivamente difficile trovare punti d’intesa. Nel merito, come Fim-Cisl abbiamo detto che c’erano alcune cose qualificanti da modificare, tra cui i numeri. Per noi le condizioni per un accordo sono sempre le stesse: zero licenziamenti e tutti i lavoratori devono avere un posto di lavoro a tempo indeterminato per tutta la durata del piano. Nella proposta del Governo ci sono le basi su cui lavorare e con alcune modifiche arrivare ad un accordo. Ma serve uno sforzo corale di concretezza e di buon senso che, fino ad ora, attorno a noi è mancato.

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