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Autostrade, a chi conviene l’ingresso di Gavio e Dogliani?

C'è davvero bisogno di far entrare due concessionari privati come Gavio e Dogliani in Autostrade per l'Italia, controllata da Cdp? Non è bastata l'esperienza dei Benetton alla guida di Autostrade? La lettera di Francis Walsingham

Caro direttore,

ma vogliamo davvero consegnare Autostrade per l’Italia ai Gavio e ai Dogliani?

Ti faccio questa domanda perché ho letto di recente articoli sui piani – in corso, sembrerebbe, specie in qualche ufficio di partito – per coinvolgere le famiglie Gavio (con Astm) e Dogliani (con Fininc) nel capitale di Autostrade per l’Italia. Attualmente la società è controllata da Holding Reti Autostradali, che ha una quota dell’88 per cento e che fa a sua volta riferimento a Cassa depositi e prestiti (51 per cento); i fondi Blackstone Infrastructure Partners e Macquarie Asset Management possiedono ciascuno il 24,5 per cento.

Mettendo un attimo da parte il mio quesito, vorrei tornare un momento su un articolo – precisissimo, come al solito – di Giuseppe Liturri per Startmag dove si raccontava di come Report avesse rivelato una lettera di Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, agli azionisti di minoranza di Autostrade per l’Italia. In quella lettera Scannapieco esponeva ai soci la necessità di intervenire sullo statuto della società per modificare la regola che prevede la distribuzione, ogni anno, dell’interezza dei profitti in forma di dividendi. Autostrade – spiegava Scannapieco – ha bisogno di spendere per rispettare gli obiettivi sugli investimenti e la manutenzione infrastrutturale, e quindi non può più permettersi di distribuire tutta la cassa disponibile agli azionisti. I quali però, e legittimamente, hanno investito in Autostrade proprio perché attirati dai guadagni.

La richiesta di Scannapieco, come ha ricostruito Mf, “era stata immediatamente rispedita al mittente da Blackstone e Macquarie […]. Il mestiere dei fondi poi è quello di incamerare più dividendi possibile per ripagare velocemente l’investimento e generare rendimento”. Ma alla fine si è giunti a un accordo, positivo per tutti i soci di Aspi: nessuna modifica allo statuto di Autostrade per l’Italia, ma possibilità di rivedere annualmente la politica dei dividendi in modo da non distribuire, eventualmente, l’interezza degli utili.

Scannapieco non ha riportato una vittoria su tutta la linea, dunque. Ma l’offensiva dell’ad di Cassa depositi e prestiti sembra essere stata pensata fin dall’origine come propedeutica a un accordo, cioè la somma poi distribuita agli azionisti nel 2023 (il 75 per cento, anziché il 100). Per il 2024, si vedrà: ma intanto Autostrade si è garantita le risorse necessarie agli investimenti e alla manutenzione, e i fondi non sono stati scontentati troppo.

In questi mesi, sulla scia dei numerosi pezzi giornalistici sul tema, il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini ha rilasciato diverse dichiarazioni favorevoli a un ulteriore ingresso dei privati nel capitale di Autostrade per l’Italia. Lo scorso ottobre Bloomberg aveva rivelato i piani di Fininc, fondata da Matterino Dogliani, per acquisire una quota di controllo in Autostrade: un’offerta da 8 miliardi di euro che, incluso il debito, diventerebbe un accordo da 20 miliardi. L’agenzia di stampa sottolineava che il piano aveva la benedizione di Salvini, all’insaputa della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Bloomberg concludeva così l’articolo: “in una potenziale transazione con Fininc, Cdp potrebbe mantenere una quota di minoranza in Autostrade per garantire al governo la supervisione futura della società”.

Ricostruito il contesto – il tema è complicato -, riformulo la mia domanda iniziale. Considerato l’equilibrio trovato tra gli attuali soci, pubblici e privati; considerato che Cassa depositi e prestiti controlla suppergiù il 50 per cento di Autostrade; e considerata la presenza di fondi stranieri che non hanno conflitti di interesse (non detengono concessioni autostradali, mi chiedo: che necessità c’è di diluire ulteriormente la quota di Cassa (e dunque il controllo pubblico) su Autostrade facendo entrare nuovi soggetti privati? Solo per soddisfare ambizioni e relazioni di ambienti della Lega del Veneto e del Piemonte?

Lascio a te, caro direttore, e a voi lettori le conclusioni.

Ma prima, ai lettori, consiglio di leggere o rileggere questo articolo per comprendere quanto sono bravissimi alcuni gestori autostradali… E quest’altro per avere una idea di alcuni, veri, fini di altri gestori che puntano ad Aspi…

Un caro saluto,

Francis Walsingham

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