La prima visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in Turchia, dove ha incontrato il presidente Recep Tayyip Erdogan, è giunta dopo una serie di incontri a margine di eventi multilaterali ed è servita principalmente a fare un punto della situazione: l’interscambio commerciale, in particolare, ha superato i 25 miliardi di euro; l’obiettivo dei due governi è portarlo ad almeno 30 miliardi entro il 2030.
L’Italia è oggi il quinto socio commerciale della Turchia a livello globale, il secondo nell’eurozona (dopo la Germania) e il primo nell’area del Mediterraneo. La bilancia degli scambi pende a favore della Turchia: come riportato da Assocamerestero, nel periodo gennaio-luglio 2023 il saldo era positivo per Ankara per 1,4 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, le esportazioni italiane sono calate del 3,2 per cento su base annua, mentre le importazioni turche sono cresciute del 9,1 per cento.
IL SENSO DELLA VISITA DI MELONI
Nelle intenzioni, la visita di Meloni dovrebbe portare all’organizzazione di una Commissione congiunta economico-commerciale (anche nota come Jetco) e a un business forum. Il governo italiano, inoltre, ha interesse a potenziare la cooperazione con Ankara sul contenimento dell’immigrazione irregolare e sulla Libia, anche in vista del vertice Italia-Africa del 28-29 gennaio e dello sviluppo del cosiddetto “piano Mattei” per la regione.
Nel 2023 la Libia è valsa all’incirca il 4 per cento delle importazioni italiane di gas naturale; la quota dell’Algeria, prima fornitrice, era attorno al 37 per cento.
MELONI A MANI VUOTE? LA CRITICA DELL’HUFFPOST
In un articolo dell’HuffPost firmato da Mariano Giustino, corrispondente di Radio Radicale dalla Turchia, si legge che il viaggio di Meloni è stata una “missione interlocutoria”, anche su dossier dove c’è una divergenza di vedute tra Roma e Ankara (ad esempio sulla guerra a Gaza tra Israele e Hamas e sull’invasione russa dell’Ucraina), che non avrebbe però portato ad “alcun accordo concreto”.
“Non è per nulla chiaro”, prosegue Giustino, “quale tipo di collaborazione la Turchia possa offrire all’Italia sul piano dei rapporti con l’Africa e sul contrasto all’immigrazione irregolare, che passa per la Libia, dove la presenza turca è fortemente consolidata”.
LE OPPORTUNITÀ PER LEONARDO E DANIELI
Meloni sembra aver messo da parte le passate critiche a Erdogan – nel 2020, ad esempio, lo accusava di aver completato “il processo di trasformazione della laica Turchia in un sultanato islamico” con la riconversione in moschea della basilica di Santa Sofia – in nome dell’economia, viste le possibilità per le imprese italiane legate all’implementazione del grande programma infrastrutturale “Transportation and Logistics Master Plan“, contenente investimenti da oltre 200 miliardi di dollari al 2053.
In Turchia sono presenti due camere di commercio e oltre millecinquecento aziende italiane, incluse grandi realtà come Eni, Saipem, Ansaldo Energia, Generali e Ferrero. Ma non solo: la società ingegneristica Danieli sta lavorando alla costruzione di un impianto siderurgico nei pressi di Izmir; il gruppo della difesa Leonardo punta a vendere all’esercito turco i suoi caccia Eurofighter e a ottenere l’inserimento del sistema missilistico Cirit (lo produce un’azienda turca, Roketsan) sui droni modelli Astore.
COME VA IL COMMERCIO ITALIA-TURCHIA
Stando all’ultimo resoconto dell’Associazione delle camere di commercio italiane all’estero, nei primi sette mesi del 2023 l’Italia è stata la sesta fornitrice di prodotti alla Turchia (preceduta da Russia, Cina, Germania, Svizzera e Stati Uniti) e la terza cliente (dopo Germania e America).
Le esportazioni italiane costituiscono il 4 per cento del totale delle importazioni turche, mentre le esportazioni dalla Turchia rappresentano il 5,1 per cento delle importazioni complessive italiane. Tra gennaio e luglio del 2023 l’interscambio tra Italia e Turchia è ammontato a 15,9 miliardi di dollari.
Come scrive Assocamerestero, “nei primi sette mesi del 2023, la dinamica dell’export italiano è stata trainata dalle vendite di ‘autoveicoli, trattori e parti di ricambio’ (+88,5%), di ‘metalli e pietre preziose’ (+61,8%) e ‘strumenti ottici, fotografici e per cinematografia’ (+46,3%)”.
A essere diminuito, invece, sono state le esportazioni di ‘combustibili e oli minerari’ (-78,8%) e di ‘ferro e acciaio e derivati (-25,1%).
“In termini assoluti”, conclude l’associazione, “la principale voce del nostro export rimane rappresentata dai ‘macchinari e apparecchiature meccaniche’, in crescita del 24,2% rispetto all’analogo periodo del 2022, con un valore di quasi USD 2,15 mld”.
Quanto alla Turchia, nei primi sette mesi del 2023 il paese ha dovuto fare i conti con un calo degli acquisti italiani di ‘ferro e acciaio e derivati’ (-58,5%) e ‘di materie plastiche’ e ‘rame’, a fronte di una crescita nel settore ‘autoveicoli, trattori e parti di ricambio’ (+27,6)”. Proprio i veicoli e i ricambi sono la principale voce tra le importazioni italiane dalla Turchia, con un valore di oltre 1,6 miliardi.
“Nel periodo in osservazione”, stando alle rilevazioni di Assocamerestero, “la domanda italiana di cereali dalla Turchia è aumentata in maniera esponenziale rispetto ad un anno fa”.