Questa settimana in Parlamento dovrebbe finalmente arrivare la Legge di Bilancio 2021. È già in ritardo rispetto ai tempi prefissati (nel caso in cui non fosse approvata entro il 31 dicembre si rischia di incorrere nell’esercizio provvisorio e il pericolo, tra onorevoli a casa per Covid e Camere in possibile lockdown è tutt’altro che remoto) e quasi certamente conterrà la previsione di un nuovo sforamento di spesa, il terzo dell’anno. Era del resto inevitabile dato che il colpo di coda della pandemia ha imposto altri aiuti di Stato alle aziende e già ne sarebbe in programma un terzo, il “salva imprese”, di cui però si conosce solo il nome. Nell’attesa di saperne di più, possiamo provare a capire se i due decreti Ristori varati in fretta e furia di pari passo con gli ultimi due Dpcm stanno davvero aiutando chi è stato costretto a chiudere.
CODICI ATECO E DECRETO RISTORO. TUTTI I DETTAGLI
PER CHI SUONA LA CAMPANA DEI RISTORI
Rispetto al primo decreto, con l’ultimo testo messo a punto dal ministro all’Economia, Roberto Gualtieri, sono state aggiunte una ventina di attività, dagli autobus turistici alle scuole di danza, passando per musei, negozi di bomboniere ai produttori di fuochi d’artificio, fino agli zoo e le guide alpine: riceveranno un indennizzo tra il 100% e il 200% di quanto già avuto in estate (tranne le discoteche che avranno diritto al 400% dato che non hanno più riaperto), fino a un limite massimo di 150mila euro. Per le zone rosse sono state incluse altre 57 categorie costrette ad abbassare la serranda: dai vestiti, ai mobili, alle mercerie fino alle armi, ai tatuatori, i sexy shop, gli ambulanti e le agenzie d’incontri. Prevista infine una terza tipologia di ristori che scatterà solo dal 2021 e riguarderà le attività nei centri commerciali e le produzioni industriali del comparto alimentare e bevande.
CHI MUGUGNA
Come già sottolineato da Start, il recente decreto Ristori bis, appena bollinato dalla Ragioneria di Stato che stanzia circa 1 miliardo per i contributi a fondo perduto ai nuovi codici Ateco aggiunti alla lista del Ristori 1, tralascia però alcune categorie. Come quelle della filiera dei matrimoni e degli eventi, fatto denunciato dalla Federmep, associazione che raccoglie imprese e liberi professionisti del comparto wedding & event.
ECCO I CODICI ATECO RISTORATI. L’APPROFONDIMENTO DI START MAGAZINE
“ESCORT Sì, NOI ESCLUSI”
“Persino le agenzie di escort riceveranno il contributo previsto dal decreto ristori bis. Non solo i sexy shop, quindi, ma anche le agenzie di accompagnatrici, equiparate, ai fini fiscali, alle agenzie matrimoniali. E invece molte categorie in ginocchio a causa delle restrizioni, alcune delle quali inserite nella filiera dei matrimoni e degli eventi, continuano ad essere escluse”, ha fatto polemicamente notare Serena Ranieri, presidente di Federmep. Secondo Ranieri “è la prova provata che i codici Ateco sono una giungla in cui è difficile districarsi e non possono essere il criterio adottato per i ristori. Non si tratta di innescare una guerra tra poveri, ma cercare di adottare parametri di equità e omogeneità”.
PERCHE’ I CRITERI SCELTI NON VANNO BENE
“Altre assurdità riguardano i criteri temporali e geografici”, evidenzia la presidente di Federmep. “Non ha senso tenere come mese di riferimento il mese di aprile, quando nei mesi estivi alcune attività hanno lavorato e altre sono rimaste invece ferme al palo, con perdite di fatturato, penso al nostro settore, che superano l’80% e in taluni casi il 90%. Infine non ha ragion d’essere neanche la distinzione tra zone, a meno che non si voglia credere che un’attività oggi in zona gialla lavori normalmente”.
NIENTE FIORI (E NEMMENO OPERE DI BENE)
Pure i fioristi, categoria legata a doppio filo al mondo degli eventi, denunciano di essere stati dimenticati. Perché se è vero che possono restare aperti ovunque, indipendentemente dalla gravità sanitaria ed epidemiologica della zona, è anche vero che senza festival, cerimonie religiose, feste, eventi difficilmente riusciranno a fare cassa.
