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Bono Fincantieri

Scazzi continui su Fincantieri fra Bono-Bisignani-D’Alema e Draghi-Giavazzi

  Che cosa succede in Fincantieri, e che cosa si dice nel governo, sulla conferma o meno di Giuseppe Bono al vertice della società controllata dal gruppo Cassa depositi e prestiti   Trambusti politici e istituzionali su Fincantieri, il colosso della cantieristica che da tempo sta puntando anche sul settore militare. Trambusti per certi versi…

 

Trambusti politici e istituzionali su Fincantieri, il colosso della cantieristica che da tempo sta puntando anche sul settore militare.

Trambusti per certi versi fisiologici vista la rilevanza della società che è controllata con il 71% da Cdp Industria (gruppo Cassa depositi e prestiti del ministero dell’Economia)

I trambusti stanno diventando patologici visto il peso dello storico numero uno di Fincantieri, Giuseppe Bono (dal 2002 alla testa del colosso statale), che sta per scadere e presto il governo deciderà se confermarlo ancora alla guida del gruppo, se spostarlo alla presidenza con ampie deleghe (opzione che sarebbe gradita a Bono nel caso non fosse confermato come amministratore delegato) oppure se silurarlo del tutto.

Questa terza ipotesi – che non è esclusa secondo alcune ricostruzioni giornalistiche – sta facendo sbroccare Bono.

Le sviolinate mediatiche che da sempre caratterizzano anche l’opera di Bono – giustamente apprezzata finora quasi unanimemente – devono comunque tenere conto di quel concerto sistemico statale (basato su garanzie, finanziamenti e sostegni vari nell’asse Sace-Cdp) che hanno determinato l’espansione internazionale del gruppo Fincantieri, alla stregua peraltro di quanto fanno altri Stati con i concorrenti di Fincantieri.

Ma fra i bononiani doc prevale la tesi dell’indiscutibile abilità di Bono e dunque ogni altra soluzione che non preveda la presenza di Bono, dopo 20 anni, al vertice del colosso è ritenuta una sciagura nazionale.

Ma l’aria che tira a Palazzo Chigi non rasserena affatto Bono. Nei palazzi romani, in effetti, è notoria la convinzione che il governo – e in primis l’influente consigliere economico di Draghi, Francesco Giavazzi – auspichi un rinnovamento totale al vertice di Fincantieri.

Una delle soluzioni alternative alla conferma di Bono era considerata quella del top manager Fincantieri, già in Finmeccanica, di Giuseppe Giordo. Una soluzione che poteva – secondo ambienti governativi – essere accettata anche da Bono visto che Giordo fu chiamato proprio da Bono in Fincantieri.

Ma il caso D’Alema-Colombia, divulgato dal sito Sassate.it e poi approfondito e cavalcato con ulteriori scoop dal quotidiano La Verità, di fatto ha segato l’opzione di Giordo.

Però Bono non può gioire troppo perché nelle successive puntate del caso è emerso che anche lo stesso Bono in verità era quanto meno al corrente dell’azione di D’Alema nella commessa in fieri della Colombia, come ha rivelato il quotidiano fondato e diretto da Maurizio Belpietro.

E chissà quanto tra Palazzo Chigi e ministero dell’Economia abbiano letto con piacere che Bono su codeste faccende – ossia nomine e dintorni – senta e magari si faccia consigliare (come si arguisce oggi leggendo La Verità) da Luigi Bisignani, che sul quotidiano romano Il Tempo da tempo si profonde in critiche serrate – e sovente artate – a Draghi e a Giavazzi.

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