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Mediaset

Che cosa succede davvero fra Mediaset e Vivendi? Il caso della notizia di Milano Finanza

Subbugli, stranezze e smentite dopo la notizia di Mf/Milano Finanza sul progetto Vivendi-Mediaset. Fatti, nomi, ricostruzioni e indiscrezioni

 

Nessuna lettera, nessun passo formale dei francesi verso il cda del Biscione, ma Mediaset è pronta ad esaminare proposte di Vivendi per “un forte piano industriale condiviso”.

Il gruppo televisivo fondato da Silvio Berlusconi lo ha ricordato ieri con un comunicato di smentita a indiscrezioni di Mf/Milano Finanza; “un comunicato che sembra servire soprattutto a ricordare che la porta per parlare resta aperta”, ha sintetizzato ieri sera l’Ansa.

“Il cda Mediaset non ha ricevuto alcuna lettera dal board di Vivendi per costituire un’alleanza industriale in Europa. L’indiscrezione non ha fondamento”, ha messo per iscritto il Biscione in un comunicato nel quale aggiunge che “Mediaset, come è noto, sostiene da sempre l’ipotesi di un forte piano industriale condiviso per avviare operazioni di sviluppo europeo destinate a creare valore per tutti gli azionisti: proposte di questo tipo, qualora venissero formulate, verrebbero immediatamente esaminate dal Cda”.

Ma da dove nasce il comunicato di Mediaset? Ieri mattina il quotidiano del gruppo Class, Mf/Milano Finanza, diretto da Paolo Panerai, ha lanciato nell’apertura della prima pagina il progetto Vivendi-Mediaset: secondo lo scoop di Roberto Sommella, direttore con Paolo Panerai (“direttore ed editore”) di Mf/Milano Finanza e direttore di Milanofinanza.it, il board di Vivendi ha scritto una nuova lettera al cda di Mediaset, la terza in pochi mesi, per tendere il ramoscello d’ulivo finale all’impero di Silvio Berlusconi, con cui il gruppo francese di Vincent Bolloré è in guerra legale, finanziaria e, da poco, politica (per l’ormai famoso emendamento blinda-Biscione).

Il tema della missiva, a firma del cfo della holding Hervé Philippe, e recapitata una quindicina di giorni fa a Pier Silvio Berlusconi e a tutto il cda dell’azienda di Cologno Monzese, è semplice: sediamoci a un tavolo e firmiamo finalmente la pace, senza terzi di mezzo, ha scritto Mf.

La distensione alla francese, ha aggiunto Sommella, poggia su tre punti fondamentali: la chiusura delle vicende processuali che hanno infiammato i fori di mezz’Europa e la prosecuzione del progetto di tv europea Mfe, ma doverosamente col rispetto di tutti i soci (gli scriventi); un solido accordo commerciale tra la holding transalpina e l’azienda italiana con una corposa fornitura di spazi pubblicitari e advertising; la costituzione, e questa è la novità vergata da Philippe, di una joint venture per affrontare il mercato televisivo da pari a pari, una volta che sarà terminata la crisi pandemica.

“Il Cda Mediaset non ha ricevuto alcuna lettera dal board di Vivendi per costituire un’alleanza industriale in Europa. L’indiscrezione non ha fondamento”, ha messo per iscritto ieri pomeriggio, come detto, Mediaset, mentre su Twitter Mf/Milano Finanza ha deciso di non socializzare l’articolo che, peraltro, non ha fatto capolino neppure sulla home page del sito Milanofinanza.it.

Quindi nessuna lettera. Non solo: secondo alcune indiscrezioni che circolano a Roma fra politici e professionisti al corrente dei rapporti fra Mediaset e Vivendi si sottolinea che, in realtà, quel tipo di proposta era stata avanzata a grandi linee da Mediaset a Vivendi che però è stata rispedita al mittente. Forse anche per questa ragione Mediaset ha smentito.

Chi ha familiarità con la galassia Mediaset chiosa: la trattativa sottotraccia è ferma perché ci sono divergenze di impostazione nella famiglia Berlusconi. In sostanza, sulla base di queste indiscrezioni, i vertici di Mediaset – guidata dall’amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi – sono favorevoli mentre è refrattario Silvio Berlusconi, che su consiglio dell’avvocato Niccolò Ghedini vorrebbe attendere l’esito delle cause sul dossier Premium con Vivendi anche perché in questo modo potrebbe avere maggiore forza contrattuale. Si vedrà.

