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Fertilizzanti Russia

Fertilizzanti, Russia e Ucraina quanto concimano l’Italia e l’Europa?

La guerra tra Russia e Ucraina colpisce anche i fertilizzanti e il ministero del Commercio e dell’Industria di Mosca raccomanda di interromperne temporaneamente le esportazioni in risposta alle sanzioni dei Paesi occidentali. Fatti, numeri e scenari

 

Non solo gas, petrolio, cereali e nichel, a subire il rincaro dei prezzi dovuto alla guerra tra Russia e Ucraina e alle sue conseguenze sono anche i fertilizzanti, mettendo a rischio il settore agroalimentare europeo e italiano.

Il 5 marzo, riferisce Coldiretti, il ministero del Commercio e dell’Industria russo ha raccomandato ai produttori di fertilizzanti del Paese di interrompere temporaneamente, fino a quando i vettori non torneranno alla normalità, le esportazioni a causa delle sanzioni scattate dopo l’invasione dell’Ucraina.

Ecco quali potrebbero essere i risvolti.

QUANTI FERTILIZZANTI PRODUCONO ED ESPORTANO RUSSIA E UCRAINA

La Russia, primo esportatore mondiale di fertilizzanti, produce più di 50 milioni di tonnellate all’anno di fertilizzanti, il 13% del totale mondiale.

“I concimi vengono esportati in grandi quantità dalla Russia e se ci dovesse essere un blocco delle esportazioni, come ritorsione alle sanzioni, si può creare un grande problema – ha detto ad Adnkronos Dino Scanavino, presidente Cia-Agricoltori italiani – In particolare, il problema potrà riguardare l’azoto necessario per coltivare il mais e il grano (tenero e duro) sia per una maggiore quantità che per la qualità dei raccolto”.

Ma anche l’Ucraina svolge un ruolo importante. Secondo quanto riportato da La Stampa, è stato l’ottavo esportatore mondiale nel 2020 di urea, principale elemento nutritivo a base di azoto per le coltivazioni, nonché il secondo fornitore per l’Italia, “con circa 125 mila tonnellate inviate nel nostro paese tra gennaio e novembre (+46% su base annua)”.

CHI SONO I PRODUTTORI RUSSI

Coldiretti fa sapere che alcuni dei principali produttori di fertilizzanti in Russia sono Phosagro, Uralchem, Uralkali, Acron ed Eurochem.

“VECCHIE” QUESTIONI

Anche prima dell’attacco di Mosca all’Ucraina, scrivono sia Coldiretti che il Financial Times, le crescenti tensioni geopolitiche si erano infiltrate nei mercati alimentari globali. I prezzi dei principali fertilizzanti, infatti, erano già aumentati l’anno scorso dopo che l’Unione europea aveva annunciato sanzioni per le violazioni dei diritti umani contro Bielorussia (che insieme alla Russia produce il 40% delle esportazioni mondiali di potassio e il 20% di ammoniaca), Cina e Russia, che hanno limitato le esportazioni per salvaguardare l’offerta interna.

Putin, per esempio, aveva già deciso di imporre fino ad aprile il divieto di export di nitrato di ammonio, prodotto fondamentale per la concimazione del grano, di cui rappresenta da solo circa un quarto dei costi complessivi di coltivazione.

L’AUMENTO DEI PREZZI

Oltre quindi a essere a rischio la produzione agroalimentare europea, i prezzi dei fertilizzanti sono aumentati vertiginosamente, con rincari di oltre il 170% (da 250 euro/tonnellata a 670 euro/tonnellate), riferisce Coldiretti. Una delle conseguenze dell’impennata del costo del gas.

Da un’analisi di Borsa merci telematica italiana (Bmti), sui listini delle Camere di commercio e Borse Merci italiane, riporta La Stampa, “emergono diffusi aumenti nella settimana che va dal 28 febbraio al 4 marzo, con un +3,8% per l’urea, attestata sugli 875 euro per tonnellata (+120% rispetto a un anno fa), e un +0,9% per il nitrato ammonico, salito sui 675 euro per tonnellata (+140% rispetto al 2021). I rincari, però, si estendono a tutto il comparto, interessando anche i fertilizzanti a base di potassio e fosforo, con rialzi su base annua del +112% per il cloruro di potassio e del +96% per il perfosfato triplo”.

REAZIONE A CATENA

Lo stop all’export di concimi ha inevitabilmente avuto conseguenze anche sull’aumento del prezzo del grano, “mettendo a segno un aumento del 40,6% in una settimana per un valore ai massimi da 14 anni di 12,09 dollari per bushel (27,2 chili) che non si raggiungeva dal 2008”, fa sapere Coldiretti.

Inoltre, a fronte degli attuali rincari, un imprenditore su tre decide di ridurre la produzione.

PROBLEMI MONDIALI, EUROPEI E ITALIANI

L’aumento dei prezzi ha innescato anche la decisione del governo ungherese di bandire tutte le esportazioni di grano e cereali con effetto immediato.

“Come Federalimentare stiamo chiedendo immediatamente e in modo formale che il governo italiano intervenga presso l’Unione europea affinché venga rispettato il principio della libera circolazione delle merci, dato che quello che sta facendo l’Ungheria è contro tale principio – ha detto ad Adnkronos Ivano Vacondio, presidente dell’associazione – Il problema, a questo punto non sarebbe solo quello di un aumento dei prezzi, ma inizierebbe ad apparire lo spettro di una reale difficoltà di approvvigionamento per il nostro Paese di materie prime come il grano, il mais e il girasole con conseguenze drammatiche per le rispettive filiere”.

Infine, un altro dei rischi è che Putin, se dovesse prendere il controllo dell’Ucraina – quarta per importazioni agricole dell’Ue – avrebbe tra le mani una parte molto consistente degli approvvigionamenti europei e mondiali di materie prime agricole. Per questo, l’amministratore delegato di Consorzi Agrari d’Italia (Cai), Gianluca Lelli, ha dichiarato che dal “blocco che si sta creando tra Russia, Bielorussia e Ucraina, con un soggetto che a livello strategico può condizionare il mercato mondiale” il pericolo è quello di un vero e proprio predominio.

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