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D'Alema

Cosa ha fatto D’Alema il colombiano per Fincantieri e Leonardo?

Qual è stato il ruolo di Massimo D’Alema nella commessa in fieri di Fincantieri e Leonardo alla Colombia?

 

Massimo D’Alema ha fatto da mediatore nella vendita di mezzi militari alla Colombia da parte di Fincantieri e Leonardo?

Da inizio settimana circolano sulla stampa resoconti secondo cui da settembre Bogotà stava trattando con Roma l’acquisto di prodotti da Fincantieri e da Leonardo. “A un certo punto in questa negoziazione sarebbe entrato, nel ruolo di intermediario, l’ex premier Massimo D’Alema”, riferiva ieri Huffington Post Italia rilanciando indiscrezioni del quotidiano La Verità.

Il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro parla infatti di una trattativa per la vendita di alcune armi al mistero della Difesa della Colombia che vedrebbe coinvolto l’ex premier Massimo D’Alema come intermediario per conto delle due aziende (partecipate statali).

La notizia “nelle ultime ore è rimbalzata pubblicamente: prima su un sitoSassate, che si occupa di Difesa. E poi sul quotidiano La Verità, che ha pubblicato in esclusiva anche l’audio dell’incontro tra D’Alema e gli emissari del governo colombiano. La trattativa era cominciata circa sei mesi fa e ha avuto un’accelerazione tra gennaio e febbraio”, riportava ieri Repubblica.

“Temo che tutto questo clamore avrà l’unico effetto di far perdere alle imprese italiane una commessa da 5 miliardi”, ha dichiarato oggi D’Alema a Repubblica.

Ma oltre all’impegno di facilitazione svolto lo scorso anno dall’ex premier D’Alema per tentare di realizzare la compravendita, tanti passaggi risultano intricati e da capire. Come la provvigione evocata – secondo le ricostruzioni giornalistiche – da 80 milioni nell’affare e il ruolo di due mediatori.

Nella “commessa da 4 miliardi (per due sottomarini, quattro corvette, ventiquattro aerei M346) da cui gli 80 milioni di provvigione che si sarebbero divisi tra la cordata dalemiana, i soci dello studio Robert Allen Law, e i «colombiani». Tra essi, anche due improbabili mediatori, i cineasti italiani Francesco Amato ed Emanuele Caruso, residenti in Sudamerica, che per l’ex premier erano consiglieri del ministero degli Esteri della Colombia”, riporta oggi La Stampa.

Ecco cosa dicono l’ex premier D’Alema, il mediatore Caruso e il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè (Forza Italia).

LA VERSIONE DI D’ALEMA A REPUBBLICA

“Dalle armi vendute alla Colombia non avrei preso un euro. A Bogotà erano interessati a prodotti italiani e ho avvisato di questo Leonardo e Fincantieri, ma anche il vice ministro alla Difesa Mulè”, spiega oggi D’Alema in un’intervista a Repubblica.

A Repubblica, l’ex presidente del Consiglio ha precisato che da quando ha lasciato il ruolo politico (nel 2013, ndr) svolge “un’attività di consulenza regolare: ho una mia società e inoltre lavoro con Ernst&Young, di cui sono presidente dell’advisory board. Il mio lavoro è quello di consulenza strategica, relazioni, ma non sono uno che va a fare mediazione di vendita”.

D’ALEMA: “NON ACCETTO INCARICHI DA SOCIETÀ PUBBLICHE”

“Per policy aziendale della mia società non accetto incarichi da società pubbliche. Ma solo da private. Non sarebbe vietato, intendiamoci. Ma ritengo sia più giusto così”, sottolinea D’Alema.

E allora perché emerge il suo nome nella trattativa di Fincantieri e Leonardo? “Io non ho alcun rapporto di lavoro né con Fincantieri né con Leonardo e non trattavo per conto di nessuno”, ha assicurato a Repubblica D’Alema.

IL CASO COLOMBIANO

Al quotidiano D’Alema spiega dunque come negli ultimi mesi sia entrato in contatto con personalità politiche colombiane, con incarichi istituzionali, interessati ai prodotti italiani per ammodernare le forze armate del Paese.

D’ALEMA HA INFORMATO IL DIRETTORE COMMERCIALE DI LEONARDO

“Io ho informato subito Leonardo e Fincantieri, che sono importanti clienti di Ernst&Young. Ho parlato con il direttore commerciale di Leonardo”, dice D’Alema: “E ho detto a questi signori colombiani che era necessario trovare una società seria per iniziare la discussione. Loro hanno scelto questo studio legale americano, un business law molto attivo in America Latina. Ci sono due aspetti che vanno chiariti dunque. Il primo è che le società italiane si sono comportate con grande prudenza e correttezza, non hanno dato soldi o incarichi a nessuno. Il secondo aspetto è che i contatti che sono stati avviati hanno avuto un carattere ufficiale, la lettera di invito alle società italiane in Colombia reca l’intestazione della Cancelleria, cioè del ministero degli Esteri e non di qualche gruppo di cittadini privati”, puntualizza l’ex premier a Repubblica.