Quindi le trattative in atto da mesi per arrivare a un accordo tra i due gruppi sono in fase di stallo. Per ora i francesi avrebbero ipotizzato la creazione di una joint venture europea nella quale far confluire le loro attività nel settore televisivo, quelle del Biscione e la partecipazione di maggioranza di Mediaset nella tedesca Prosieben, secondo la ricostruzione dell’Ansa: chiedono contestualmente il ritiro di tutte le cause in corso e per ora non intendono prendere in considerazione di cedere il loro 30% scarso nell’azionariato del Biscione. Che di suo punterebbe soprattutto a costruire una “nuova” Mfe senza opposizioni continue da parte del socio francese. Con i tempi per arrivare a un accordo che vengono dettati soprattutto da quelli giudiziari e cioè dalla sentenza della causa civile da tre miliardi presso il Tribunale di Milano, attesa tra gennaio e febbraio.

Da sottolineare che anche la Borsa non si è scaldata sugli ultimi segnali lanciati dai contendenti, con il titolo del Biscione che ha frenato la sua corsa recente ed è tornato sotto quota due euro con un calo del 2,5%.

Intanto la politica continua a discutere sull’emendamento al decreto Covid, che attribuisce nuovi poteri di istruttoria all’Agcom sulle scalate a gruppi dei media e delle telecomunicazioni, con il ministro allo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli (M5s), che rifiuta la definizione di norma ‘salva Mediaset’: “Non si tratta di una norma ad aziendam – ha spiegato a Sky TG24 il ministro allo Sviluppo economico – o per fare un dispetto a una società non italiana ma francese: è semplicemente la presa d’atto che una sentenza europea porta ad avere un vuoto normativo da colmare. Bisogna dare gli strumenti ad Agcom per valutare gli effetti sul mercato e sul pluralismo di quella sentenza: si applica in questo momento perché c’è un caso in corso, ma può essere valutata su tante altre operazioni finanziarie”, ha concluso Patuanelli.

Parole apprezzate dal Pd: “Il governo ha presentato quella norma come non finalizzata a una azienda ma a una condizione del nostro mercato, e io non ho motivo di dubitarne. Come partito abbiamo sollecitato il ministro Patuanelli a dire una parola di verità e sono lieto e lo ringrazio che lo abbia fatto”, ha detto il presidente del Pd Nicola Zingaretti ai microfoni di SkyTg24 rispondendo alla sollecitazione del giornalista sulla norma nel Dl Covid (di prossima discussione alla Camera) che va a beneficio di Mediaset nei rapporti con Vivendi, con l’ipotesi di uno scambio politico tra la maggioranza e Forza Italia. Su questa vicenda, ha aggiunto Zingaretti, “era iniziata una accusa contro il partito democratico, di uno scambio al ribasso con il rapporto con Forza Italia: e’ falso, non e’ vero, e ringrazio il ministro Patuanelli di aver posto il termine nella giusta verità”.

Se la maggioranza regge sul tema, incassando anche il plauso di Forza Italia, tra Lega e partito fondato da Berlusconi i rapporti si stanno incancrenendo, visto che il movimento capeggiato da Matteo Salvini non è a favore della norma gradita a Mediaset e Forza Italia tanto da presentare una pregiudiziale di costituzionalità sulla norma.

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SINTESI CALCIOEFINANZA DELL’ARTICOLO DI MF

Alla fine della pandemia in Europa nascerà un colosso televisivo dall’inflessione francese, come «Viviset», o lombarda, stile «Mediandi», magari con una finale accentata? La domanda non è fantasiosa, perché non è affatto escluso che il 2021 possa essere l’anno in cui muoverà i primi passi una nuova televisione.

E’ almeno quello che sperano a Vivendi, il cui board, secondo quanto ha riportato in prima pagina ieri da MF-Milano Finanza, ha scritto una nuova lettera al cda di Mediaset, la terza in pochi mesi, per tendere il ramoscello d’ulivo finale all’impero di Silvio Berlusconi, con cui il gruppo francese di Vincent Bolloré è in guerra legale, finanziaria e, da poco, politica (per l’ormai famoso emendamento blinda-Biscione).

