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Bono Fincantieri

Cosa dice Bono (Fincantieri) sul caso D’Alema-Colombia

Tutti i dettagli sull'audizione dell’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, presso la commissione Difesa del Senato, sul caso Colombia e non solo

 

Il procedimento per la vendita di armi alla Colombia? “Non è andato avanti perché è stato bloccato tutto e perché è esploso il caso”.

Lo ha detto l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, nel corso dell’audizione, presso la commissione Difesa del Senato, in relazione all’affare assegnato n. 1110 sulle prospettive dell’export italiano di materiali per la difesa e la sicurezza e implementazione della recente normativa in materia di rapporti G2g.

In particolare, al numero uno di Fincantieri sono stati chiesti chiarimenti in merito al Colombiagate. Ovvero il caso che vede protagonista l’ex premier Massimo D’Alema in qualità di mediatore nella vendita da 4 miliardi di euro di mezzi militari alla Colombia da parte di Fincantieri e Leonardo, con 80 milioni di euro di possibili provvigioni per i mediatori.

Che cosa sapeva Bono nell’ambito della procedura? E rispetto al ruolo di D’Alema? Quali rapporti con lo studio Allen? Sono alcuni degli interrogativi con cui il senatore Maurizio Gasparri (Forza Italia) ha incalzato l’ad di Fincantieri.

Si ricorda che il gruppo della cantieristica navale di Trieste ha deciso di sospendere temporaneamente Giuseppe Giordo dall’incarico di responsabile della Divisione Navi Militari per il suo coinvolgimento nella vicenda.

Nel frattempo, si attendono i risultati degli audit interni avviati dalle due aziende partecipate dello stato. Come ha annunciato il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, in Aula alla Camera rispondendo a un’interrogazione Fdi nel corso del question time il 23 marzo. “I risultati saranno oggetto di approfondimento e valutazione dagli organi societari e dalla istituzioni preposte”, ha fatto sapere il ministro.

La scorsa settimana sempre la Commissione Difesa del Senato ha ascoltato il numero uno di Leonardo, Alessandro Profumo. Parlamentari di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva si sono dichiarati “insoddisfatti” dalle risposte di Profumo.

Tutti i dettagli sulla posizione del numero uno di Fincantieri riguardo la vicenda Colombia.

LA TRATTIVA DI FINCANTIERI IN COLOMBIA

A inizio marzo è scoppiato il caso del presunto tentativo di vendita al Governo colombiano di forniture militari prodotte da Fincantieri e Leonardo.

Nello specifico, La Verità — primo a riportare la vicenda in maniera dettagliata — parla di “vendita al ministero della Difesa colombiano di 4 corvette Fcx30 e due sommergibili classe Trachinus prodotti da Fincantieri e di alcuni aerei M346 di Leonardo”.

“Le trattative portano a un memorandum of understanding tra due militari colombiani e Fincantieri, firmato a Bogotà a fine gennaio dal direttore generale Navi Militari Giuseppe Giordo e il direttore commerciale Achille Furfaro. Per Leonardo si svolge a Bogotà una riunione con Carlo Bassani”, scriveva il 2 marzo il Fatto Quotidiano.

COSA SAPEVA BONO?

Ieri, ascoltato in commissione Difesa al Senato, Giuseppe Bono è stato incalzato a fornire la sua versione della vicenda.

“Abbiamo due divisioni che nella mia testa dovrebbero essere società perché è difficile governarle insieme. I capi delle varie divisioni hanno delle autonomie… fino a un certo punto perché abbiamo delle procedure a step”, ha spiegato innanzitutto l’ad di Fincantieri.

“Fino al giorno prima della partenza per la Colombia non sapevo niente, hanno pensato di gestirlo da soli. Non dovevo partecipare a nessuna call, nessuno mi ha detto niente di queste cose”, sottolinea Giuseppe Bono confermando la sua estraneità ai fatti menzionati dai media.

RIGUARDO ALLO STUDIO LEGALE ROBERT ALLEN

Riguardo al ruolo dello studio legale Robert Allen Law nella trattativa, Bono asserisce: “Non abbiamo mai avuto rapporti con questo studio”.

