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Ecco la missione di Orcel in Unicredit (mentre Padoan e Micossi fanno a sportellate)

La nomina all'unanimità di Orcel al vertice di Unicredit. Il dossier Mps caldeggiato dal Tesoro di Gualtieri e Rivera. Lo scenario Banco Bpm. Le attese dei fondi. E le frizioni fra Micossi e Padoan. Fatti, nomi, indiscrezioni e approfondimenti

 

«La profonda conoscenza delle sfide e delle opportunità nei servizi finanziari internazionali».

Potrebbe essere racchiusa in queste 11 parole contenute nel comunicato stampa di Unicredit la risposta all’interrogativo che, più di tutti, ruota attorno all’arrivo del banchiere Andrea Orcel alla guida di Unicredit: ovvero se arriverà in porto l’attesa, complessa e altamente politicizzata operazione col Monte dei Paschi di Siena (Mps).

È più di un classico profilo professionale quello che il consiglio di amministrazione di Piazza Gae Aulenti, ieri sera, ha diffuso alla stampa con il comunicato col quale è stato formalmente annunciato il successore di Jean Pierre Mustier salutato con favore – pubblico e privato – di tutti gli azionisti, comprese le fondazioni bancarie e Leonardo Del Vecchio, oltre che dei fondi internazionali.

La nota del consiglio di amministrazione contiene un messaggio che, con ogni probabilità, è stato ispirato da chi, nel frastagliato azionariato dell’unica banca italiana considerata sistemica, non gradisce né l’opzione del matrimonio con Mps né tantomeno l’ingerenza della politica.

Unicredit, dice ufficialmente il board, guarda anzitutto «ai servizi finanziari internazionali», quindi all’estero e non all’Italia.

Agli osservatori più attenti, peraltro, non è sfuggito un altro dettaglio: l’annuncio di Orcel è stato fatto filtrare sulle agenzie di stampa, martedì, nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte ha rassegnato le dimissioni. Come dire: ci muoviamo liberamente, nonostante l’Italia non abbia un governo coi pieni poteri.

Non è un caso. Come non lo è il comunicato stampa. Che potrebbe assumere una veste più ampia: non un banale saluto, dunque, ma un “pizzino” diretto a via Venti Settembre e, nello specifico, nella stanza del direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera.

È lui, del resto, che sta gestendo, non senza difficoltà, il dossier Mps ed è proprio grazie a al più alto dirigente del Tesoro che l’ex ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è stato cooptato nel board di Unicredit per diventarne presidente dal prossimo aprile.

Il progetto, tuttavia, non sembra aver funzionato alla perfezione e qualche ingranaggio, nel motore avviato da Rivera, si è inceppato, almeno parzialmente.

Non è un caso che Padoan sia stato tagliato fuori dalla scelta del nuovo amministratore delegato: la selezione del capo azienda, in ossequio allo statuto, è stata avocata dal comitato nomine di Unicredit, senza che l’ex ministro abbia fatto granché.

E il comitato nomine del gruppo bancario già capeggiato da Mustier è presieduto dall’economista Stefano Micossi, che da direttore generale di Assonime (l’associazione che riunisce le grandi aziende private e pubbliche) ha firmato un report sul Recovery Plan con critiche serrate e proposte nette che di sicuro non hanno fatto felice né il governo né tanto meno il ministero dell’Economia retto da Roberto Gualtieri (Pd) all’opera proprio sul dossier Mps; un’opera pochissimo apprezzata da Micossi.

È caduta nel vuoto, così, la carta di Marco Morelli che lo stesso Padoan aveva portato sulla tolda di comando di Mps nel 2016 e, adesso, sarebbe stato perfetto per gestire la controversa (solo ipotizzata) fusione. Una fetta rilevante dei soci Unicredit non guarda con favore a Siena e, per eventuali consolidamenti interni, non sono escluse altre piste, tra cui quella che porta a Banco Bpm. Ma non sembrano aver fretta a crescere in Italia, mercato non particolarmente remunerativo.

La palla, per quanto riguarda Mps, torna al Tesoro (che ha il 64% di Rocca Salimbeni): hanno ritenuto i giochi chiusi anzitempo, considerando definito l’affare, e si sono mossi come se fossero già diventati il primo azionista di Unicredit dopo l’eventuale concambio post-fusione.

E non va dimenticato un altro aspetto: Orcel si insedierà tra qualche mese, con Unicredit costretta a scegliere un traghettatore dopo la definitiva uscita di Mustier, fissata per il 12 febbraio, giorno dell’approvazione dei conti relativi al 2020. Un ulteriore rallentamento nella tabella di marcia disegnata da Rivera.

Tant’è che si fa sempre più probabile la possibilità che il governo italiano si accinga a chiedere all’Unione europea una proroga per l’uscita dal capitale di Mps. Con lo Stato destinato a fare il banchiere ancora a lungo.

GLI APPROFONDIMENTI DI START MAGAZINE SU UNICREDIT, ORCEL E MPS:

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