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Unicredit, tutto (o quasi) su Andrea Orcel che sostituirà Mustier

Secondo l'Ansa, sarà Andrea Orcel a sostituire Jean-Pierre Mustier in Unicredit. Chi è Orcel e chi punta (specie Del Vecchio) su di lui. Il Tesoro mugugna?

Si scioglie il nodo sul nuovo ceo di Unicredit e si va verso la nomina di Andrea Orcel al posto lasciato da Jean Pierre Mustier.

E’ quello che ha appreso l’Ansa da fonti finanziarie.

ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI START A FIRMA DI ARNESE E SOTO SU UNICREDIT E ANDREA ORCEL:

In pole position per prendere il posto del banchiere francese sembra esserci Andrea Orcel che sarebbe gradito anche all’azionista Leonardo Del Vecchio e alle fondazioni azioniste (Cariverona e Cassa risparmio di Torino).

Un candidato perfetto, secondo alcuni (anche per il Tesoro?, chissà): italiano ma con curriculum e contatti di caratura internazionale. Il bagaglio di esperienza di Orcel rischia però di essere ingombrante anche alla luce di possibili trattative da riavviare con il Monte.

Perché il suo nome, per i senesi, resta ancora legato al peccato originale di Antonveneta: fu lui, quando ancora era presidente della divisione “global markets & investment banking” nella sede londinese di Merrill Lynch, il regista dello spezzatino di Abn Amro che consegnò la banca padovana al Banco Santander e poi nel novembre 2007 al Monte. Di cui un mese dopo, a dicembre 2007, Merrill diventò joint global coordinator dell’operazione di finanziamento collegata al blitz sulla banca veneta.

L’ex presidente di Mps, Giuseppe Mussari, trattò attraverso Orcel con Emilio Botín, grande capo del Santander che aveva bisogno di denaro per acquisire con Royal Bank Scotland e Fortis la banca olandese Abn Amro. Così Botin vendette a novembre del 2007 a Mussari per 9 miliardi più 7 miliardi di debiti quell’Antonveneta che solo quattro settimane prima aveva comprato proprio da Abn Amro per 6,6 miliardi. Una circostanza che, dicono nei salotti della finanza, deve aver cementato il legame tra Orcel e la famiglia Botin.

Tanto che nel settembre 2018 Ana Botin, la figlia di Emilio poi diventata presidente del Santander, gli promette pubblicamente la nomina al timone del Banco spagnolo con un bonus di ingresso che le cronache dell’epoca dicono raggiungesse la cifra stellare di 50 milioni di euro. La cosa sembra fatta, sui giornali di tutta Europa escono articoli celebrativi con il profilo di quello che qualcuno si è spinto a dipingere come “il Ronaldo dei banchieri”.

Peccato che il bonus promesso sia troppo alto anche per una delle banche più grandi del mondo e che, nonostante l’annuncio della Botin, la nomina non vedrà mai la luce per l’opposizione del cda. Il caso desta tale clamore che i fondi azionisti di Santander arrivano a chiedere la testa del presidente che nell’assemblea degli azionisti di aprile 2019 è costretta a riconoscere l’errore e scusarsi pubblicamente.

Quanto a Orcel, scatena un contenzioso legale ancora aperto che si concretizza nella richiesta di 112 milioni di risarcimento alla banca iberica.

Forse anche per questo passato, ieri in Senato il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, mentre strapazzava Giuseppe Conte (che però non è caduto o non si è piegato come auspicava l’ex presidente del Consiglio), ha sibilato verso chi “deve comprare il Monte dei Paschi di Siena appoggiandosi agli stessi consulenti che venti anni fa hanno già combinato sufficienti pasticci”.

Comunque, se la scelta finale ricadrà su Orcel il banchiere romano lavorerebbe al fianco del presidente Pier Carlo Padoan (ancora in pectore perché la sua nomina deve essere approvata dai soci nell’assemblea di primavera) dal passato altrettanto ingombrante perché sotto di lui il Mef ha preso il controllo di Rocca Salimbeni con la ricapitalizzazione precauzionale e l’istituto è diventato il “Monte di Stato”.

L’arrivo di Padoan in Unicredit è stato per questo letto da molti osservatori come prodromico al matrimonio con quel Monte di cui il Tesoro non sa che fare, stretto tra le promesse fatte all’Europa in sede di salvataggio e un’operazione di mercato che al momento non esiste.