CODICI ATECO E DECRETO RISTORO. TUTTI I DETTAGLI
LA RABBIA DEI TRIBUTARISTI
Forte rammarico è stato espresso anche da parte dei tributaristi dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT) per le dimenticanze e carenze del decreto Ristori. Così il presidente dell’INT Riccardo Alemanno: ”Si sperava che rispetto alle bozze circolate in questi giorni, il testo definitivo e gli allegati fossero corretti ed i codici Ateco implementati, invece ancora una volta dimenticanze (macroscopiche come il commercio al dettaglio di calzature) e valutazioni che non tengono conto delle attività i cui ricavi si ridurranno o peggio, pur non essendo comprese tra quelle costrette alla chiusura ma strettamente collegate come gli agenti di commercio o le filiere produttive collegate. Ovviamente nulla per il lavoro professionale. Eppure lo avevamo detto chiaramente già il 26 ottobre. Nelle zone a maggior rischio” sottoline Alemanno, si subirà “un’inevitabile perdita economica, in queste aree pertanto i rinvii delle imposte e dei contributi nonché i crediti d’imposta sugli affitti dovevano essere generalizzati e sui contributi a fondo perduto doveva esserci una maggiore attenzione. Ripeto, bisogna rimediare immediatamente.”
COSA CHIEDE CONFCOMMERCIO
“Oggi più che mai è fondamentale che vengano messi in campo indennizzi adeguati con procedure semplici e immediate. E moratorie fiscali e creditizie ampie ed inclusive. Ma servono ristori a fondo perduto con dotazioni e rimborsi rafforzati. Insomma, riaprire e ripartire, deve essere l’obiettivo e l’impegno condiviso. Nessuno deve essere lasciato senza risposte e senza aiuto. Questa volta sbagliare è davvero vietato. Ne va della tenuta sociale del Paese”, ha detto Carlo Sangalli, numero 1 di Confcommercio, intervistato dal Messaggero.
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COSA DICONO BAR E RISTORANTI
Mugugnano anche i ristoratori. “Apprezziamo la velocità con cui sono arrivati i primi accrediti, ma purtroppo con l’accentuarsi della seconda ondata epidemiologica le risorse stanziate dal decreto ristori bis non sono sufficienti a supportare i pubblici esercizi costretti a interrompere nuovamente l’attività dopo l’ulteriore stretta. Questo nonostante il testo preveda un incremento di circa il 50% per le imprese delle zone con maggiori restrizioni, rispetto a quanto predisposto per il precedente decreto ristori”. Si legge in una nota di Fipe-Confcommercio.
CODICI ATECO E DECRETO RISTORO. TUTTI I DETTAGLI
I SOLDI NON BASTANO
“La catastrofe che ha colpito il nostro settore avrebbe purtroppo bisogno di cifre diverse. – argomenta la categoria – Basti pensare che le risorse stanziate ad oggi solo per i ristori per i mesi di lockdown e il mese di novembre, dal DL Rilancio e dai DL Ristori e Ristori bis messi insieme, esclusi gli interventi sugli ammortizzatori sociali, arrivano a poco più di 1,6 miliardi di euro. Una cifra importante ma che non riesce a coprire i costi sostenuti dalle aziende nel periodo in questione (affitti, utenze, tfr, servizi, ecc.) che da soli si attestano a 2,4 miliardi.”
DA DOVE ARRIVANO QUEI SOLDI?
Insomma, il gruzzoletto messo assieme frettolosamente a via XX Settembre sarebbe insufficiente. E c’è chi sospetta persino che quei soldi siano un po’ i nuovi carri armati di Mussolini, cioè fatti girare da altre voci di spesa, ma di fatto inesistenti. Come si legge sulla Verità: “1,2 miliardi arrivano dal fondo per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione da 12 miliardi istituito con il decreto Rilancio, 830 milioni da risparmi della Cig Covid, 160 dai risparmi per le indennità per gli stagionali del turismo, 200 milioni da un fondo per «esigenze indifferibili» e 100 milioni dal fondo del Viminale per la gestione dei centri per l’accoglienza dei migranti.”.
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