“Dalla divisione militare volevano far dare un mandato a questo studio Allen, ma la piattaforma dove vengono indicate le aziende e le società che hanno reputazione e credibilità sul mercato per lo studio Allen non ha dato informazioni. Si sono fermati senza che io intervenissi perché questa era la procedura”, ha spiegato Bono.

“Da parte dello studio Allen non abbiamo avuto alcuna informazione. Si sono fermati lì senza che io intervenissi”, ha aggiunto il numero uno di Fincantieri.

IL RUOLO DI D’ALEMA

“Finita la presentazione, anche qui c’è stato qualcosa. Mi è stato detto che andavano in Colombia per incontrare il ministro della Difesa, e il contatto lo aveva procurato il presidente D’Alema attraverso i suoi precedenti contatti politici istituzionali (è stato ministro degli Esteri e presidente del Consiglio, niente di strano tutti aiutano il paese). Del resto non so nulla da parte di questi signori” spiega in commissione Giuseppe Bono.

“A D’Alema non abbiamo pagato mai nemmeno il viaggio” ha precisato l’ad di Fincantieri.

LE TAPPE

Secondo Giuseppe Bono “non abbiamo fatto niente. Non si è andati allo step successivo in cui si devono coinvolgere altre funzionalità aziendali (la produzione, la progettazione). Lì si sono presentate le navi fatte, ma poi si trattava di fare la nave con il cliente. Doveva intervenire l’Uama, ma poi è non è andata perché è stato bloccato. Ed è esploso” il caso sui giornali.

Si ricorda infatti che avviene presso l’Unità per le Autorizzazioni dei Materiali d’Armamento (UAMA) del MAECI il percorso autorizzativo e presso il Segretariato Generale della Difesa – Direzione Nazionale degli Armamenti (SGD-DNA) il supporto tecnico-amministrativo a eventuali campagne di vendita.

E IL MEMORANDUM?

Dunque secondo l’ad di Fincantieri a parte una presentazione in Colombia dei prodotti dell’azienda, la trattativa si è interrotta senza ulteriori step.

E quindi il memorandum di cui scrivono i giornali esiste oppure no?

“Quando ho saputo dalla Verità che era stato firmato un MoU – non è previsto si possa firmare -io ho mandato subito al dottor Giordo e all’Ingegner Furfaro dicendo: se avessero firmato un MoU a mia insaputa dovevano trarre le conseguenze”, ha sentenziato Bono.

“Mi è stato spiegato che non è era altro che la minuta della riunione e in effetti quando l’ho avuta era la minuta della riunione”, ha aggiountol’ad di Fincantieri in commissione Difesa. Un resoconto dell’incontro spacciato quindi per un Memorandum of Understanding.

“Mi ha colpito che invece di chiamarla minuta della riunione l’hanno chiamata MoU”, ha ammesso lo stesso Bono.

“Poi ho visto le firme, ho visto che per i colombiani c’erano le firme di due capitani di fregata ho detto vabbè che siamo… ma almeno, dico, il capo della Marina. Allora ho bloccato subito tutto: basta non si va più avanti”, ha raccontato Bono.

Dunque la trattativa si è bloccata nel momento in cui della vendita si sono occupati i giornali?

SOSPENSIONE DI GIORDO

Nel frattempo, il caso ha scosso la politica. A marzo Lega, Forza Italia, Leu, Italia Viva e Fratelli d’Italia hanno presentato interrogazioni al governo per chiarire i contorni della vicenda.

E in attesa dei risultati degli audit interni alle due aziende coinvolte, in Fincantieri una testa è caduta.

A fine marzo Bono ha sollevato il manager da ogni incarico operativo. Pare che egli stesso abbia assunto temporaneamente la responsabilità della Divisione Navi Militari del gruppo.

“Io avevo chiesto un’autosospensione che non è avvenuta e a tutela dell’azienda e del soggetto, seguendo tutte le prassi aziendali (parlando con il presidente che ha le deleghe di controllo interno, con il comitato e con il cda) siamo nell’ambito dei comportamenti e del codice etico.. e la valutazione è questa qua”, ha spiegato l’ad di Fincantieri.

Infine, la vicenda si colora di un tempismo amaro del giro di nomine per i vertici delle partecipate di Stato.

Tra poco il governo dovrà procedere al rinnovo del vertice di Fincantieri e tra i possibili candidati per l’incarico di amministratore delegato figurava proprio il nome di Giordo.

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