Bisogna evitare che Mps sia la nuova Capitalia per Unicredit, sostengono alcuni analisti. Ebbene, chi era alla guida del team Financial Institution Group di Merrill Lynch quando da advisor consigliava l’Unicredit sull’acquisto di Capitalia? Andrea Orcel.

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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI UGO BERTONE PER FORBES SU ANDREA ORCEL:

Andrea Orcel, classe 1963, romano di nascita, ma cittadino del mondo ai tempi della finanza globale che non concede pause a chi sceglie il suo mestiere (o la sua missione?). “Una vocazione che non è per tutti”, come rispose quando, nel 2013, dopo la morte di un assistente di Bank of America vittima dell’eccesso di lavoro, fu lanciato un appello internazionale per introdurre dei limiti d’orario per i banchieri junior. Ma non è fatto di ghiaccio, assicura un ritratto del Financial Times: “Non ci vuole molto perché si metta a gridare improperi, rivelando il suo carattere italiano”.

Questo e altro si legge nella voce dedicata all’ex enfant prodige della finanza mondiale, cresciuto in Goldman Sachs e Merrill Lynch prima di approdare in Ubs e di finire in un braccio di ferro con i vertici di Banco Santander, che si erano rifiutati di onorare lo stipendio concordato con Ana Botìn: 50 milioni di euro, forse qualcosa in più di quel che guadagna Ronaldo. Orcel non l’ha presa bene e ha intentato una causa da 112 milioni contro la banca più potente d’Europa. Che gli deve forse qualcosa, perché proprio grazie a Orcel il papà di Ana riuscì a vendere Banca Antonveneta al Monte dei Paschi per 9 miliardi cash – più altri 7 miliardi di debiti – prima dello scoppio della crisi del 2007-2008.

Nessuno discute le qualità dell’investment banker, che può vantare un curriculum eccezionale: poco più che trentenne, ha avuto un ruolo chiave nella nascita di Unicredit, mettendo a punto la fusione con il Credito italiano. Subito dopo, fu l’artefice della nascita di Bbva, il secondo gruppo spagnolo. Passato da Goldman Sachs a Merrill Lynch, lavora al “capolavoro”: lo spezzatino dell’olandese Abn Amro, con il coinvolgimento della belga Fortis, dello spagnolo Banco Santander e della Royal Bank of Scotland. L’operazione si conclude con il default dell’istituto britannico, salvato a carissimo prezzo dal Tesoro di Londra, e della belga Fortis. La banca spagnola si salva grazie alla cessione di Antonveneta a Monte dei Paschi, travolto da questo pessimo affare e oggi nelle mani del Tesoro italiano, che, per rispettare gli accordi con la Banca centrale europea, dovrà cedere il 64% frutto del salvataggio.

Un’ecatombe, ma non per Orcel: l’inchiesta americana sulle banche d’affari seguita ai crack della stagione dei subprime appurerà che Orcel ha incassato in provvigioni 33 milioni di dollari. Niente di illecito, per carità. Anzi, Orcel, consigliere di banchieri e potenti, al momento delle dimissioni di Alessandro Profumo viene contattato per la posizione di ceo di Unicredit. È lui a rifiutare il posto, vista la distanza tra i suoi guadagni e lo stipendio da banchiere.

Oggi le cose sembrano cambiate. Orcel ha dato la sua disponibilità, cedendo alle lusinghe di Leonardo Del Vecchio, patron di Essilor Luxottica e grande azionista di Mediobanca. Del Vecchio, socio del Credito italiano fin dai tempi della privatizzazione, ha un forte legame, anche storico, con Unicredit, sua banca di riferimento fin dai tempi di Lucio Rondelli, che lo convinse a portare Luxottica a Wall Street a metà anni Novanta, in netto anticipo sul sistema Italia. È proprio Del Vecchio il grande nemico del matrimonio tra Unicredit e Monte dei Paschi, pur dotata di una cospicua dote. Perché sacrificare la realtà finanziaria internazionale più importante per tappare i buchi del passato? Qui ci vuole un uomo con ambizioni e visione internazionale. Come Orcel, per l’appunto, osteggiato per i precedenti infausti in terra di Siena.

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