FINCANTIERI HA STIPULATO UN MOU?

Dopodiché D’Alema assicura a Repubblica di non aver una consulenza con lo studio legale americano.

“Le due aziende italiane ricevono la lettera ufficiale come dicevo. C’è stata una visita, alla quale non ho partecipato, perché appunto non avevo alcun ruolo. So che ci sono stati una serie di incontri di natura istituzionale: in particolare è stata presentata la proposta sul piano tecnico alle forze armate. E si sono conseguiti risultati: per Fincantieri, si è arrivati anche a un memorandum of understanting”, rivela D’Alema.

“Le trattative portano a un memorandum of understanding tra due militari colombiani e Fincantieri, firmato a Bogotà a fine gennaio dal direttore generale Navi Militari Giuseppe Giordo e il direttore commerciale Achille Furfaro. Per Leonardo si svolge a Bogotà una riunione con Carlo Bassani”, scriveva ieri il Fatto Quotidiano.

Ma del memorandum siglato da Fincantieri con la Colombia ad oggi l’azienda non ha mai fatto menzione, anzi a La Verità il gruppo di Giuseppe Bono ha smentito la stipula di un accordo con la Colombia.

L’INTERMEDIAZIONE DI CARUSO& CO

“È un fatto, comunque, che grazie agli intermediari di D’Alema il 27 gennaio scorso una delegazione di Fincantieri ha presentato i prodotti al ministero colombiano della Difesa, così come il rappresentante di Leonardo in Sudamerica. E un mese prima, Dario Marfé, importante manager della divisione aerei, girava a D’Alema le brochure dei loro prodotti”, scrive oggi La Stampa.

LA VERSIONE DI CARUSO

Come racconta oggi La Verità, “Caruso e il socio Amato il 14 ottobre 2021 avevano scritto a Leonardo per informare l’azienda della loro esistenza e delle loro potenzialità”. Stessa mossa anche nei confronti di Fincantieri. Ma i due non ricevono riscontro. Fino a quando Leonardo non li invita nel loro padiglione all’ExpoDefensa di Bogotà dello scorso novembre “solo dopo il primo incontro con l’ex premier”,  spiega Caruso a La Verità.

Secondo Caruso “Giancarlo Mazzotta, un politico di Forza Italia, che il mio socio già conosceva, gli ha spiegato che ci conveniva incontrare D’Alema per i nostri progetti e ci ha portato da lui. Era inizio ottobre 2021. […]. E quindi abbiamo iniziato a parlare di armi. A questo punto lui [D’Alema ndr] ci ha detto di avere relazioni importanti in seno alle partecipate italiane leader di quel mercato”.

D’Alema “ha parlato di amicizia personale con il dottor Alessandro Profumo e con il dottor Giuseppe Giordo” aggiunge Caruso.

Ma Caruso sottolinea che non ha avuto interlocuzioni dentro a Leonardo. “Abbiamo parlato solo una volta in videoconferenza con Dario Marfé. Però i rapporti con le partecipate li tenevano il presidente e i suoi uomini”.

Ecco quindi che Caruso confuta la versione di D’Alema circa il proprio ruolo nella vicenda.

GLI ACCORDI SULLA PROVVIGIONE SECONDO D’ALEMA

“Uno dei colombiani che ha chiesto di parlarmi, mi considerava il garante dell’operazione. Lamentava che non erano stati pagati. Ho spiegato che l’unica maniera per avere un riconoscimento per il loro lavoro era partecipare a un “success fee”. Ove mai l’affare fosse andato in porto” spiega D’Alema a Repubblica circa la provvigione da 80 milioni da dividere tra la cordata dalemiana, i soci dello studio Robert Allen Law, e i «ì”colombiani”.

MULÈ INFORMATO

Ma passiamo ora alla posizione del sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (Giorgio Mulé.

Secondo D’Alema, inizialmente “non c’erano stati contatti a livello governativo. Per questo ho fatto due cose: ho parlato con l’ambasciatrice della Colombia, Non ne sapeva nulla. Ne sono rimasto sorpreso. E ho provveduto a informare il vice ministro alla Difesa, Giorgio Mulè, dell’attività in corso”.

Il sottosegretario alla Difesa “Non ha parlato direttamente con me. Mi è stato riferito che avrebbe detto di andare avanti” riferisce D’Alema a Repubblica.