Il tema della missiva, a firma del cfo della holding Hervé Philippe, e recapitata una quindicina di giorni fa a Pier Silvio Berlusconi e a tutto il cda dell’azienda di Cologno Monzese, è semplice: sediamoci a un tavolo e firmiamo finalmente la pace, senza terzi di mezzo.

La distensione alla francese, scrive Mf, poggia su tre punti fondamentali: la chiusura delle vicende processuali che hanno infiammato i fori di mezz’Europa e la prosecuzione del progetto di tv europea Mfe, ma doverosamente col rispetto di tutti i soci (gli scriventi); un solido accordo commerciale tra la holding transalpina e l’azienda italiana con una corposa fornitura di spazi pubblicitari e advertising; la costituzione, e questa è la novità vergata da Philippe, di una joint venture per affrontare il mercato televisivo da pari a pari, una volta che sarà terminata la crisi pandemica.

Ed è proprio il terzo passaggio della lettera, cui ancora non è stata data risposta e che sarà al centro del cda di Vivendi proprio ieri, come fanno notare alcuni addetti ai lavori di Bruxelles, a rendere meno avveniristi- co l’incipit di questo articolo e il futuro delle due aziende. Che poi, trattandosi di personaggi del calibro di Bolloré e Berlusconi, può sempre riservare sorprese.

Va precisato che la lettera sarebbe partita proprio nei giorni in cui il governo Conte appoggiava il famoso emendamento che di fatto congela la situazione in Mediaset (di cui Vivendi ha il 29%) per un semestre intero sotto l’occhio vigile dell’Autorità per le Comunicazioni. Dunque prima che si scatenasse la gazzarra politica all’interno della maggioranza giallorossa, perché non è ancora chiaro chi abbia voluto quella norma al decreto Emergenza Covid (non ancora approvata e forse in fase di revisione) né all’interno dell’esecutivo (il premier e Silvio Berlusconi non si sentono da mesi, dopo aver avuto colloqui intensi invece durante il primo lockdown) né dentro la stessa Mediaset, dove Gianni Letta sarebbe rimasto di sasso per non essere stato informato dell’operazione.

Ma qui non rileva chi abbia davvero lavorato col governo e col ministero dell’Economia per proporre un emendamento che, in osservanza di una sentenza della Corte di Giustizia Ue, mette un freno a pur impossibili scalate della tv berlusconiana ma anche a qual- siasi altro soggetto editoriale italiano. Rileva che, secondo quanto scrive MF-Milano Finanza, la Commissione Ue avrà invece questa settimana un incontro con Palazzo Chigi per chiarire la portata di quella norma, bol- lata dal M5S come il preludio di una nuova maggioranza di governo allargata a Forza Italia.

La realtà sarebbe molto diversa. Come si fa strada la possibilità che quel tipo di blindatura, su un’azienda peraltro controllata al 51% da Fininvest, alla fine non serva. Almeno fino a quando non sarà siglata la pace televisiva con la nascita di un nuovo network italo-francese e con il beneplaci- to di tutta la famiglia Berlusconi, dei vertici e degli azionisti. La lettera di Vivendi ha questa finalità.

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COMUNICATO MEDIASET

«Nessuna lettera da Vivendi al CDA Mediaset» Mediaset smentisce indiscrezioni di stampa

«NESSUNA LETTERA DA VIVENDI AL CDA MEDIASET»
MEDIASET SMENTISCE INDISCREZIONI DI STAMPA

Il Consiglio di Amministrazione Mediaset non ha ricevuto alcuna lettera dal board di Vivendi per costituire un’alleanza industriale in Europa.
L’indiscrezione, riportata oggi da un organo di stampa, non ha fondamento.

Mediaset, come è noto, sostiene da sempre l’ipotesi di un forte piano industriale condiviso per avviare operazioni di sviluppo europeo destinate a creare valore per tutti gli azionisti. Proposte di questo tipo, qualora venissero formulate, verrebbero immediatamente esaminate dal Consiglio di Amministrazione Mediaset.

Cologno Monzese, 19 novembre 2020

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