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talco Johnson & Johnson

Gli escamotage farlocchi di Johnson & Johnson per risolvere il caso talco

Negli Stati Uniti, i querelanti per i casi di cancro attribuiti a prodotti Johnson & Johnson, in particolare al suo talco, non sono soddisfatti delle modalità di accordo di risarcimento proposte dalla multinazionale. Ecco perché e cosa sta succedendo

 

La prima causa contro Johnson & Johnson per il suo talco venne intentata da una donna che aveva sviluppato un cancro alle ovaie nel 2006 ed è andata avanti dal 2009 al 2013. Da allora, negli Stati Uniti, si sono susseguite varie class action e attualmente l’azienda deve ancora affrontare quasi 60.000 cause.

Per risolverle, J&J – che non ha mai ammesso l’esistenza di un legame tra i suoi prodotti a base di talco e i casi di tumore alle ovaie e mesotelioma da esposizione all’amianto – confida che gli venga riconosciuta la bancarotta della nuova filiale creata appositamente per le controversie, ma i querelanti non ci stanno e denunciano la multinazionale.

GLI ESCAMOTAGE DI J&J

Nell’ottobre 2021, J&J ha istituito il fondo LTL Management LLC – con a disposizione 2 miliardi di dollari – per il risarcimento di controversie in corso e future legate al suo talco. A questo sono stati inoltre assegnati alcuni flussi di entrate da royalty con un valore attuale all’epoca di oltre 350 milioni di dollari per contribuire ulteriormente ai costi potenziali.

“Il fondo – spiegava la società – è separato da J&J e ha presentato istanza di protezione da bancarotta ai sensi del Capitolo 11 a differenza di J&J e le sue altre affiliate che invece non lo hanno fatto e continueranno a svolgere le loro attività come di consueto”.

Questa manovra aziendale (detta “Texas two-step“) per trasferire le passività in una nuova filiale che poi presenta istanza di fallimento impedisce di fatto qualsiasi accordo con le persone coinvolte e blocca l’avanzamento delle cause.

Il mese seguente, inoltre, il gruppo – attivo in tre aree (pharmaceutical, medical devices&diagnostics, consumer) – ha annunciato che si sarebbe diviso in una società dedicata al farmaceutico-medicale e un’altra al consumer. L’allora amministratore delegato, Alex Gorsky, disse che la decisione non aveva niente a che vedere con le decine di migliaia di azioni legali per i casi di tumore.

IL “FALLIMENTO” INESISTENTE

Finora però la strategia di J&J per risolvere il contenzioso ha fallito perché per ben due volte i tribunali hanno stabilito che l’azienda e le sue controllate non si trovavano in difficoltà finanziarie e non erano quindi ammissibili alla bancarotta.

Il 1° maggio di quest’anno, J&J ha dichiarato che intende comunque perseguire un terzo tentativo fallimento e questa volta è fiduciosa di riuscirsi perché, a differenza dei casi precedenti, sebbene la decisione finale spetti comunque a un giudice fallimentare, l’accordo proposto dal colosso sarà votato dai ricorrenti, i quali hanno tre mesi per pronunciarsi.

La cifra proposta da J&J per risolvere tutte le cause pendenti e future negli Stati Uniti è di circa 6,5 miliardi di dollari in 25 anni e per avere successo deve incontrare il favore di almeno il 75% dei querelanti.

NUOVA CLASS ACTION

Ma le presunte vittime di cancro e le loro famiglie che hanno denunciato J&J, tuttavia, non sembrano affatto soddisfatte dell’accordo. In particolare delle modalità adottate. Mercoledì scorso infatti cinque querelanti, che rappresentano oltre 50.000 persone, hanno nuovamente citato in giudizio J&J.

L’accusa rivolta all’azienda è di frode per i “ripetuti e continui tentativi di utilizzare la bancarotta di una società di comodo per risolvere decine di migliaia di cause che sostengono che i suoi prodotti a base di talco contengano amianto e causino il cancro”. Affermano inoltre che la strategia fallimentare di J&J le fa risparmiare miliardi di dollari di risarcimento.

“Johnson & Johnson sta giocando un’oscura partita a scacchi con il sistema finanziario e giudiziario di questo Paese”, ha dichiarato uno degli avvocati delle vittime.

Secondo la causa anche lo scorporo delle divisioni della multinazionale sono state fraudolente.

LA DIFESA DI J&J E LA TERZA PROPOSTA DI BANCAROTTA

Per il vicepresidente mondiale J&J per le controversie, Erik Haas, si tratta di un “tentativo di salvataggio” da parte degli avvocati dei querelanti che non vogliono che i loro clienti votino sull’ultima proposta di accordo fallimentare dell’azienda.

Questa, ricorda Reuters, è stata semplificata raggiungendo accordi separati con gli studi legali che rappresentano le persone affette da mesotelioma e con gli Stati Uniti che sostengono che l’azienda non abbia avvertito i consumatori dei pericoli dei suoi prodotti a base di talco.

In processi recenti, J&J è stata condannata a pagare 45 milioni di dollari in una causa per mesotelioma, mentre ha vinto una causa per tumore alle ovaie.

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