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Vivendi

Ecco umori e malumori di Vivendi su Tim, Mediaset e governo

Che cosa dice, che cosa non dice e come si agita il gruppo francese Vivendi in Italia fra Tim, Mediaset e governo...

Tutti la cercano, molti la vogliono, altrettanti la detestano.

E’ Vivendi, l’azienda francese al centro di alcune delle partite industriali e finanziarie in Italia che ruotano attorno a Mediaset, a Tim e al progetto di rete unica voluta dal governo.

Come raccontato nei giorni scorsi da Start, una proposta di maggiori sinergie commerciali e anche azionarie era stata avanzata a grandi linee da Mediaset a Vivendi, ma il gruppo francese l’ha rispedita al mittente.

Si percepisce silenzio, invece, al Tesoro sulla posizione di Vivendi per il progetto – caldeggiato dall’esecutivo – di rete unica fra Tim e Open Fiber.

“Gualtieri ha avuto una conversazione telefonica con il ceo di Vivendi, de Puyfontaine, chiedendo di astenersi dall’interferire sul progetto di rete unica, ma non è stato possibile conoscere la risposta dei francesi”, ha svelato oggi il Sole 24 Ore.

D’altronde le mosse del governo non sono granché apprezzate dal gruppo francese, visto l’emendamento al decreto Covid – condiviso da Forza Italia ma bistratto dalla Lega – che rimette nelle mani dell’Agcom il potere di stabilire cosa può e non può fare Vivendi nel Biscione, dopo che il gruppo di Bolloré ha ottenuto dalla Corte di giustizia Ue una sentenza che ripristina i diritti di voto della media company in Mediaset.

Gli umori neri dei francesi si riversano anche su Tim.

Il gruppo francese ha i titoli in carico a 0,86 euro con le azioni che dopo i risultati trimestrali sono risalite a 0,38 centesimi. E non sta andando meglio su Mediaset che ha comprato a 3,70 euro (1,99 euro ieri).

Fors’anche per questa corposa minusvalenza, i francesi sono nervosetti, visto quello che scrive oggi il Corriere della Sera: “Nel corso dell’ultimo consiglio d’amministrazione raccontano che i rappresentanti di Vivendi avrebbero cambiato all’improvviso i toni puntando il dito contro l’andamento deludente del titolo e lo scarso impatto che avrebbe avuto la gestione operativa sul prezzo di Borsa. Una critica che ha certamente delle basi — nei giorni scorsi Tim ha toccato in Borsa il minimo storico a 0,29 centesimi — ma che avrebbe sorpreso perché inattesa, nei toni e nei modi. E soprattutto perché arrivata al termine di un consiglio tranquillo, in cui l’amministratore delegato, Luigi Gubitosi, aveva portato i risultati per i primi nove mesi, ottenendo l’approvazione all’unanimità”.

Le critiche – secondo alcuni osservatori – sono i prodromi delle prossime mosse di Vivendi in Tim, visto che la prossima primavera scade il board dell’ex Telecom Italia, dove ora il fondo americano Elliot ha la maggioranza dei consiglieri pur avendo liquidato la quota che le ha permesso di controllare il cda, mentre Vivendi ha il 23,94% e la Cdp detiene il 9,89% (ma ora non ha rappresentanti nel consiglio di Tim).

Quindi – di riffa o di riffa, se gli assetti azionari non cambiano – i francesi potrebbero tornare ad avere la maggioranza del board del gruppo (Tim) perno di FiberCop e in prospettiva di AccessCo, ovvero l’agognata (in primis dal governo) società unica della rete fra Tim e Open Fiber. E con il dossier Mediaset sempre caliente.

Scintille in vista?

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