LA VERSIONE DI MULÈ SULLA TRATTATIVA

Affermazione smentita dalla ricostruzione dello stesso sottosegretario alla Difesa in quota Forza Italia Giorgio Mulè oggi alla Verità.

“Dell’interesse di Leonardo verso la Colombia per una campagna mirata alla vendita di velivoli M-34 […] vengo a conoscenza nel mese di dicembre dalla direzione che cura i rapporti internazionali di Leonardo” spiega innanzitutto a La Verità Mulè. Ma la stessa richiesta non è giunta anche da Fincantieri. “So che da tempo sono in corso colloqui e confronti con le autorità colombiane in materia navale, ma non sono mai stato sollecitato a intervenire” specifica Mulè.

AUSPICABILE MUOVERSI NELL’AMBITO DEL G2G

Inoltre, come evidenzia il sottosegretario alla Difesa, l’intervento del governo in queste vicende “non solo è normale ma è auspicabile”. Esistono infatti gli accordi G2G, “cioè direttamente tra governi”. Questi “consentono di avere il massimo della trasparenza nei rapporti tra istituzioni e imprese all’interno di un quadro giuridico ben preciso”. Non solo. Non è prevista alcuna intermediazione.

Dunque procedere con gli accordi G2G significa “un risparmio anche nell’ordine di decine e decine di milioni di euro di commissioni che non vengono pagate per il buon esito di questi contratti”.

Ovvero niente “success fee” nominata da D’Alema.

COME SI È MOSSA LEONARDO

Come sintetizza La Verità, sembra quindi che “ci sia stato un doppio binario nella trattativa con la Colombia, cioè da una parte il governo attivato da Leonardo e dall’altra la mediazione condotta da D’Alema e altri soggetti sempre per conto di Leonardo”.

“È stata Leonardo istituzionalmente ad attivare il ministero della Difesa e dunque il governo per avere un’assistenza e supporto istituzionale” puntualizza il sottosegretario Mulè. Ma “a metà febbraio l’ambasciatrice della Colombia mi informa della visita ricevuta da D’Alema nella veste di rappresentante di Leonardo”. Ed ecco che “scatta un cortocircuito che mi fa immediatamente fermare per chiedere informazioni” spiega Mulè.

Tanto che nel “pomeriggio del 17 febbraio ho avuto modo di riferire questa vicenda al direttore generale di Leonardo, l’ingegner Valerio Cioffi”. Il quale “disse di non saperne nulla e che, ovviamente, avrebbe comunque fatto i suoi accertamenti all’interno dell’azienda dandomi successivamente un riscontro. Riscontro ancora non avuto sottolinea il Sottosegretario alla Difesa.

Pertanto, “diventa davvero necessario, direi anzi ineludibile, che il più approfondito dei chiarimenti arrivi da parte di Leonardo” conclude Mulè.

RILANCIA FORZA ITALIA IN SENATO

Dopo le due interrogazioni parlamentari annunciate da Italia Viva e Fratelli d’Italia, il partito del sottosegretario alla Difesa Mulè rilancia su Leonardo.

“Chiederò l’immediata convocazione del Presidente di Leonardo nella Commissione Difesa del Senato” afferma il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri. “È un atto urgente che la Presidente deve avere con immediatezza per quale capire sia il ruolo di D’Alema nell’ambito di Leonardo. Il Presidente di Leonardo deve riferire immediatamente perché in una fase così delicata, anche per quanto riguarda le industrie militari, non ci possono essere essere ombre su ruoli e competenze. Se ci sono consulenti e consulenze e compensi lo si deve capire con chiarezza. Il Presidente di Leonardo deve recarsi nelle prossime ore nella Commissione Difesa del Senato. Se non lo farà mi rivolgerò alla Procura della Repubblica. Ma penso che in prima sede sia il Parlamento a dover capire i rapporti che ruotano intorno a questa vicenda” ha concluso il senatore FI.

CONCLUSIONI

Dopo le versioni dell’ex premier D’Alema e del sottosegretario Mulè sulla vicenda, non resta che capire i passaggi avvenuti nelle due aziende coinvolte.

Che fine ha fatto per esempio il Mou firmato da Fincantieri citato da D’Alema? “Da Fincantieri ci hanno fatto sapere di non aver dato nessun incarico di brokeraggio, né firmato alcun accordo con la Colombia. Stesso discorso da Leonardo”, ha scritto ieri La Verità.

E i politici vogliono vederci chiaro. Fratelli d’Italia, la Lega e Italia Viva hanno annunciato interrogazioni parlamentari al governo sulla vicenda che vede coinvolte due società quotate e partecipate dalla Stato.

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